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Più first lady di così

Più first lady di così

Va da sè che dell’unica vera  first lady del G8, ignoriamo lo stilista, il gioielliere,  il fiorista e la pietanza prediletta.Non sarà pertanto ricordata per i celebri caschetti, ne’   – pur essendo sempre correttamente abbigliata – per le famose giacche.

Eppure, comunque la si pensi,  Angela Dorothea Merkel, curriculum impeccabile di donna di scienza ed esponente politico di spicco, dal 2005 presiede un governo detto di Große Koalition e che comprende l’SPD, la CDU e il CSU, impresa non facile  visto che si tratta di mettere insieme  socialdemocratici e cristiano sociali, esercizio che porta avanti con successo e che anzi  l’ha indotta a smussare qualche tendenza conservative di troppo, esponendo con ciò se stessa ai  rilievi dei suoi compagni di partito, il più ricorrente  quello di aver subito, in corso d’opera, una sorta di processo di socialdemocratizzazione.

Angela Merkel in realtà ha avuto il merito di comprendere i cambiamenti della politica e della società, tanto che la sua (tradizionale) scarsa fiducia nei magici poteri dell’economia di mercato, è tornata di attualità  con la crisi mondiale che quella stessa fiducia ha messo così platealmente in discussione.

Gli appassionati dello specifico femminile in politica come propensione a ingentilire e a infiocchettare, o al più ad occuparsi di pari opportunità o d’infanzia, accettino la lezione di uno specifico differente, quello che ispira  provvedimenti sull’istruzione con corredo di stanziamenti da capogiro : 18 miliardi di euro per ricerca e università, 750 milioni per l’istruzione delle minoranze linguistiche e la creazione di nuovi posti di lavoro.Tanto per dire.

E infatti  va sottolineato che se  la Germania oggi accetta di essere un paese d’immigrazione, lo si deve a lei. Come a lei si deve parte della stesura del protocollo di Kyoto.( e grazie ad una sua iniziativa  l'UE si è impegnata a tagliare del 20% le emissioni di CO2 e ricavare il 20% dell’energia da fonti rinnovabili)

Un gran senso della missione storica ed un corretto rapporto con il suo essere donna di Potere, non fanno notizia come un cambio d’abito o di pettinatura. Ma Angela Dorothea Merkel, di tutto questo non ha bisogno. Prudente, pragmatica, riservata capace di creare consenso e  consapevole del suo successo – un 70 % di apprezzamento da parte dei tedeschi, di cui non si parla mai – e determinata a sfruttarlo fino in fondo. Più first lady di così.

Right or wrong my country

Right or wrong my country

Essendo il G8 superato dal G20, tutte le chiacchiere sul clima, sulla crisi , sulla centralità della persona e del lavoro, sul protezionismo – ma non avevano già detto di   no? – sui paradisi fiscali – ma non avevano già stilato la nota mondiale, bianca grigia o nera a seconda della condiscendenza di quei paesi? – e sull’Africa, lasciano il tempo che trovano.

Siamo dunque al cospetto di generiche dichiarazioni , studiate apposta per mettere d’accordo più o meno tutti,  salvo che quell’intenso lavorio spesso nemmeno basta a strappare il placet di qualche paese in irresistibile ascesa – Cina ed India, per esempio – che si guarda bene dall’impegnarsi entro il 2050 a ridurre le emissioni  per la quota stabilita ( ridicola in verità).

In tutto questo è facile concludere come queste iniziative siano occasioni d’incontro ma sostanzialmente megaspot per i paesi che vi partecipano. Inutili alla fine anche se tutti convengono che è meglio esserci.

Anche my country è fortemente impegnato a rifarsi la faccia dopo le ultime incresciose vicende, ma la perdita di credibilità prescinde dal sapere o meno organizzare l’agenda dei lavori. Dopo un decennio di deriva economica, il nostro peso specifico all’interno di questi consessi è pressocchè nullo, e il nostro paese non risponde più ai requisiti per partecipare al summit.

Ce lo ricorda The Guardian, che risponde a Silvio Berlusconi, passando dalle semplici ipotesi ai fatti : Indice di libertà economica ? Siamo al 76° posto. Trasparenza? Al 55°. Non parliamo poi dei nostri politici considerati meno affidabili di quelli  pakistani, senegalesi e bielorussi. La lista è lunga e ogni voce è un dito nella piaga : scuola, donne, giustizia. Ce n’è per tutti i gusti.

Poi arriva la ciliegina sulla torta, tutta dedicata allo sbandierato consenso del Premier  : Il leader è inadatto ma gl’italiani che se lo tengono invece di mandarlo a casa, evidentemente sono adatti al loro leader. Bingo. 

In presenza di consessi internazionali si possono tenere i toni bassi quanto si vuole ma credo che non basti, la nostra reputazione – che è altro dal fare bella figura – sembra comunque compromessa. E anche se è chiaro che non di tutto lo sfracello ha colpa il premier, è altrettanto chiaro che non sarà certo lui a tirarci fuori dall’impasse.

