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…ma la domanda che preferisco resta l’ultima

…ma la domanda che preferisco resta l’ultima

Ovvio che non finisce qui e che per un bel pezzo si continuerà a ragionare di alta politica come in questi giorni. Ergo, dopo gli omosessuali attenzionati è possibile che tornino in auge le scarpe, le barche, le aziende, gli appartamenti e le fidanzate segrete di tutti quelli che hanno avuto l’ardire di stigmatizzare il comportamento del Premier quanto a frequentazioni, feste di compleanno, veline e farfalline.

Del resto il Teorema della Vendetta, come pure insegna la vicenda che ha coinvolto Dino Boffo, poggia su un unico  postulato : un Direttore di quotidiano sta al Premier come le preferenze sessuali stanno al mercimonio.

Come se non bastasse,  considerato che la crociata in atto, si combatte contro il falso moralismo – e il cielo sa quale versione elasticizzata della morale circoli a Palazzo –  il capo del governo, può essere giudicato solo da eterosessuali doc in perfetta armonia con gli/le ex delle proprie fidanzate/i.

A questo punto le variabili possono essere infinite.  Al posto del direttore può esserci tanto il Capo dell’Opposizione quanto la Sora Camilla. Di qualsiasi natura o entità siano gli scheletri nell’armadio – a detta dei Vendicatori chiunque ne  custodisce  un bel po’ – faranno sempre da ottimo contrappeso alle Imprese del Premier. Ne consegue che nessuno al mondo ha i titoli giusti per criticare Silvio Berlusconi.

Applicare un criterio logico a tutta questa partita sarebbe operazione di un avventurismo sfrenato . Del resto quale scopo avrebbe dovuto sottendere, tutto quel movimentare direttori di testata a inizio stagione?

 Vero è che la fedeltà non basta più. Se il gioco si fa duro – cioè se la verità viene a galla – serve anche quel tipo di protervia e d’aggressività disposta a tutto. A colpire ma anche a minimizzare  quando non ad occultare. Sfido chiunque a vedere un tiggì amico, controllato o di diretta proprietà del premier e a cavare , sulla vicenda in questione, un ragno dal buco. Sono molti coloro i quali, in questi giorni , si dichiarano preoccupati per le sorti della libertà di stampa e bene fanno a firmare tutti gli appelli possibili. Ma ho paura che non sia sufficiente.

Domani o dopo, la Procura di Terni chiarirà i termini esatti della eventuale querelle giudiziaria. Nelle  more, il racconto del Giornale sarebbe già sufficiente a stabilirne i contorni :  seppure tutto corrispondesse a verità, si tratterebbe di un modesto ristoro a fronte di un patteggiamento – che non significa  affatto ammissione di colpa – per un reato di molestie, tutt’altro che sessuali –

Niente al confronto dei bimba io farò di te una stella, cioè di  sesso in cambio di favori di stato. Se ne facciano una ragione tutti quelli che pensano di menare il can per l’aia con la storia dell’idoneità  o peggio del nuovo moralismo che si abbatte sul capo dell’innocente : si dimetta Silvio Berlusconi e nessuno avrà a che ridire sul tenore delle sue serate. Non è difficile.

 

Détruire, dit-lui

Détruire, dit-lui

gioi

Da una parte la vendetta passa per l’esecuzione a mezzo stampa della moglie ingrata oltre che visionaria e plagiata – quindi instabile e sciocca –  dall’altra la difesa  televisiva del farfallone amoroso, ingenuo e intruppone,  è affidata a dipendenti fedeli, coordinando le operazioni il legale di famiglia, onore e vanto del Foro di Milano – Milano sì, e non c’è Lodo, ne’ Ricusazione che tengano, la sentenza verrà emessa per competenza territoriale, ironia della sorte, propriomin quelle aule – nonchè Secondo leguleio d’Italia, giacchè il Primo, credo, non abbia ancor finito di vedersela con i servizi sociali.

