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Aye!

Aye!

L’anno si chiude con il novantaduenne senatore democratico della West Virginia Robert Byrd. Qui sopra lo vediamo all’opera, l’immagine è di qualche anno fa. Prima di Natale, esattamente nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, nonostante fosse molto malato, è stato condotto al Congresso in carrozzella a pronunziare  un voto indispensabile per battere l’ostruzionismo repubblicano e  riportare la legge sulla Sanità alla Camera per l’approvazione.
Con buona pace  dell’avversario politico che,  nella persona di Tom Coburne, senatore dell’ Oklaoma, gli aveva pubblicamente  augurato di morire quella stessa notte, quand’è arrivato il suo turno, Mr Byrd ha alzato la mano in segno di vittoria esprimendo, forte e chiaro, il suo assenso :  Aye ! Ovvero :  Si!

Se oggi  il suo paese si trova alle soglie di un passaggio epocale, lo deve anche a lui, al suo entusiasmo e al suo spirito di servizio.
Robert Carlyle Byrd, col suo curriculum ricco e importante, sebbene  non privo di errori dei quali  ha dovuto dolorosamente fare ammenda, mi fa pensare a quante energie si sono spese nel corso degli ultimi cinquant’anni nel tentativo di  migliorare il nostro paese e allo sperpero in termini di entusiasmo e volontà di cambiamento in cui si è risolto tutto quell’intenso lavorìo.

Ma il tempo che stiamo perdendo – e che probabilmente ancora perderemo –  al palo di un eterno che fare o di sfibranti diatribe intestine, difficilmente potrà essere recuperato. Poiché come si può vedere anche in America, dopo una fase involutiva, nemmeno la volontà di cambiamento espressa con nettezza dal popolo attraverso un voto a dir poco rivoluzionario, riesce a sostenere una Riforma che è stata l’asse portante della Campagna dei democratici ma che , al dunque, passata di mediazione in negoziazione, molto ha perduto del suo spirito originario. Non è perfetta ma può migliorare, ha concluso Obama. Come dire : intanto incassiamo questa, mentre ci rimettiamo in marcia. Quasi li invidio. Per avere raggiunto un obiettivo e per avere uno scopo preciso da perseguire.

Alla fine, non rimane che augurare a noi stessi, anno o non anno nuovo, di riprendere  al più presto il cammino.

 

Hard work

Hard work

 

Togliamoci subito il pensiero : Lui balla come un orso ubriaco e lei con quella redingote canarino un po’ saccocciona se la batte in sobrietà solo con il cappello di Aretha Franklin. Sull’abito bianco con applicazioni bomboniera indossato nelle feste dell’insediamento , invece stendiamo un vel pietoso.

Ovvero : e chi se ne frega. Ci sarebbe mancato altro che – protocollo a parte – uno che sta per annunciare al Paese e al mondo, di voler ricondurre parte della produzione in USA, esibisse una moglie in abiti francesi o italiani.

Evasa la pratica “troviamo un difetto ad Obama e alla sua famiglia”, possiamo compiacerci di pensarla, per  una volta almeno, come i tre quarti della stampa planetaria : il discorso è stato, per la parte programmatica, ineccepibile. Chi cercava elementi di discontinuità con l’amministrazione precedente, non ha durato fatica a trovarne in un differente modo di concepire il tema della sicurezza, nelle intenzioni dialoganti con il mondo islamico, in quel porre l’accento sull’uguaglianza come origine di civiltà e di progresso.

Saltati a piè pari i  passaggi retorici – che sono come la redingote sciovinista : inevitabili –  la richiesta nemmeno troppo insistente, dell’intervento divino – ma quella è una nazione che il potere temporale non sa nemmeno cosa sia e  dunque se lo può permettere – si può dire che Obama abbia tirato le fila dei temi trattati nella lunga campagna elettorale.

Tutto qui ? Si domanda l’unico Editoriale italiano in controtendenza. Certo sono mancate le barzellette e le battute un po’ grossier, allusioni e ammiccamenti nemmeno l’ombra. Parterre di belle donne, non pervenuto. E pure nella cosidetta squadra, solo persone d’esperienza e comprovata capacità. Manco una star. Tutto qui?

Tutto qui  : in quanto detto e nei provvedimenti già assunti, e in quell’ hard work ( il cospicuo versante calvinista di colei che qui scrive, ha tanto apprezzato). Un duro lavoro ci attende.

