I colori della liberazione

I colori della liberazione

 

Se tutto si riducesse alle cronache di una stagione pur gloriosa ed esaltante, in breve tempo di questa nostra Lotta di Liberazione rimarrebbe ben poco. Ovvero se ne continuerebbe a discutere nei termini odierni, stucchevoli e superficiali di opposti schieramenti, di componenti, di ragione e di torto, quando non  – il massimo dell’ignominia in materia d’indagine storica – di buona o cattiva fede dei contendenti.

Invece qui da noi,  oggi si festeggia principalmente  la nascita dello Stato Democratico e in particolare si rende  merito a quell’assillo antidispotico dei Costituenti – liberale, più che bolscevico – che suggerì loro di porre a presidio dei Valori di Libertà, Eguaglianza, Solidarietà, Rispetto della Persona, Principi quali la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze e  l’ indipendenza della magistratura. Altri spartiacque o coloriture di parti giuste o sbagliate, non sembra d’intravedere, se non l’adesione o meno al modello democratico emerso da quella stagione politica. Modello perfettibile, come ogni cosa  di questo mondo ma non negoziabile nella sua struttura di Valori  portanti. A meno di voler celebrare un’altra festa.

Il resto delle presunte equidistanze, equiparazioni, geometrie, pesi, misure e dosaggi dei colori della Resistenza, li lasciamo alla politica nella sua versione più deprimente dei discorsi da talk show e delle passerelle acchiappaconsensi.

( Chi nega le strutture sanitarie opponendosi all’esecutività di una sentenza dei giudici supremi, per questioni di credo religioso, non merita di essere annoverato tra i tutori delle libertà costituzionali. Ne consegue che Roberto Formigoni con la Liberazione c’entra come i cavoli a merenda, chi lo ha fischiato, ha fatto cosa buona e giusta, tanto per rimanere in tema)

Vincere !

Vincere !

Monica Vitti, esitante per esigenze di copione, in questa inquadratura – direi perfetta – ben incarna, secondo Gilles Jacob, presidente del Festival di Cannes, tutti gl’interrogativi sul futuro del cinema indipendente e d’autore che i tempi impongono. E se è perplesso lui che non ha nemmeno Bondi alle calcagna a minacciare tagli ai fondi e censure per i film non graditi e un presidente del consiglio a dominare distribuzioni e produzioni, figuriamoci noi. Che tuttavia, crepi l’astrologo,  siamo in concorso con un film di Marco Bellocchio :  Vincere.

E siccome qui, tutto il meglio è già qui, come diceva quello, tra Concorso, Semaine e Quinzaine, da Tarantino ad Almodovar passando per Brillante Mendoza, Ken Loach, Lars Von Trier, Amenábar, Resnais, Ang Lee, Jane Campion, non resta che pazientare, magari  ingannando l’attesa con il sito.

Io sono neorealista. Io pensavo stronzo

Io sono neorealista. Io pensavo stronzo

C’è qualcosa di risaputo nelle ambientazioni e forse anche nella trama di questo film che Francesca Archibugi ha tratto dall’opera prima di Umberto Contarello –  già sceneggiatore di Mazzacurati, Salvatores, Amelio, Placido, Piccioni –  Una questione di cuore. Di sicuro gli esterni pasoliniani, il Pigneto il Mandrione, Torpignattara e la Borgata Gordiani, luoghi del neorealismo trasformatisi, nel corso del tempo, in quartieri di tendenza ma anche l’asimmetria dei due mondi a confronto, quello del carrozziere e dello sceneggiatore che s’incontrano in un reparto di rianimazione, un luogo dove le questioni di cuore non nascondono complicate metafore.

Nulla di tutto questo però, prende pieghe narrative che possano definirsi scontate. C’è invece un dato di autenticità nel riferire  come i due, dagli antipodi,  affrontano la paura, il ritorno alla normalità e in definitiva il mondo, senza però sbilanciamenti da una parte o dall’altra, anzi mettendo a profitto il racconto proprio l’amicizia – ovvero la scelta di affrontare insieme il dopo-infarto – come prezioso e delicato  punto di equilibrio.