Il gioco è quello antico – e assai comune –  di delegittimare lei, sottraendo al dibattito gli argomenti più brucianti e pericolosi contenuti nelle sue dichiarazioni – la sfrontatezza senza ritegno del potere che offende tutte, per esempio – e a trasformare l’intera partita nel puntatone di una delle tante Dynasty televisive. Vedi alla voce Una storia di corna . Per il resto si sfrutta il paradosso, l’enormità degli addebiti :

Monomaniacale? Infedele ? Narcisista? Pedofilo? Un uomo così paterno, spontaneo, generoso, affettuoso, galante. Suvvia.

Insomma si parla d’altro come sempre quando c’è di mezzo lui.

Un’occhiata alla stampa rosa – milioni di lettori – di questa settimana – soprattutto quella di proprietà – e il quadro si delinea per quel che è  : Chi  paragona il premier  a Pericle –  così sua moglie giustamente è costretta a diventare Aspasia – Diva e Donna intrattiene i più romantici  con i bei ricordi. Sempre la fine di un amore è. Novella 2000 e Oggi che sono del gruppo RCS, sono meno retorici e lacrimevoli mentre si contendono la palma del cali il silenzio, intanto pubblicano foto ed elenchi di favorite presidenziali nel corso del primo, secondo e terzo mandato.

Ma per tutti sono Veronica e Silvio, come dire : due di noi. Che a ben vedere, nell’ambito degli esercizi d’identificazione, sarebbe il pià difficile al mondo. Eppure funziona. Perché come ci viene ripetuto da commentatori saggi ed avveduti . La metà del paese è come lui, l’altra metà aspira a diventarlo. Comincio a pensare che senza Berlusconi il Paese di cui sopra non sarebbe migliore. Magari con qualche  possibilità in più di migliorare. 

Alla fine ha vinto Maria

Alla fine ha vinto Maria

Il fatto è che il Festival è come Pasqua e Natale, puoi pure fare l’albero postmoderno o mettere l’uovo in braccio alla sorpresa ma quando arrivano i parenti  a colazione, ti rendi conto che è inutile : la festa comandata è inemendabile, manco la stricnina nella minestra o la sventagliata di kalashnikov al posto del dessert, potrebbero qualcosa Non a caso anche lì funziona la tautologia…Natale è Natale esattamente come  Sanremo è Sanremo

Le modalità festivaliere in genere si alternano : un anno ‘o famo strano e quello dopo chiamiamo Pippo Baudo. Una tantum, cioè quando proprio  gli ascolti rischiano il crollo per sopraggiunta saturazione e serve un salvataggio, viene convocato con rullo di tamburi e sei puntate propedeutiche da Vespa, il terzista per eccellenza: Paolo Bonolis. Quello capace di mettere insieme l’avanguardia, il pop, il canto gregoriano  e la romanza, accontentando così più o meno tutti. 

E infatti quest’anno  facevi prima a dire chi mancava e soprattutto cosa,  tra il sesso direttivo – ancorché senza amore –  nella terza  (o forse quarta?) età, il melting pot, i rifiuti di Napoli,  l’intero pacchetto sicurezza –  ronde escluse – stipato nei refrain di Masini e  Luca che era gay e adesso sta con lei. Roba che se Grillini non gli avesse dato una mano, Povia sarebbe tornato a casa subito, lui e tutta la sua tornata di ta tse bao edificanti. Gran pigia pigia anche tra cast e ospiti : Allevi e Bacharach, con gli scrittori famosi che inviano la missiva, gli attori che la leggono, l’étoile,  Mina che canta in contumacia una romanza da tenore, inquietanti reunion del trapassato  remoto, l’ultima rockstar, la penultima rivelazione pop, il più grande batterista, il doppio premio Oscar, gl’indossatori lasagnoni al posto delle vallette sceme, le playmates vitaminizzate e un collegamento col Palazzo di Vetro.  Persino Benigni in nome della discontinuità ha rinunziato a Dante e all’amore universale per tornare a quel po’ di satira politica che le circostanze consentono. Poi legge Wilde, Grillini applaude in piedi prima d’intervenire sulla felicità della coppia omosessuale di lunga durata. Nessuna audacia. Preparate i fazzoletti. Ovvio che in tutto questo minestrone qualcosa che ti piace, alla fine, la trovi per forza.  Soprattutto se la contropragrammazione Mediaset è stata particolarmente generosa col Festival, mentre si fa strada il sospetto che questo lievissimo calcar la mano sulla kermesse anarco situazionista serva in realtà a mimetizzare l’inconsistenza delle canzoni in gara.

