Lampo

Lampo

Una piccola notazione,per il fortunato lettore della Folie Baudelaire, libro non  semplice, ma solo perchè siamo sempre meno abituati ad esplorare i territori del pensiero complesso. Per giusto contrappasso però,la scrittura è nitida, scorrevole, naturale, anche se le citazioni sono davvero tantissime e richiedono qualche andirivieni tra  motore di ricerca, reminescenze e scaffali di casa – diciamo  quelli posizionati nelle parti alte –  Poco male. Quando si chiude il libro, la sensazione di aver aggiunto al proprio bagaglio qualcosa, è netta e vale quel piccolo impegno.

 Il cuore, in ogni senso, dell’Opera è quello che Calasso chiama   lampo analogico, lo stesso che ha ispirato la cultura europea dai suoi inizi, segnando specialmente il Rinascimento e il diciannovesimo secolo. Un metodo d’indagine sicuro, da preservare in epoca di frantumazione ( del pensiero  ma anche delle relazioni).

Lampo dunque, racchiudendo la bella  parola in sè, gli esiti di un entusiasmante tragitto tra connessioni interdisciplinari ed intuito. Analogo significato è nascosto in questi versi : 

La natura è un tempio dove colonne viventi
lasciano talvolta uscire delle confuse parole
l’ uomo vi passa attraverso foreste di simboli
che l’ osservano con sguardi famigliari.
Come lunghi echi che da lontano si confondono
in una tenebrosa e profonda unità,
vasta come la notte e come la luce,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono

Baudelaire

Il sogno di Baudelaire, l’unico che si conosca, è la vasta rappresentazione di un bordello che è anche un museo. Il labirinto dell’inconscio funziona come una sorta di Esposizione : nelle sale si susseguono, Ingres,  Delacroix, Degas, Manet, Rimbaud, Proust, Baudelaire, Constantin Guys, Berthe Morisot, Mallarmè, Flaubert, Sainte-Beuve. Opere sublimi ma anche artisti e critici minori degni di nota ovvero pura e semplice paccottiglia. (e mentre una folla si accalca intorno alle rappresentazioni, sullo sfondo si manifesta per un istante Napoleone III, che non dice mai niente, e mente sempre)

Calasso, che di questo gioco dell’ immaginario è la guida, conosce minuziosamente  tutto quello che è avvenuto, che è stato scritto e dipinto in Francia dal 1830 al 1900 e ne propone di quando in quando interessanti digressioni. Siamo tuttavia ben lontani dalla banale esposizione di un erudito. Accostamenti continui tra un poeta e un pittore ovvero tra una poesia e l’ articolo di un giornale di moda, rivelano audacia e tutt’ altro approccio. 

Centro dell’attenzione è il Baudelaire scrittore di articoli e saggi su Delacroix, Gautier, Constantin Guys, Poe. Tutta la Folie Baudelaire  risente del suo punto di vista e del suo modo di sentire , ricercando Calasso con Baudelaire, una sorta di immedesimazione, particolarmente quando osserva  i personaggi o le figure mentali del proprio tempo. Ad un certo punto sarà Paul Valéry a sostituirsi a Baudelaire, il libro cambierà passo, forse perderà qualche nota di  entusiasmo, ritrovando  però, in cambio, una sorta di logico compimento.

 Valéry si augurava che un giorno potesse esistere una Storia Unica delle cose dello Spirito, che avrebbe sostituito ogni storia della filosofia, dell’ arte, della letteratura e delle scienze. Da allora – scrive Calasso –  la storia analogica non ha fatto molti passi avanti. Rimane un desiderata sempre più urgente in un’ epoca debilitata come la nostra.

Dunque la Folie Baudelaire è il tentativo di realizzare questo desiderio adottando come principale strumento interpretativo il lampo analogico di cui si è detto . Un’operazione coraggiosa, anche questa alla maniera di Baudelaire che non scriveva trattati ma al quale era sufficiente un cenno, nascosto in una considerazione sulla pittura, la letteratura o la politica, per cogliere, nuda, abbagliante, la verità metafisica.

 

 

E ancora, prosegue, Calasso a ribadire il concetto : Diderot non aveva propriamente un pensiero, ma la capacità di far zampillare un pensiero. Da lì, se si abbandonava al suo rapinoso automatismo, Diderot poteva arrivare ovunque

La Folie Baudelaire è un libro di Roberto Calasso edito da Adelphi

 

In paradiso tu vivrai

In paradiso tu vivrai

 

 

 

Ci siamo. E’ arrivato il momento di mettere mano alla Giustizia. Da largo Chigi a piazza del Quirinale, si va per vie maestre denominate del Corso, Quattro Novembre e Nazionale, ma ci si può arrivare anche percorrendo un dedalo di stradine laterali. Lo aveva pur dichiarato all’indomani delle elezioni : e adesso nessuno mi ferma. La partenza fu l’Immunità. Quando sarà completata l’Opera – di smantellamento  dell’obbligatorietà dell’azione penale e di separazione delle carriere –  comunque Silvio Berlusconi si sarà avvicinato al traguardo un po’ di più.