Kim Rossi Stuart, Antonio Albanese e Michaela Ramazzotti meritano di fare incetta di premi e riconoscimenti per il tocco leggero, il ritmo, la complicità di sguardi, le pause di una recitazione che, senza sbavature ed eccessi di sorta, conferisce  ai personaggi tutto quello di cui hanno bisogno : realistica ed intensa fragilità.

 

Questioni di cuore è un film di Francesca Archibugi. Con Antonio Albanese, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Francesca Inaudi, Andrea Calligari  Drammatico, durata 104 min. – Italia 2008. – 01 Distribution

(Carrozziere era Accattone, carrozziere è Angelo. Pasolini, a dispetto dei cambiamenti, aleggia ancora in quei luoghi e anche questo è risaputo)

L’Ape e la Corvette ( e altre meraviglie)

L’Ape e la Corvette ( e altre meraviglie)

L’epilogo  della contesa tra la panetteria di Davide e il fastfood di Golia ad Altamura, è noto. Alla fine, accerchiato dall’impasto fifty – fifty di  grani teneri e duri , dal lievito e dall’olio extra vergine etc etc, Mc Donald battè la ritirata lasciando gli autoctoni, soprattutto anziani, privi dell’unica multinazionale attrattiva : l’aria condizionata. Episodio non isolato nel centro meridione, dove la filosofia dello slowfood, take away, low price, affonda nella tradizione, antiche e consolidate  radici in forma di friggitorie, pizzerie, osterie e via dicendo.

Elogio del localismo gastronomico ma senza strafare – che alle volte, i cultori della cucina di mamma e di nonna risultano indigesti per totale mancanza di modus in rebus ed eccesso di nostalgici mugolii non esenti da bassi istinti di chiaro stampo conservative – con numerosi picchi di autentica allegria  per le esilaranti diatribe tra Arbore e Banfi sulle doti del lampascione o del fungo cardoncello ovvero per lo strepitoso cameo di Nichi Vendola. 

Correte dunque dietro a queste dieci copie – ma si può ? - del lavoro di  Nico Cirasola, estroso (Albania Blues , Bll’Epoker) regista di un pregiato e fantasioso apologo o docu-fiction che dir si voglia : Focaccia Blues, plot scoppiettante di improbabili quanto avvincenti dicotomie, (origine di altrettante contese) :  

E se la focaccia si mangia l’hamburger , l’Ape riuscirà a mangiarsi la Corvette? – ovviamente non di competizioni su strada si tratta – E come avverrà l’amalgama del genere fantastico col documentario? E quella del formato digitale col 35 mm ? – e qui la soluzione si fa interessante ed  esteticamente apprezzabile – E come finirà il tentativo di Onofrio da Altamura di  colonizzare con l’omonima focaccia nientedimeno che gli USA?

Tutto questo e molte altre meraviglie vedrete recandovi nelle sale in cui si proietta Focaccia Blues , non prima di aver visitato il bellissimo sito  e possibilmente prenotato al ristorante che la visione mette fame e la probabilissima scarpinata – ah com’è bella l’avventura – per trovare il cinema, non ne parliamo. A meno di essere tra quei fortunati spettatori ai quali il biglietto sarà venduto insieme ad un pezzo di focaccia sottovuoto. Da consumarsi preferibilmente nell’Intervallo.

Morale ( apocalittica) : Così come non c’è quasi più posto per i negozi singoli, ma solo per le catene e gli show room delle grandi distribuzioni globalizzate, anche nel cinema sta per essere dato il colpo di grazia alle singole sale. Oramai i centri cittadini rischiano di essere ovunque sempre più  vuoti ….Le nostre città saranno sempre più mcdonaldizzate? ( dal sito di Focaccia Blues).

Che s’ha da fà.

