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Tag: La fabbrica del cinema

Beautiful freak

Beautiful freak


 

 

Il curriculum da autentico bastardo c’è tutto, a partire  dall’eloquio  – quello di Mickey Rourke che poi premeditatamente è anche quello di Randy  “The Ram” Robinson,  i fuck fuckin, bitch, shit si sprecano,  senza contare l’abuso dell’ epiteto frocio in ogni sua sfumatura, roba da far sembrare il classico faggot espressione da signorinelle pallide. Poi c’è il resto della dotazione :  violenze, eccessi, tre arresti, alcol, droghe, fumo legale – Camel senza filtro, per la precisione – qualche film sbagliato,  dieci anni buoni di psicoanalisi.

Guai però a bollare i suoi fallimenti come caduta agli inferi o infiorettare di definizioni le interviste il ritorno di….o il rifritto solo chi cade può risorgere. S’incazza come una belva e risponde per le rime, preferendo il più tecnico autodistruzione a qualunque altro suggestivo giochicchiare con le parole.

E del resto non gli si può dar torto, come dice lui, si ritorna dal bagno o dal bar con un panino in  mano, non da un’esperienza devastante oppure a proposito di looser – un termine ricorrente nel film ma anche quando si allude alla sua personale vicenda  – tiene a precisare che da boxeur non è mai andato al tappeto ( sei vittorie e due pareggi) e che pertanto non gradisce che nessuno dei suoi trascorsi sia sintetizzato in una parola sola o con una formuletta idiota.

Ma…troppo “figlio di puttana” per essere vero. Con troppo carattere ed un’ emotività così scoperta da non consentirgli di passare attraverso il tritatutto indenne. Mickey Rourke è quel che si vede : un’anima scorticata.

 Era il migliore, il più desiderato, il più bello tra gli attori della sua generazione. Da vero irlandese si rifiutò di pronunciare una battuta scema contro l’esercito repubblicano , Hollywood lo estromise. Certo non fu per questo che riempì di botte sua moglie, ma tanto per dire che certi guai non hanno quasi mai una sola origine.

Ma poi dove sta scritto che un autentico sex symbol debba attraversare gli anni e le vicissitudini senza una cicatrice,  un segno del tempo con l’aria pulitina di un Cary Grant. Invecchiato bene – si dice – Ecco appunto.

Rourke invece è sfatto, maciullato e ricucito – ma sguardo incredibilmente magnetico, sotto le palpebre gonfie –  e come appare oggi, rappresenta perfettamente la sua storia che in parte è anche quella del film : The Wrestler, Leone d’oro a Venezia, ad illuminare il Lido, un po’ mesto nella scorsa stagione.  

Randy “The Ram” Robinson, un ex  campione  di wrestler, idolo delle folle costretto da un infarto all’inattività, in cerca di un riscatto che può ottenere nell’unico modo che sa : tornare a combattere.

Dietro il suo letto c’è la bandiera a stelle e strisce, nel suo cuore l’heavy metal del Guns and Roses – Bet’chr ass man, Guns N’ Roses! Rules –  e degli Ac/Dc, il decennio  di Reagan e della potenza americana –  Then that Cobain pussy had to come around & ruin it all – cui Clinton e quel frocetto di Cobain misero fine. The fuckin’ 90th. In una parola

Si esibirà  contro il campione iraniano, l’Ayatollah. Bandiera nemica – tutto un programma –  sventola sul quadrato contro il grido che sale dalla platea: Usa, Usa, Usa.

 

 

I just want to say to you all tonight I’m very grateful to be here. A lot of people told me that I’d never wrestle again and that’s all I do. You know, if you live hard and play hard and you burn the candle at both ends, you pay the price for it. You know in this life you can loose everything you love, everything that loves you. Now I don’t hear as good as I used to and I forget stuff and I aint as pretty as I used to be but god damn it I’m still standing here and I’m The Ram. As times goes by, as times goes by, they say “he’s washed up”, “he’s finished” , “he’s a loser”, “he’s all through”. You know what? The only one that’s going to tell me when I’m through doing my thing is you people here.

