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Categoria: La fabbrica del cinema

Il cinematografo è una malattia! (due : l’idea migliore)

Il cinematografo è una malattia! (due : l’idea migliore)

 

Romafilmfest 2015 the end of the tour 2 

 Il lato nascosto del Genio, si direbbe.E se non fosse intervenuto Bret Easton Ellis, l’Eterno Rivale, a chiarire quanto fosse stronzo, vanesio, vuoto, sopravvalutato e pure repubblicano il molto – e con più di una ragione –  celebrato scrittore David Foster Wallace, non avremmo mai capito davvero il senso di questo film. A sua insaputa – ma poi chissà – e tra un insulto e l’altro, Easton Ellis ci spiega che The end of the tour altro non è che una discussione  sull‘Autenticità. Dunque,possiamo dedurre, non lo sbandierato ritratto celebrativo che il regista James Ponsoldt avrebbe tributato a Wallace di cui è devoto e sincero estimatore ma  una discussione sull’Io vero di una persona in rapporto con l’Io che si preoccupa di come il pubblico  metterà insieme false idee sul suo conto .Parola di  Easton Ellis. I Duellanti, si sa, dovrebbero stare più attenti e onde evitare inciampi in quel tanto di ammirazione inespressa che sempre sottende l’eccesso di animosità,qualche volta far finta niente e passare la mano.

 

Maggio  1966 : David Foster Wallace che sta compiendo un tour per la promozione del suo Infinite Jest viene raggiunto da David Lipsky inviato di Rolling Stone.Trascorreranno insieme cinque giorni ma l’intervista non sarà mai pubblicata,diventerà invece un libro titolato Come diventare se stessi da cui questo bel film.Sceneggiato dal Pulitzer Donald Marguilies, mago di dialoghi così elegantemente riportati  da far venire il dubbio che nelle conversazioni tra i due Dave, ci abbia messo del suo. Interpreti Jesse Eisenberg – che fosse bravo lo sapevamo – ma soprattutto da Jason Segel,attore a tutt’altro genere dedito, che qui  ha operato su se stesso e sul suo modo di recitere una sorta di impressionante mutazione.

 

Presentato al Sundance lo scorso gennaio, è l’idea più brillante nel cartellone della Festa del Cinema di Roma. Bello il film, bello Infinite Jest, bella la traduzione a cura di Edoardo Nesi. Quanto a David Foster Wallace e Bret Easton Ellis : Avercene.

(L’articolo di Bret Easton Ellis titolato Quel film fa di Foster Wallace un Santo è pubblicato da Repubblica del 17 agosto 2015)

 

The end of the tour è un film di James Ponsoldt. Con Jesse EisenbergJason SegelAnna ChlumskyMamie GummerJoan Cusack durata 106 min. – USA 2015

Il cinematografo è una malattia ! (un’invocazione e sei documentari)

Il cinematografo è una malattia ! (un’invocazione e sei documentari)

Le foto della Festa del Cinema di Roma

Meno spettatori,meno incassi,meno sale e meno un giorno di programmazione. Meno glamour. Quel poco tutto sulle spalle di Monica Bellucci ed Ellen Page, dato che il neo pontefice Law ha visto il pubblico  agli Incontri Ravvicinati ma ha rifiutato photocall e red carpet.

Nessuna anteprima – a parte i film italiani – nessuna giuria se non il pubblico votante, nessun premio ma, insiste sino allo spasimo il direttore Monda , la scelta di puntare al  modello di festival – qui da noi  però dobbiamo continuare a chiamarla Festa –  in stile newyorkese tutta Qualità e poco Glitter resta per i prossimi due anni.Tanto dura il suo contratto.

Restano anche molte perplessità e il timore che qualcuno cominci a chiedersi se quattro milioni di budget per mostrare il già visto (in altri festival) non siano un po’ troppi ponendo fine così, dopo dieci anni, ad un’esperienza che era partita con molto entusiasmo e senza troppi sfinenti rovelli su qualità, mercato, glamour, gradimento del pubblico. Come se la ricetta non fosse far quadrare il tutto senza spocchiosi stigma ad una frivolezza che opportunamente dosata diventa la segreta benzina del motore : Cannes (eh lo so, divento noiosa) docet.

E manco male che eravamo a Roma mentre fuori  succedevano cose che sarebbe stato meglio tirare dentro l’Auditorium, il Maxxi o gli alberghi blasonati (che ci faremo con tutta questa Grande Bellezza..) offrendo magari a Suburra,a Suffragette a Steve Jobs o a Spectre l’Anteprima.E se i distributori non hanno sgomitato per accaparrarsi l’Opportunità e  se Netflix per il suo lancio italiano ha preferito Milano, una ragione c’è. Su questo ed altro la Fondazione dovrebbe interrogarsi rinunciando a motivazioni algebriche o strenue quanto improduttive autodifese. Siamo tutti emozionati a celebrare il Cinema nel buio della sala con  la narrazione proiettata su uno schermo e niente coriandoli su tappeti rossi, ma se restiamo in pochi prima o dopo qualcuno arriverà ad accendere la luce chiedendoci di sgomberare per far posto ad un Parcheggio. Con tanti saluti all’emozione.E al cinema. Di qualunque tipo.