Tolti Pravo e Tricarico, il resto è un po’ convenzionale. Non voglio dire sgradevole, ma insomma, tutta qui la canzone italiana ? Meglio le nuove proposte, si sbattono di più, steccano meno e tra parole e musica riescono ad essere più originali, ma li fanno cantare a notte fonda e tutto si perde.

E poi ci sono loro. Laurenti, spalla ben sincronizzata e Bonolis esponente di spicco della patafisica televisiva, uno che all’ennesima polemica sul cospicuo cachet, risponde strillando al tentativo di delegittimazione, manco fosse il Quirinale. Signore indiscusso del congiuntivo ben messo e dell’eloquio spropositatamente forbito, parla per ore senza dire niente, però….che dialettica ..chiosa Al Bano, sospirando.

Per l’ultima serata ci siamo superati, abbiamo avuto i metalmeccanici, il presidente albanese sorridente dal palco, il divo Cassel, la divina Lennox, una ricercatrice precaria incinta e la De Filippi in veste di presentatrice. Quest’ultima  a riprova del fatto che quel muro – tra RAI e Mediaset – è stato abbattuto. Parola di Bonolis. Stamo tutti qua. Lui lo annuncia trionfante e a metà del Paese si gela il sangue. Alla fine vince Marco Carta della scuderia di Amici. Anche l’ultima barriera è stata infranta.Volemose bene e tiramo a campà.

L’intento, la missione dell’intero spettacolo insomma, alla fine, ci viene svelato : sarebbe quello di mostrare, attraverso la musica, il Paese, anticipando così le inevitabili considerazioni del sociologo ritardatario, domani. Ma quel che riesce a venire fuori di prepotenza è solo lo stereotipo,  una macchietta tragicomica più finta e assurda di Papaveri e Papere. Del resto qui da noi, successo o fa rima con eccesso, o non è.

Che s’ha da fà. E pensare che il servizio pubblico potrebbe tranquillamente fregarsene dell’Auditel, lasciando gli altri da soli a scannarsi per gli ascolti. Si avrebbe un po’ più di qualità e competizioni meno avvilenti.

Anche se c’è da dire che queste prove ansiogene dello strafare di Bonolis  hanno il pregio di sfuggire spesso di mano e quando accade, regalano momenti esilaranti. Come la modella in body painting che tenta il colpaccio salendo sul palco, ma viene portata via in mezzo a due gendarmi stile Pinocchio,  mentre il bravo presentatore in tuxedo luccicante, raccomanda Piano per carità…non ha fatto niente, era …arrivata in pace.

Nella foto Tricarico, subito eliminato

Question time ( tra suicidio e pc)

Question time ( tra suicidio e pc)

Matteo_Salvini

Matteo Salvini, estromesso –  quale offesa ai Diritti – da Facebook,  luogo virtuale in cui ogni politico che si rispetti ha un account e tramite quello, mantiene vivo il dialogo con le masse – Second Life no, dilaga di meno,  a scanso di figuracce, bisogna conoscere, parlate e scritte,  un paio di lingue e usare con un minimo in più di perizia il pc – ha immediatamente predisposto un’interpellanza parlamentare al Ministro delle Comunicazioni per conoscere più da vicino alcuni numeri di questa realtà. Chiedo quanti italiani risultano iscritti a Facebook, se e quale tipo di controllo risulti al ministero essere effettuato e da parte di chi, dove risultino le sedi operative del social network in questione e chi ne siano i legali rappresentanti, se e quanti siano i casi segnalati di censura e di eliminazione di iscritti, gruppi o altro in rete.