Darren Aronofsky gli ha cucito il ruolo addosso, il suo sguardo di regista eccentrico col vezzo di cambiare ogni volta genere, è amorevole, pietoso nel seguire il tentativo di risalire la china di Randy “The Ram”. La fine, l’unica possibile,  è arcinota.

The Wrestler è un film di Darren Aronofsky. Con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry Drammatico, durata 109 min. – USA 2008. – Lucky Red

 

 

 

 

 

Quei loro ( improbabili ) incontri

Quei loro ( improbabili ) incontri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Più generosi con Ex con  Italians e in qualche caso addirittura con Questo piccolo grande amore, i critici hanno maltrattato, quando non  snobbato, questa rentrée di Giuseppe Piccioni dopo dieci anni  di assenza – ma solo dagli schermi, non certo dal dibattito sul cinema –  Il pretesto un po’ abusato, è la ripetizione ossessiva dei temi cari al regista, peraltro bravissimo a raccontare con particolare sensibilità ogni segreta sfumatura  di certi improbabili incontri, dal senso d’inadeguatezza, alla solitudine, allo spaesamento tipici  di  coppie che definiremmo  sbrigativamente malassortite – suore e tintori, cassiere dei  negozi di surgelati e autisti con la passione dei libri di fantascienza o come in questo caso, scrittori e detenute in libertà vigilata – ma che altro non sono se non l’esemplificazione  delle Affinità – altro che elettive – Impossibili. Come se in vita nostra, si parlasse, ci si dibattesse o si soffrisse per qualcosa di diverso.

Quale migliore occasione, dunque, per risolvere tutta questa cospicua materia attraverso la scorciatoia furbesca dell’amour fou ? O dell’amor vincit?  E invece niente. Nel cinema di Piccioni, va come va nella vita, tutto sfuma malinconicamente nell’Inespresso. Di qui probabilmente la delusione di molti, in questo rimanere in sospeso della storia, nel non  naturale epilogo (che poi naturale non è affatto).

Golino, Mastandrea, Bergamasco e Degli Esposti –  non lo dico più – perfetti e a loro agio (o disagio, a seconda). Colonna sonora all’altezza : tutti stracitano i Baustelle ma la vera perla è J’entends siffler le train nell’unica interpretazione  che  restituisce tutta la nostalgia e la tristezza del testo originale :  quella di Richard Anthony

J’ai pensé qu’il valait mieux
nous quitter sans un adieu
je n’aurais pas eu le coeur de te revoir
mais j’entends siffler le train
quec’est triste un train qui siffle dans le soir


 

 

Giulia non esce la sera, è un film di Giuseppe Piccioni. Con Valerio Mastandrea, Valeria Golino, Sonia Bergamasco, Domiziana Cardinali, Jacopo Domenicucci Drammatico, durata 105 min. – Italia 2008. – 01 Distribution

 

 

Tutt’altra Onda

Tutt’altra Onda



Bastano pochi giorni per trasformare una classe di annoiati e scettici studenti bavaresi in pericolosi fanatici sostenitori del peggior regime totalitario. Herr Wenger carismatico insegnante dall’impeccabile curriculum  antagonista, vuol dimostrare che il nazismo non è un fantasma sepolto nei libri o in filmati d’epoca, così avvia un esperimento didattico attraverso il quale la lezione di storia – l’Autocrazia è il tema – diviene un laboratorio di  cieco  consenso. Il modello educativo, tra divise, gesti di riconoscimento, disciplina, individuazione del nemico da perseguire e degli amici in cui riconoscersi, costruisce con poca spesa, identità e senso di appartenenza, lavorando su un crescendo di dinamiche perverse che sono poi brodo di coltura di ogni fondamentalismo.