 Non è inconsueto che un festival dopo dieci anni ancora non abbia trovato spirito e collocazione propri in un mondo che ospita migliaia di analoghe manifestazioni.E se è pur vero, come dice Tozzi il presidente ANICA, che per fare le cose in Italia bisogna essere longevi è altrettanto vero che i tempi corrono velocissimi e la sforbiciata è d’obbligo se i conti non tornano. 

Tuttavia non sono mancati il Buono il Bello e l’Interessante della Festa. Eccoli : 

 

Rome MIA  market draws strong industry presence (with new concept comprising movies,TV, videogames). Sia lodata Variety che così ha titolato citando l’oscuro lavoro dei 546 produttori,300 buyers,122 sales manager,350 commissioning editor con corredo di uffici stampa e legali in cospicuo spiegamento al Mercato dell’Audiovisivo.Altro che Cinema laggiù nelle retrovie.

Ridendo e scherzando è il titolo del documentario su Ettore Scola curato dalle di lui figlie  Paola e Silvia. Come da imposizione paterna, il sacro terrore che  Retorica, Nostalgia  Spirito Celebrativo prendesse loro la mano, ha sortito l’effetto conferendo ritmo e leggerezza al racconto :  cinquant’anni di cinema attraverso un minuzioso lavoro di collazione in cui si sono fatti entrare spezzoni e materiali da cineteca ma anche i filmini di casa. Filo conduttore una lunga e a tratti esilarante conversazione tra Pif e Scola comodamente adagiati nelle poltrone del cinema più piccolo di Roma.

Filmstudio mon amour –  Tony D’Angelo ricostruisce la storia di quello che considera un suo luogo di formazione. Vita e soprattutto Miracoli ( morte no,magari un breve coma con Resurrezione) di due salette in un cinema un po’ defilato di Trastevere.D’Angelo non ne fu direttamente testimone, avendo cominciato a frequentare il Filmstudio negli anni 2000, tuttavia la ricostruzione coglie in pieno lo spirito del tempo e del luogo.Materiali d’archivio e interviste per raccontare gli illustri  spettatori : Alberto Moravia, Bernardo Bertolucci, Paolo ed Emilio Taviani, Dacia Maraini,Pier Paolo Pasolini, Eric Rohmer, Michelangelo Antonioni, Jean Luc Godard, Straub Huillet,  le importanti scoperte di opere prime memorabili  : Nanni Moretti con Io sono un autarchico,  Wim Wenders con Nel corso del tempo entrambi  proiettati al Filmstudio in anteprima nazionale.Tutti gli spettatori sapevano che lì avrebbero trovato  cose mai viste, rassegne che non si sarebbero potute vedere in nessun altro luogo, che sarebbero approdati una specie di altrove del cinema indipendente,del cinema femminista,del cinema sperimentale.Ma questa è anche la storia di una città vivace che tutto ciò accoglieva con interesse. Quelli/e del Filmstudio realizzavano tutto ciò senza tante storie, senza avere l’aria di stare a scrivere un Capitolo Irrinunciabile e Definitivo della Storia del Cinema, con entusiasmo d’epoca ed incredibile naturalezza. Tony D’Angelo se ne è accorto.

Hitchcock Truffaut  Uno dei libri più esaustivi e piacevoli sul cinema di Hitchcock –  Il cinema secondo Hitchcock di François Truffaut – diventa documentario grazie al talento di Kent Jones direttore del New York filmfestival e coautore con Martin Scorsese  di Viaggio in Italia.Tutta la filmografia di Hitchcock su una sorta di tavolo settorio intorno al quale si avvicendano gli estimatori più acuti da Peter Bogdanovich a Martin Scorsese a Paul Shrader a Wes Anderson ciascuno con una visione interpretativa propria .E se all’epoca il libro rappresentò una sorta di riabilitazione del regista cui si riconosceva esclusivamente un gran mestiere non certamente l’Arte, oggi che Hitchcock non ha più bisogno di operazioni risarcitorie, possiamo tranquillamente aggiungere quel come lui nessuno mai che del genio è la differenza.