Per questo suonano stonate e goffe le accaldate colazioni per signore in cui, lustrati gli ottoni e appuntato qualche festone,  assieme alla non-carbonara dello chef di grido,  alle gentili ospiti vengono somministrate anche le non politiche sociali e d’integrazione della città di Roma. C’erano una volta e adesso non ci sono più. Salvo poi correre ai microfoni per celebrare l’eleganza e le affinità elettive con la first lady americana. Eccome no : tel quel.

 A vederle tutte quante in fila, Carfagna Gelmini e Rauti in Alemanno – tre campionesse delle pari opportunità, della tolleranza e della fedeltà al capo –  ieri veniva in mente una cosa sola : che per rimpiazzare una first lady ci si sono messe in tre. E la modestia del risultato, non è valsa la fatica.

Nell’illustrazione gli attivisti  dell’organizzazione umanitaria Oxfam indossano le maschere dei leaders mondiali. La performance, nel praticello davanti al tempio di Giano Bifronte è stata di grande impatto e la messa in scena molto ben fatta

A quell’omm

A quell’omm

della meaA me quel suo modo di comporre e cantare politico non è mai piaciuto, ho sempre pensato che tra i suoi testi e quella che comunemente viene definita retorica ci fosse un confine troppo tenue perchè potessero nascere vere emozioni. Della sua produzione mi porto dietro solo A quell’omm, un brano dedicato ad Elio Vittorini e Se qualcuno ti fa morto scritta per il Che.

Per il resto la sua figura resta legata a cori sgangherati con maltrattamenti di strumenti musicali vari. Un modo talvolta finto di stare insieme, un tipo di socialità che non ho amato vivere e che non amo ricordare. Lui non ne ha colpa, ma tant’è  : la sua musica si è prestata.

Meglio attribuire ad Ivan Della Mea i meriti che gli competono e che sono tantissimi : il lavoro svolto insieme ad altri con Bella Ciao o successivamente l’impegno profuso nella direzione dell’Istituto Ernesto De Martino. Meglio i suoi articoli sul Manifesto, meglio i suoi libri. Meglio cioè quel ruolo d’intellettuale che probabilmente rifuggiva e che invece gli calzava a pennello.

L’illustrazione  è dell’associazione aut aut .

 

 

 

 

Il mare può attendere

Il mare può attendere

E’ chiaro che nessun Sassoli, Scalfarotto, Serracchiani, seppur eletti a furor di popolo riuscirebbero a fare il miracolo, cioè scalfire di un solo millimetro il senso di disagio – che si vorrebbe politico  ma che spesso assume connotazioni di carattere esistenziale – che dilagando già da molto tempo,  si sta  risolvendo in proposito astensionista.

Ne’ con l’ elezione, costoro potrebbero porre mano efficace alle questioni politiche – quelle sì – che attanagliano il PD. La verità è che qualcosa sta finendo, non è detto che non possa rinascere, ma ognuno in cuor suo sa bene, che se ciò dovesse accadere, niente sarebbe come prima. Disperarsi è comprensibile ma per fare in modo che insieme a quel qualcosa non si dissolva l'intero patrimonio oggi riconducibile ad una sola parola : democrazia, bisogna agire. E scegliere. Si dirà che anche l’astensione è una scelta e su questo si potrebbe convenire, ma sulla pessima qualità politica del sottrarsi in un momento di grande difficoltà, qui da noi, ma anche in Gran Bretagna, in Olanda e altrove, non ci sono dubbi.

Per questo è puerile pensare che l’astensione produca un qualsiasi effetto che non sia rafforzare i conservatori, su scala europea. Per questo può essere tanto congrua la posizione di chi non vota per disinteresse, quanto insulsa quella di chi va in spiaggia  nell'illusione di dare un segnale.

L’attuale posta in gioco è di vitale importanza, gli equilibri del futuro Parlamento saranno decisivi per governare la crisi economica, scrivere le regole per  un nuovo modello organizzativo della finanza e del capitalismo, nonchè ridisegnare un percorso di sviluppo meno anarcoide e dissennato, più solido e coerente per il futuro.

Ogni democratico non può che augurarsi che un simile progetto sia compiuto in sintonia con quanto al di là dell’oceano sta disponendo il presidente Obama. Ecco perchè è fondamentale che l' Alleanza dei Socialisti e Democratici –  nuova denominazione del gruppo parlamentare del PSE –   abbia un numero eletti  superiore al PPE, il Partito Conservatore europeo.

Tutto qui, il resto sono marginalissime, inefficaci, chiacchiere. Il mare come il cielo  possono attendere. Nel frattempo  sarebbe più civile cercare di  contrastare lo scivolamento a destra del vecchio continente. Impresa ardua ma non disperata. Buona fortuna a tutti noi.

Nell’illustrazione Il Ponte Europa a Coimbra.

A tutta pagina (ma che belle che sono..)

A tutta pagina (ma che belle che sono..)

La prima pagina allude ad una celebre pubblicità.

La seconda ad un noto conduttore.

La terza è dedicata ad una ministra.

La quarta agli studenti…

Oggi, abituale giorno di riposo, il Manifesto esce egualmente. Solo  con quattro vignette firmate Vauro. Una per pagina. A tutta pagina.

Tanto non le pubblico. Che aspettate?