Ma per essere davvero efficace, la narrazione non può che sfuggire di mano, prendere pieghe imprevista e sfociare in tragedia. Un film allarmante, simbolico, al cospetto del quale porsi senza difese banalizzanti o spirito di sufficienza per lo smaccato – e probabilmente non del tutto volontario –  intento pedagogico. Qualcosa  che  non si limita alla fiction ma  scivola via oltre lo schermo. Forse l’effetto più controverso e meno gradito di questo lavoro.

Crisi economica, xenofobia, iniquità sociale generano, incertezze e malesseri che non possono essere affrontati  senza strumenti improntati ai valori della Democrazia.Invece ci vengono a raccontare tutt’altra storia, attraverso una serie  di riproposizioni e  ritorni a… nazionalismi, radici, tradizioni, ordine e  disciplina, senza contare che proprio in ambito scolastico si appunta la rivalutazione di metodi selettivi ed autoritari.

(Tratto dal libro di Todd Strasser Il Segno dell’Onda in cui si raccontano gli esiti di analogo esperimento didattico condotto però nel 1967 a Palo Alto, negli Stati Uniti)



 

 

 

 

 

L’onda è un film di Dennis Gansel. Con Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich, Jacob Matschenz Titolo originale Die Welle. Drammatico, durata 101 min. – Germania 2008. – Bim

Di poche parole

Di poche parole

 

Primo, non dar retta agli americani che intorno a questo film hanno montato un caso che non finisce più, per le scene erotiche, la giovane età di lui e quella più matura di lei. Esagerati. E moralisti senz’appello.

Secondo, non dar retta alla critica di casa nostra che ha tacciato The Reader di essere un lavoro ambiguo e melenso. Di ambiguità fino ai limiti del fastidio – e comunque sarebbe un disagio che dovremmo tenerci ben stretto – non potrebbe fare a meno questo tipo di storia, mentre un tocco di melo forse attenua la generale atmosfera di dannazione & colpa. Vero è che la musica incalza, s’insinua e allude, moltiplicando l’effetto drammatico ma ciò è esattamente quel che fa una brava colonna sonora quando vuol sostenere l’impegno dello sceneggiatore. E questa obbedisce alla regola senza essere poi troppo ruffiana.

Terzo lasciarsi guidare dalla chiave di lettura nascosta tra le pieghe di in una lezione che il professor Rohl (Bruno Ganz) impartisce agli allievi :  non è l’Etica a sostenere lo spirito di una nazione, ma il Diritto che è figlio della storia. Ergo non si possono giudicare i nazisti con tribunali formati dai vincitori.

Storia, articolata su tre livelli temporali, dell’ iniziazione sessuale del giovanissimo Michael da parte di una misteriosa trentenne che durante i loro incontri, come rito maniacale e propedeutico al sesso, si fa leggere romanzi e racconti.

E della successiva casuale scoperta di una verità più volte atroce, quando otto anni dopo l’improvvisa sparizione, ritroverà la donna coinvolta in un processo per la strage di trecento prigioniere ebree. Assisterà al dibattimento  nell’ambito degli studi in giurisprudenza ai quali nel frattempo si sta dedicando e apprenderà così che Hanna è stata una SS e che il medesimo rito del farsi leggere libri, infliggeva alle sue vittime prima di spedirle nella camera a gas.

 Analfabeta, potrebbe essere scagionata dalla sua stessa condizione – il processo ruota intorno ad un ordine scritto – ma è tale la vergogna di dichiararsi incapace di leggere e scrivere che si farà condannare, mentre Michael che invece  sa, preferirà tacere. La lezione del professor Ganz non lo ha convinto.

Vent’anni di galera, le due vite tornano apparentemente a dividersi segnate ciascuna dal senso di colpa, complici silenziose ed inermi di differenti tragedie. Ma non ci sono assoluzioni ne’ condanne  ne’ redenzioni – non ce n’è del resto bisogno – solo rimangono inalterati interrogativi scabrosi. Certi drammi hanno solo bisogno di spiegazioni.

