Farebbero meglio a dire che sono contrari per principio al provvedimento di clemenza, piuttosto che speculare sulla casistica, agitando mostri e spargendo a piene mani veleno e cattiva informazione.Stamane sulla stampa è di turno il mostro, l’efferato delitto, il parricida, la matricida, lo stragista e chi più ne ha più ne metta. E in questo bell’affresco di criminali ,come poteva mancare Erika De Nardo?La quale sconta una condanna a 16 anni, oltre al carcere dovrebbe , secondo la sentenza, essere sottoposta a intervento terapeutico adeguato al suo disturbo di personalità.Tutto quello che potrebbe ottenere da quest’indulto , essendo minorenne all’epoca dei fatti, è l’accesso ai benefici di legge, permessi o misure alternative (comunità) tra poco più di un anno. Ma sempre detenuta resterebbe. La rassegna prosegue con Pietro Maso,condannato a 30 anni per aver ucciso entrambi i genitori ,lui invece usufruisce già dei benefici di legge,con l’indulto la sua uscita dal carcere anziché nel 2021 potrebbe avvenire nel 2018 .E ancora Vito Corso, l’autore della strage di Rozzano: per ammazzare due pregiudicati, sparò tra la folla uccidendo una bambina e un anziano. Sconta 20 anni di carcere. Ora potrebbero diventare 17, calcolando quelli già scontati potrebbe chiedere permessi premio tra 7 o 8 anni.Di quale libertà stiamo parlando?Due sono le cose :o l’ansia giustizialista porta qualcuno a ritenere le misure alternative e il regime di semilibertà troppo tenere e lassiste, o sui giornali stamane si raccontano le balle, dimenticando che nessun reinserimento o rieducazione si potrebbe ottenere senza quei benefici di legge, poichè una cosa è certa,ed è che in carcere non è garantito il recupero o la terapia psichiatrica,ove necessaria, previsti dal nostro ordinamento.Piuttosto che tranquillizzarsi all’idea dell’assoluta detenzione di EriKa,la Società avrebbe molto da preoccuparsi per la sua mancata rieducazione E’ un amarissimo calice questo indulto ma è impossibile lavarsi le mani di questo doppio stato di necessità.
Intervenire per decongestionare l´insostenibile situazione carceraria (creando nel contempo i presupporti per una riforma organica del sistema penale) è perciò cosa buona e giusta, responsabile e seria. Ma se qualcuno profitta dello stato di necessità per infilarci la soluzione di casi particolari, ecco che i problemi si complicano. Nella pretesa di estendere l´indulto ai reati finanziari e di corruzione (altrimenti di indulto manco a parlarne!) si può vedere il tentativo di strumentalizzare la sofferenza di migliaia di detenuti per ottenere benefici anche per altri soggetti, quei “colletti bianchi” che già beneficiano del fatto che il nostro sistema penale si caratterizza ormai per la compresenza di due distinti codici: uno per i cittadini “comuni” e l´altro per i “galantuomini” (cioè le persone giudicate, in base al censo, comunque per bene…); “galantuomini” che a volte pretendono addirittura di essere liberati da ogni regola mediante condoni o leggi “ad personam”. Ora, appoggiarsi ad un problema di carattere generale (la situazione delle carceri) per farne la sponda utile a risolvere un problema di pochi (si calcola che siano un´ottantina i “colletti bianchi” in espiazione di pena, oltretutto quasi sempre “extra moenia”, cioè fuori del carcere), non è come legiferare brutalmente “ad personam”, ma è espressione di una logica che appare contigua, apparentata a quella che nella passata legislatura ha prodotto proprio un susseguirsi tale di leggi “ad personam” da mettere a rischio lo stesso equilibrio istituzionale.Ed ecco il dilemma: il riaffiorare, sia pure per vie indirette, di logiche siffatte è un prezzo accettabile, perché senza subirlo sarebbe impossibile risolvere il grave stato di necessità di cui si è detto? Oppure si tratta di uno strappo troppo profondo per consentire un bilanciamento, alla fin fine tollerabile, di esigenze tutt´affatto diverse? Chi pensa nel primo modo, potrebbe parlare di (mezzo) miracolo. Chi preferisce il secondo parlerà di (mezzo) inciucio. Spetta alla coscienza di ciascuno scegliere. Come nel caso dell´articolo 416-ter del Codice Penale (scambio elettorale politico-mafioso) emerso da ultimo nel dibattito parlamentare.
Giancarlo Caselli L’Unità del 27.07.06