Del resto ieri, ai margini della presentazione dell’ennesimo libro di Bruno Vespa, il Premier è stato cristallino, quantomeno nell’esposizione del tragitto : nessun dialogo con i (riesumati per la circostanza) Marxisti trattino Leninisti dell’Opposizione. Per cambiare la Carta Costituzionale faremo da soli, poi ci rivolgeremo al Popolo (alludendo al referendum confermativo dell’art 138). Dunque nessun contributo della minoranza sarà valutato. Forte dei sondaggi – manco dei consensi – saranno sufficienti gli esiti contabili del quesito binario: SI o NO.

L’antietica al potere esige meccanismi penali regolabili  al variare del tornaconto. L’azione penale obbligatoria – Incubo Berlusconiano, così come la separazione delle carriere ne rappresenta il  Sogno – sta per divenire discrezionale, cioè asservita al potere politico che presumibilmente stilerà l’elenco – quel reato sì e quello no – Nella prospettiva di una lunga stagione di occupazione del Potere, torna utile la possibilità di rimuovere ogni fastidioso impedimento.

Il referendum  elimina l’impaccio di ottenere la maggioranza dei due terzi del parlamento ma è anche un’incognita. Si tratterà di spiegare agli elettori come stanno le cose.  

I caudatari sono già all’opera. Prontuario alla mano – la Giustizia non funziona! E’ lenta. Farraginosa Politicizzata Vendicativa.. a Orologeria ! – ed ecco a voi la Panacea, il Paradiso in terra. Come accadde già per la Scuola e per la Sicurezza, molto sarà nelle mani di chi racconta il Paese. E di chi detiene i mezzi diffusione del Racconto.

Per la separazione delle carriere invece non serve nemmeno scomodare il Popolo, si fa tutto  da noi. Inquadrati i pubblici ministeri in una carriera separata dai giudici, ridotti a  organo requirente puro e semplice, operativi su materiale raccolto dalla  polizia, l’esecutivo avrà pieno controllo sull’amministrazione della giustizia. Il gioco è fatto.

Bene ha concluso Ezio Mauro nell’editoriale di oggi su Repubblica  : Siamo quindi davanti non a una riforma, ma a una modifica nell’equilibrio dei poteri, che va ancora una volta nella direzione di sovraordinare il potere politico supremo dell’eletto dal popolo, facendo infine prevalere la legittimità dell’investitura del moderno Sovrano alla legalità. Eppure, è il caso di ricordarlo, la funzione giurisdizionale è esercitata “in nome del popolo” perché nel nostro ordinamento è il popolo l’organo sovrano, non il capo del governo. Altrimenti, si torna allo Statuto, secondo cui “la giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo nome”.

Question time ( tra suicidio e pc)

Question time ( tra suicidio e pc)

Matteo_Salvini

Matteo Salvini, estromesso –  quale offesa ai Diritti – da Facebook,  luogo virtuale in cui ogni politico che si rispetti ha un account e tramite quello, mantiene vivo il dialogo con le masse – Second Life no, dilaga di meno,  a scanso di figuracce, bisogna conoscere, parlate e scritte,  un paio di lingue e usare con un minimo in più di perizia il pc – ha immediatamente predisposto un’interpellanza parlamentare al Ministro delle Comunicazioni per conoscere più da vicino alcuni numeri di questa realtà. Chiedo quanti italiani risultano iscritti a Facebook, se e quale tipo di controllo risulti al ministero essere effettuato e da parte di chi, dove risultino le sedi operative del social network in questione e chi ne siano i legali rappresentanti, se e quanti siano i casi segnalati di censura e di eliminazione di iscritti, gruppi o altro in rete.

Questione di vitale importanza sul fronte dell’Evoluzione Culturale del Paese. Investire gli uffici del Ministero  delle necessarie ricerche, onde poter consentire al ministro pronta ed esaustiva risposta, deve essere sembrato a Salvini più che  doveroso.

Poi però, nemmeno troppo tra le righe delle dichiarazioni rese ad Affaritaliani.it, si può leggere come Salvini stesso ipotizzi essere alla base dell’estromissione, non una violazione della netiquette, ma un eccesso di interattività.

E dove sarebbe accaduto tutto ciò? Che domande. Ma in Parlamento! La sinistra ha fatto ostruzionismo alla Camera dei Deputati, e ha parlato per cinque ore filate. Le alternative erano il suicidio o il computer. E quindi io sono stato lì, ad ammazzare il tempo, smanettando con la mail e con Facebook. Sono stato collegato un sacco di tempo, e magari avrò fatto troppe robe. Però cavolo, che almeno ti avvisassero.