Winslet di poche parole eppure bravissima ad incarnare la follia di una generazione perduta.

The reader è un  film di Stephen Daldry. Con Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross, Lena Olin, Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Karoline Herfurth, Linda Bassett, Hannah Herzsprung, Jeanette Hain, Susanne Lothar, Kirsten Block, Volker Bruch, Matthias Habich. Genere Drammatico, colore 124 minuti. – Produzione USA, Germania 2008.

..under unusual circumstances

..under unusual circumstances


My name is Benjamin Button and I was born under unusual circumstances. While everyone else was agin’, I was gettin’ younger…

Ci sono voluti Mark Twain, Francis Scott Fitzgerald, un – ma solo all’apparenza – insospettabile  regista, uno sceneggiatore di razza e un cast incredibile – basti leggere la sfilza di nomi in calce –  oltre che un budget da capogiro, per mettere insieme queste tre ore di autentico Cinema . Come dire, la mano del cielo.

Artificioso, paradossale, struggente e prodigioso come si conviene ad ogni film Epico che si rispetti, con un’ ulteriore misteriosa qualità : la trasposizione particolarmente attenta, quasi a sfiorare la pignoleria  del Pedissequo, del testo di Scott Fitzgerald . Sceneggiatura che viene altresì dilatata in modo da prolungare la storia fino ai giorni nostri. Tanto per aggiungere carne al fuoco, inserendo un tocco di stringente attualità dentro la cornice fantastica che inquadra la narrazione.

Nasce vecchio – nell’ Età del jazz  – e muore neonato – ai tempi dell’uragano Katrina – , un rompicapo in termini esistenziali con complicanze  a non finire. Innanzi a sè la prospettiva del tutto speciale del ringiovanire mentre gli altri invecchiano. Gli acciacchi di un vecchio e l’età di un bambino. Una lunga esperienza e l’età di un ragazzo.    Stravaganze che si materializzano nel rapporto d’amore con Daisy, in un rincorrersi di età che ad un certo punto diverranno compatibili. Ma solo apparentemente.

Tredici nominations per questo trionfo dell’Assoluto Artificiale, dagli effetti speciali al trucco – Brad Pitt ritorna bellissimo dopo un paio d’ore di progressivi ringiovanimenti, Cate Blanchett in certi momenti sembra avere il viso di porcellana  - al finto seppia, al digitale, alla improbabile storia. Graphic novel, come si dice, ma delle più pittoriche mai realizzate.

 

Il film ha un sito web ricchissimo con una sequenza di trailers particolarmente significativa.Più l’ interessante ripresa di una discussione tra attori e regista.

Il curioso caso di Benjamin Button è un film di David Fincher. Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng, Taraji P. Henson, Lance E. Nichols, Elias Koteas, Faune A. Chambers, Donna DuPlantier, Jacob Tolano, Ed Metzger, David Jensen, Joeanna Sayler, Mahershalalhashbaz Ali, Fiona Hale, Jared Harris, Joel Bissonnette, Marion Zinser, Deneen Tyler, Elle Fanning, Patrick T. O’Brien, Richmond Arquette, Robert Towers, Ilia Volokh, Wilbur Fitzgerald, David Paterson, Josh Stewart, Louis Herthum, Ted Manson, Tom Everett, Paula Gray, Rampai Mohadi, Troi Bechet, Phyllis Somerville, Clay Cullen, Edith Ivey, Joshua DesRoches, Christopher Maxwell, Don Creech, Taren Cunningham, Myrton Running Wolf, Stephen Taylor, Devyn A. Tyler, Adrian Armas, Ashley Nolan, Katta Hules, Rus Blackwell, Chandler Canterbury, Charles Henry Wyson, Spencer Daniels. Genere Drammatico, colore 159 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Warner Bros Italia