E qui non si può far a meno di tornare con la mente agli sciampagnoni nostrani, quelli che un paio di punti di Pil in meno o in più…e fa lo stesso, quelli che è Natale!! …e consumate, mi raccomando e infine quelli che ce la faremo anche se, a tutt’oggi,  non si è capito bene come.

Obama senza doppiopetto Caraceni a tutte le ore, senza sorriso a mille denti stampato perennemente sulla faccia, senza trucco e senza inganno (e con una cravatta a fiocco per la sera, da passare per le armi chi gliel’ha annodata), impartisce lezioni di stile. Stile in Politica s’intende. Il resto delle considerazioni dal tutto qui? in poi,  se non fossero gravi, sarebbero fuffa. Anzi noia.

 

Buon Giorno, America

Buon Giorno, America

 

Ieri una sedicente analista politica, per di più eletta nelle file del PDL, ha dichiarato pubblicamente che Obama su Guantanamo avrebbe seguito i consigli dei predecessori repubblicani che, nel passaggio delle consegne, gli avevano suggerito di ” guardarsi le carte” prima di procedere alla chiusura ( io auspicherei demolizione con spargimento di sale sulle macerie) dell’orrendo luogo di detenzione e tortura.

Grande dritta del personale politico repubblicano e grandissimo acume dell’analista di cui all’oggetto. Ma tanto per dire come da destra e da sinistra si tenda a buttare acqua sul fuoco del sacrosanto diritto all’entusiasmo per un risultato politico che, come lo giri lo giri, epocale lo è davvero. E tale dovrebbe essere per ognuno, indipendentemente dal credo politico.

Spoil-sport, killjoy, wet blanket, party-pooper sono tutte espressioni del vocabolario inglese che traducono l’italiano guastafeste. Pessima inclinazione dell’animo che peraltro in psichiatria porta un nome terribile e imbevuto di oscuri presagi.

Da domani sarà doveroso ricordare a Barack Hussein Obama, di Guantanamo, della Palestina, dell’Iraq, dell’Afghanistan …ma oggi lasciateci essere felici. Perchè il nuovo inquilino della Casa Bianca, costruita dagli schiavi, vi entra da Comandante in Capo. Proprio lui, discendente di schiavi. Un sogno si avvera.

Di tanto in tanto il cammino dell’Umanittà sembra segnare il passo, in altri casi arrestarsi, in altri ancora tornare indietro. Quando però si tratta di  balzi in avanti, bisogna gioire. Il sale su Guantanamo è un’inevitabile tappa di quel cammino. Che la fortuna assista Barack Hussein Obama. E noi tutti.

…history? In history we’ll all be dead!

…history? In history we’ll all be dead!

Non so perchè ci si aspettasse da questo W di Oliver Stone un taglio più espressamente militante  o di denunzia esplicita dei guasti della presidenza di George Bush . Come gli altri biopic dello stesso Stone, il film  è costruito su di un tema chiave, ma se per JFK furono i misteri intorno all’assassinio di Dallas e per Nixon il Watergate, per George W Bush il filo conduttore non può essere altro che il potere distruttivo della mediocrità soprattutto se connessa ad un ego spropositato.

W è  basato su una storia vera ma questa storia è stata nascosta a lungo e per raccontarla c’è voluto il lavoro investigativo di numerosi giornalisti che tra il 2003 e oggi hanno raccolto molto materiale su un personaggio come Bush che prima era stato decisamente sottovalutato. So che anche in Italia state vivendo una storia che ha qualche somiglianza con questa. Non bisogna mai sottovalutare personaggi come questi. Ed è stata proprio questa sottovalutazione che ha permesso a Bush di fare tutto quello che ha fatto

Oliver Stone

Comunque la si pensi – su W e non solo – una cosa è certa : si potrà guardare stasera sulla 7 questo film, con la consapevolezza che domani a mezzogiorno, quando i codici segreti nucleari saranno passati di mano, il mondo intero potrà sentirsi un po’ più al sicuro.