Inutile ricordare a Salvini che tra suicidio e computer ci andrebbe giusto giusto lo spazio per espletare il compito istituzionalmente assegnatogli : seguire i Lavori. Compresi quelli con i dibattiti meno eccitanti. Ciò, in nome e per conto degli elettori che fiduciosamente hanno votato Lega. Che poi in materia di efficienza e fannullonismo, dimostrano essere sempre i più esigenti.

Come la giri la giri, questa storia può ben figurare nella nota dei  tristi segnali di decadimento. Ma davvero per recuperare notizie come quelle richieste da Salvini c’è bisogno del question time? Se penso alla lentezza con la quale procedono i lavori parlamentari, su ben altre faccende, mi viene voglia di suggerire a certi rappresentanti dei cittadini di migliorare il proprio umore semplicemente cambiando mestiere.

C’erano una volta i presidenti della Camera che governavano l’assemblea muniti di binocolo. Odioso strumento di controllo, si dirà, anche se non precisamente a quella bisogna era destinato. Però funzionava : meno pianisti, meno cappi, meno telefonisti, meno pacchetti del salumiere.Lo sa Matteo Salvini che nelle Aule di Tribunale sono proibiti i telefonini e che anche il tener aperto il giornale sul banco, in attesa che si celebri il processo, è considerato sconveniente e passibile di reprimenda da parte dei Presidenti?

Anche lì si lavora in nome e per conto di Qualcuno a cui si deve rispetto. Qualcuno che oltretutto quegli operatori di Giustizia, non ha nemmeno eletto.

 

Evviva Stella !

Evviva Stella !

La lettura di Duras, Cocteau e Balzac , come scoperta entusiasmante dell’adolescenza, ma soprattutto come  antidoto sicuro e sostegno a superare  una condizione culturalmente svantaggiata, deve aver innervosito i censori italiani al punto di infliggere a Stella, film di Sylvie Verheyde ( distribuito in Italia da Nanni Moretti), il divieto ai minori di quattordici anni.

Altri motivi non se ne scorgono in questa scelta francamente ridicola, avverso la quale la Sacher  ha fatto ricorso (previo pepatissimo comunicato stampa ). Ciò detto – e auspicando un felice esito a tutto l’iter –  eccoci a  Stella, ragazzetta di periferia cresciuta nel bar dei suoi, catapultata armi, bagagli e finta pelliccetta al collo della giacca, in una scuola del centro in cui coetanei du genre protégé non le risparmiano atteggiamenti  di sufficienza.

Stella in realtà, non partecipa al  confronto tra differenti stili di vita come una ragazza del tutto sprovvista di argomenti. E’ sveglia, intelligente e poi nel bar ha imparato un sacco di cose sul calcio, sui cocktails e sulle regole della belote – la briscola francese – o su quelle del biliardo, conosce a memoria le parole delle canzoni  del juke box – Sheila, Eddy Mitchell, Daniel Guichard, siamo negli anni 70 – e tirando tardi davanti alla televisione, ha scoperto i  vecchi film di culto del  programma Le ciné-club.

Tutto questo naturalmente non è sufficiente alla formazione di  una ragazzina che sta maturando mentre  scopre l’amicizia, l’amore e – quando un avventore del bar che l’ha vista crescere tenterà di abusare di lei –  persino il tradimento  Sarà una compagna di scuola  du genre protégé ma un po’ meno imbecille degli altri ad offrirle amicizia e l’occasione per impossessarsi di buone letture e buona musica.

Di lì a capire che la cultura è importante, aiuta ad affrontare la vita con le sue sfide e le sue brutte sorprese è un attimo. Sono tutti lì Les quattre cents coups di Stella, la botta di vita. La grande occasione. 

Ma c’è un aspetto del tragitto di questa ragazza che rende ancora più incomprensibile il divieto della censura italiana : la scoperta che l’apprendimento matura solo nella dimensione collettiva del confronto che solo la scuola può consentire. Dunque niente abbandoni scolastici, è l’invito che sotterraneamente,  il film rivolge ai giovanissimi. Resistete!

Un piccolo gioiello, un film con qualche imperfezione ma  edificante senza l’impiego  di retorica e luoghi comuni. Sguardo incantato e grinta. Come Léora Barbara, la bravissima interprete.

Stella è un film di Sylvie Verheyde. Con Leora Barbara, Karole Rocher, Benjamin Biolay, Guillaume Depardieu, Thierry Neuvic, Jeannick Gravelines, Valérie Stroh, Johan Libéreau, Melissa Rodriguès, Laëtitia Guérard, Anne Benoît, Christophe Bourseiller, Yolaine Gliott. Genere Drammatico, colore 102 minuti