Questione di vitale importanza sul fronte dell’Evoluzione Culturale del Paese. Investire gli uffici del Ministero  delle necessarie ricerche, onde poter consentire al ministro pronta ed esaustiva risposta, deve essere sembrato a Salvini più che  doveroso.

Poi però, nemmeno troppo tra le righe delle dichiarazioni rese ad Affaritaliani.it, si può leggere come Salvini stesso ipotizzi essere alla base dell’estromissione, non una violazione della netiquette, ma un eccesso di interattività.

E dove sarebbe accaduto tutto ciò? Che domande. Ma in Parlamento! La sinistra ha fatto ostruzionismo alla Camera dei Deputati, e ha parlato per cinque ore filate. Le alternative erano il suicidio o il computer. E quindi io sono stato lì, ad ammazzare il tempo, smanettando con la mail e con Facebook. Sono stato collegato un sacco di tempo, e magari avrò fatto troppe robe. Però cavolo, che almeno ti avvisassero.

Inutile ricordare a Salvini che tra suicidio e computer ci andrebbe giusto giusto lo spazio per espletare il compito istituzionalmente assegnatogli : seguire i Lavori. Compresi quelli con i dibattiti meno eccitanti. Ciò, in nome e per conto degli elettori che fiduciosamente hanno votato Lega. Che poi in materia di efficienza e fannullonismo, dimostrano essere sempre i più esigenti.

Come la giri la giri, questa storia può ben figurare nella nota dei  tristi segnali di decadimento. Ma davvero per recuperare notizie come quelle richieste da Salvini c’è bisogno del question time? Se penso alla lentezza con la quale procedono i lavori parlamentari, su ben altre faccende, mi viene voglia di suggerire a certi rappresentanti dei cittadini di migliorare il proprio umore semplicemente cambiando mestiere.

C’erano una volta i presidenti della Camera che governavano l’assemblea muniti di binocolo. Odioso strumento di controllo, si dirà, anche se non precisamente a quella bisogna era destinato. Però funzionava : meno pianisti, meno cappi, meno telefonisti, meno pacchetti del salumiere.Lo sa Matteo Salvini che nelle Aule di Tribunale sono proibiti i telefonini e che anche il tener aperto il giornale sul banco, in attesa che si celebri il processo, è considerato sconveniente e passibile di reprimenda da parte dei Presidenti?

Anche lì si lavora in nome e per conto di Qualcuno a cui si deve rispetto. Qualcuno che oltretutto quegli operatori di Giustizia, non ha nemmeno eletto.

 

Trasgressione a buon mercato

Trasgressione a buon mercato

 

Qui non si arriva alle siderali distanze che Cacciari pone tra sè e il  Palinsesto –  Isola dei famosi? E che è? – e qualche puntata del reality a cura della premiata ditta Endemol, la si è pur vista. Abbastanza per farsi un’idea.

Confesso che mi sarebbe piaciuto osservare di più  la Luxuria alle prese con l’abituale clima improbabile e sgangherato dei realities, lei che quando faceva spettacolo, aveva spesso rivisitato  Trash e Kitch in chiave di intelligente ed ironica parodia ( c’è anche una dignitosa filmografia in cui è  interprete) .

Anche per questo mi era spiaciuto il taglio sociopoliticoculturalmilitante che alla vigilia della partenza per l’Honduras, la Vladimir aveva inteso conferire alla sua partecipazione. Era un po’ come rinnegare le sue indubbie doti artistiche in favore di un non meglio identificato messaggio politico, in quel caso ritenuto - non si capiva bene  per quale motivo – intrinsecamente più nobile.

Tuttavia, per quel che ho visto del programma e per quel che se ne è scritto, mi sentirei di escludere che la connotazione politica, sia stata al centro dell’essere naufraga tra i naufraghi, di Vladimir . Ma ora che si è aggiudicata il premio, il di lei successo, torna ad assumere la valenza di fenomeno socialmente rilevante.