Costruire democrazia

Costruire democrazia

stars and stripes forever5020165

C’è un detto in uso a Washington che più o meno recita così :  solo in due circostanze puoi far sgombrare un eletto dal seggio che occupa al Congresso : se viene sorpreso a letto o con una donna molto morta o con un bambino molto vivo.Tanto per dire come per la bianca ( e bellissima) testa di Ted Kennedy, non sia un fatto inconsueto, come pure non lo sono per altri, gli 11 mandati, corrispondenti a diversi lustri di onorato servizio, che poi, a dirla tutta, si risolve nel ricevere schiere di lobbisti, distribuire favori,  riceverne e raccogliere fondi elettorali quando ve ne sia necessità. Cioè di frequente.

Tutto questo mentre i due principali partiti che in campagna elettorale sembrano macchine  imponenti, partecipate ed oliatissime,  per il resto del tempo si riducono ad entità evanescenti e a tratti, sin poco distinguibili l’uno dall’altro.

Non per niente, e da anni,  la fiducia che i cittadini ripongono nel Congresso di Camera e Senato è sotto al 20%

Dico ciò a beneficio dei recenti  entusiasmi filoamericani, spesso legati ai fautori della politica vicina alla gente – ma poi se domandi loro come ci si deve regolare quando ti accorgi che la gente vuole impiccare l’immigrato al palo più alto, non sanno rispondere – o di quelli del rinnovamento – ma se poi  domandi loro di quali contenuti  riempire il nuovo,ti parlano di ricambio della classe dirigente in termini anagrafici, ovvero fanno come Berselli nel suo ultimo Sinistrati che in 181 pagine al netto dell’indice dei nomi, ne destina solo 23 ad un  che fare più disperato e discutibile del resto della sua storia sentimentale di una catastrofe politica, (libro invero piacevole, quantunque apocalittico) –

Insomma tutti coloro che guardano all’America, pensando di poterne replicare i modelli qui da noi, dovrebbero invece riflettere sulla connaturata propensione al cambiamento di quel popolo, tratto caratteristico che coniugato con l’ effettiva possibilità di liberarsi di  quello che si ritiene, non funzioni, è tra i motivi del successo di Obama.

In tutto questo, un ruolo speciale l’hanno svolto le Primarie, consentendo agli elettori di esercitare un reale potere nella designazione del candidato. Tant’è che in entrambi i campi, si sono verificati risultati in controtedenza rispetto alle volontà dei partiti. Anche Mc Cain era un outsider in casa repubblicana.

Eh sì, gli Stati Uniti sono proprio una grande democrazia, (la più grande che il denaro possa comprare, per dirla con Greg Palast ) comunque la si pensi però, una democrazia incardinata su regole che la maggior parte dei cittadini segue perchè condivide, trova utili e su di un Sistema in grado di punire severamente i grandi e i piccoli trasgressori. E’ tutta lì la certezza di potersi liberare di quello che non funziona.

Ora, noi perdiamo molto tempo per correre dietro ai rialzi, alle tinture, alle battute, ai loft e al discutere sul come si deve discutere e soprattutto come si deve comunicare quel che si è discusso ( cioè nulla)  ma nemmeno un briciolo di tutte queste energie ci viene in mente di investire nel pretendere che si costruisca anche da noi una democrazia tale da consentire al figlio dell’operaio di diventare presidente della repubblica.

A partire da vicino vicino, da quella legge elettorale che ci vede poco coinvolti ma che così com’è, ci sottrae potere decisionale. Stabilire come si smazzano le poltrone non è un passo verso il famoso ricambio ? Proporre primarie istituzionalizzate, non realizza nei partiti maggior democrazia? E ancora sul federalismo, sulla riduzione del numero degli eletti in camera e senato, sull’abolizione del bicameralismo perfetto e su tutto quanto fu l’asse portante, non solo della campagna elettorale del PD, ma della sua stessa costituzione.

Perchè siamo sempre pronti a denunziare la nostra scarsa mobilità, il malfunzionamento dell’ascensore sociale, ma non c’interroghiamo mai veramente sul perchè dal parlamento, alle banche, alle aziende, all’università, il nepotismo è così radicato?Davvero siamo convinti che un’opportuna regolazione non riesca a contrastare il fenomeno?

Forse  in quanto detto non c’è tutto il rinnovamento che molti si aspettano, certo che però avviare una simile riflessione sarebbe un buon inizio. A meno di pensare che tutto ciò sia meno interessante del vuoto rivendicare più spazio  negli organismi dirigenti o dei dibattiti sul trilocale di Veltroni a Manhattan.