Focaccia Blues è un film di Nico Cirasola. Con Dante Marmone, Luca Cirasola, Tiziana Schiavarelli, Renzo Arbore, Lino Banfi  Commedia, – Italia 2009. Distribuzione Pablo.

Epilogo (probabilmente)

Epilogo (probabilmente)

Annozero

Il dito mostra  macerie e malversazioni  e il dibattito nazionale viene sistematicamente  spostato altrove, sul senso dell’opportunità, sul buon gusto o che so io . Cosa finisce nel mirino e al posto di cosa, è di facile intuizione.

Santoro non fa mistero del suo essere un Tg 4 ben fatto. Dato per scontato un regime pluralistico, quello dell’esprimere la propria opinione con chiarezza è l’unico modo per esporre il proprio pensiero, la propria visione,  al dibattito e dunque alle critiche. L’unica modalità autenticamente onesta di fare informazione. Per il resto ci sono le rassegne stampa. Chi allinea (o crede) tutte le opinioni con fare notarile, non rende merito all’esercizio del saperne di più. Ciò che fa la differenza, in questi casi, è la capacità d’interpretare quanto accade, di legare i fatti con i fatti, di vedere oltre. E quella è una qualità squisitamente faziosa. Non c’è storia.   

 

Ma Comunque la pensiate, per dirla come la direbbe lui, a Michele Santoro  andrebbe  riconosciuta una  discreta abilità di narratore. Non tanto per avere messo in luce – altri lo hanno fatto –   la nostra estrema fragilità politica, istituzionale ed organizzativa al cospetto di catastrofi più o meno annunciate, ma per aver fatto in modo che a conferma della strutturale vulnerabilità, non fossero solo gl’ interventi dei soliti arruffapopoli antagonisti, i parenti delle vittime giustamente addolorati o i comici e i disegnatori di contorno,  ma autorevoli esperti –  peraltro di governativo ingaggio – di due settori chiave : la volta scorsa il Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Enzo Boschi, ieri sera – più drammaticamente –  il Capo della Sala Italia della Protezione Civile Titti Postiglione. Non periti o ospiti di parte dunque .

 Incalzati da una serie di eventi e testimonianze in successione, grazie anche ai chiarimenti forniti dai tecnici, abbiamo dovuto concludere che per come sono messe le cose, qui da noi, di terremoto, frana, alluvione, si può solo morire. Mancano i quattrini, quando ci sono vengono male utilizzati e su tutti i progetti possibili  immaginabili di costruzione e riedificazione, se non grava o s’avanza l’ombra della malavita, di sicuro persiste un sistema di  disattenzione delle leggi e dei regolamenti.

Fin qui niente è davvero nuovo, ma connettere questi dati di fatto con il bollettino dei decessi e fissare qualche responsabilità al di là del Destino Cinico & Baro, è un’operazione doverosa che  conferirebbe valore ad un’Informazione oramai ridotta a racconti frammentari, tra piccole storie e veline governative in una sconnessione che fa assai gioco a chi vorrebbe stravolgere il senso delle cose.

Ciò detto,  tutto il marasma sollevato in questi giorni –  il rispetto, il buongusto, il senso dell’opportunità – attiene all’inutile, alla manovra diversiva, al fumo che la compagine di governo è ben lieta di spandere in prima persona o con l’ausilio dei caudatari, mentre propone agli attendati intorno al falò, il progetto del costruendo compound per giovani coppie innamorate e in via di legalizzazione, tutto un trionfo fotovoltaico di vialetti e aiuole fiorite.

Francamente in certi drammatici contesti, i discorsi sull’opportunità  assomigliano alle diatribe sul chippendale e sull’impero ( intesi come stili) di soi disants signore in vena di ammazzare il tempo. Buoni allo scopo immediato, ma sostanzialmente vacui.

Spero sia vera la notizia sull’intenzione di Santoro di dedicarsi in futuro al docufilm, un genere meno trito e abusato del talk show, format che oramai da tempo mostra le corde dell’inadeguatezza e della ripetitività.

Nell’illustrazione un omaggio al maestro Rossellini. Non a caso.