Le associazioni gay e transgender esultano strillando al cambiamento epocale, Ferrero le offre candidature europee,  e specularmente, i detrattori dichiarano che senza ombra di dubbio, questo è l’ennesimo segnale della morte della sinistra. Come da copione.

Per quel che ne so io,  non è inusuale in questi format che il pubblico prediliga la persona che mostri più intelligenza o buon senso, fu il caso di Lori Del Santo –  una finta tonta con molto più sale in zucca di quanto possa apparire – o di Sergio Múñiz o Walter Nudo, modelli – comportamentali,  oltre che per professione –  che all’interno della dinamica del gioco, avevano dimostrato  una certo senso della misura tanto più marcato quanto più  messo a confronto con le modalità sguaiate ed urlanti del resto della compagnia. 

Credo che però,  nel caso di Luxuria, nemmeno questo tipo di  savoir faire abbia giocato un ruolo centrale nell’acquisizione del consenso. Piuttosto Vladimir,  dal quale ci si attendevano esplosioni, cinguettii e trasgressioni, si è distinta per il suo comportamento del tutto normale.

Il che ha significato sfiorare il moralismo facendo la spia su presunte liaison e corna che  compagni di gioco avrebbero inflitto a rispettivi inconsapevoli partners nella vita, ovvero ingaggiare dispute verbali con Patrizia, contessa De Blanc, sul fatto che l’Italia è una Repubblica e non una Monarchia e che dunque si decida anche lei a cedere un po’ delle sue  brioches al popolo , oppure sentenziare sul significato di  espressioni in slang col marito di Ivana Trump,  un giovanotto,  che pur avendo in quel caso ragione, è antipatico e poco televisivo a prescindere.

Insomma Luxuria ha dimostrato in tutto e per tutto di poter essere la concorrente ideale. Votarla in massa deve aver avuto  lo stesso significato  che assume l’amico gay, quello che tutti si vantano di avere ed esibiscono come prova inconfutabile di tolleranza & liberalità.

Salvo poi inorridire e dar battaglia se costui  pretenda la reversibile o l’ eventuale intervento chirurgico pagato dalla mutua, mai sia, se vuole adottare un figlio, fulmini e saette se lo desidera avere con l’eterologa nel senso di inseminazione. O più semplicemente se vuol essere libero di indossare l’abbigliamento che crede, che si tratti del gay pride, dell’abito nuziale col velo per andare a sposarsi o del foureau per prendere il the con le biscugine monarchiche , poco interessa.

Luxuria in proposito non  ha dimostrato di sostenere le grandi rivendicazioni della Prima Ora. Così, è divenuto più facilmente il simbolo della trasgressione alla portata di tutti.  Ha convinto e vinto. Di qui però a festeggiare l’avvio di un processo di grande  mutazione sociale, ce ne corre.

Guarda caso, nelle ore in cui Luxuria festeggiava la vittoria, un transessuale veniva assassinato a Roma, mentre qualche giorno prima, alcuni gay, avevano denunciato l’impossibilità di prendere in affitto appartamenti, per i ripetuti dinieghi di padroni di casa. Pretesto addotto : la diversità degli aspiranti inquilini.

Altre storie. Differenti da Vladimir che ha sostenuto di meritare il cospicuo premio per essersi messa in gioco fisicamente, esteticamente, con i capelli bianchi e i difetti fisici. Mediti pure chi questa impresa compie ogni giorno, con l’aggiunta di abilità conquistate a costo di sacrifici, ma senza enfasi ne’ medaglie, e per soprattutto per compensi di gran lunga inferiori.

Dice Paolo Ferrero con ardita acrobazia lessicale che Vladimir Luxuria è un modello antropologico molto positivo . A me sembra solo l’ennesimo personaggio che va ad accomodarsi buon ultimo nel rutilante mondo del similvero, quello in cui vince chi si mette più in evidenza, chi sa farsi valere. Qualcosa che col valere non ha niente in comune. La cultura di riferimento è quella solita : puntare tutto sull’essere diversi, somigliando però il più possibile alla figlia della portiera. Un po’ di qua e un po’ di là.

Crederci sempre. Arrendersi mai.