 

 Pasolini,il corpo e la voce. Nel quarantennale della morte prepariamoci alla visione/lettura/ di inevitabili santini. Questo documentario non potrebbe esserlo nemmeno se ci provasse : Pasolini  senza altre mediazioni parla di sé  del suo cinema della sua poetica. Precipitato di 60 ore di materiali  delle teche RAI a cura di Maria Pia Ammirati, Arnaldo Colasanti e Paolo Marcellini, realizzato con la consulenza di Graziella Chiarcossi, ( in visione su RAI UNO il primo novembre)

Il cinematografo è una malattia ! Altra conversazione, questa volta tra Francesco Rosi e Giuseppe Tornatore.La lunga dichiarazione d’amore per il cinema di entrambi ne fa quasi un film sentimentale. Su Youtube (da notare il Leone alla carriera  usato come press papier,l’espressione di Rosi quando dice Visconti mi ha insegnato tutto.Tutto.La  terrazza fiorita sulla Grande Bellezza)

Showbiz Protagonisti sono gli autentici Massimo Marino e Riccardo Modesti già conduttori di programmi in televisioni private romanesche da estreme propaggini del telecomando,Shultz ex microfonista intruppone del Costanzo Show e Stefano Natale amico storico di Carlo Verdone e prototipo di Mimmo da Un sacco bello. Ex personaggi da lato B della Grande Bellezza per dirla con Luca Ferraro ,il regista, che di questi personaggi segue le attuali mosse  tra Magliana e Tangenziale Est nei rispettivi appartamenti non propriamente con vista Colosseo o nei concorsi di provincia con improbabili Miss Tanga sponsorizzate dal Panificio quando non dalle Pompe Funebri, tra ricordi di un passato che tanto glorioso non è stato ma vissuto come tale rende il presente meno amaro. Produce Valerio Mastandrea.

Nell’illustrazione  Jude Law pallido, assorto e pontificale (Andrew Medichini da il Post)

segue (con i film)

 

 

 

 

 

Un pensiero per Theo

Un pensiero per Theo

Theo lo sguardo vlcsnap-2012-06-15-23h43m15s129Una chiatta attraversa il Danubio trasportando i tronconi di una gigantesca statua di Lenin prelevata da chissà quale piazza e destinata a chissà dove e chi .Passa  dunque sotto ai nostri occhi la metafora del tutto esplicita di un’altra frantumazione che il protagonista, il regista A. puntualmente annota come tappa del suo viaggio alla ricerca delle bobine di un film girato dai fratelli Manakias.Dalla Macedonia attraverso i Balcani terminando in una  Sarajevo spesso immersa nella nebbia : un film malinconico e pieno di nostalgia proprio come immaginiamo dovesse essere  lo Sguardo di Ulisse acuto e perso in una ricerca tra passato e  futuro.

Premiato a Cannes 95 con il Gran Premio della Giuria,Interpretato da Harvey Keithel  e Erland Josephson che sostituì Gianmaria Volontè morto d’infarto durante le riprese.

La parola di Theo Angelopoulos, oggi più che mai, ci manca.

 

Lo sguardo di Ulisse è un film di Théo Angelopulos. Con Harvey KeitelErland JosephsonMaia Morgenstern Titolo originale To vlemma tou OdysseaFantasticodurata 130 min. – Grecia, Francia, Germania, Italia 1995

Wouldn’t you like to know! Maybe it’s Marilyn Monroe!

Wouldn’t you like to know! Maybe it’s Marilyn Monroe!

Marilyn quando la moglieThe seven years itch che qui  da noi divenne Quando la moglie è in vacanza, presumibilmente  perché all’epoca i pruriti del settimo anniversario non erano ancora entrati nell’ immaginario nazional- collettivo ,  oggi compie 60 anni.

La foto qui sopra ritrae Marilyn in attesa del ciak mentre indossa  un abito bianco destinato a divenire  cult nel cult.

Di lì a poco, posizionata su una grata della sotterranea,  il plissè soleil della gonna si gonfierà per lo spostamento d’aria procurato dal passaggio del treno.Il fotogramma successivo è un capitolo fondamentale della Storia del Cinema.

Mi piace ricordare con questa foto l’attimo che precedette quel ciak, lei che ci riflette, la troupe concentratissima, (i fuori campo) Billy Wilder e Tom Ewans – straordinaria scelta,quest’ultimo,di identificabile uomo qualsiasi alle prese con una divinità – e la 20th Century Fox.

Grazie a tutti loro.

 

Foto da movieplayer.it

Tutti i battiti del mio cuore

Tutti i battiti del mio cuore

Cannes 2015 Audiard

Veramente il titolo originale di questo vecchio film del vincitore Audiard era  De battre mon coeur s’est arrêté .Il che sarebbe stato più adatto alla delusione di non aver riportato a casa manco una palma minore ma il premio non era nell’aria e lo spiegamento francese lasciava prevedere quel che poi è successo. Diciamo che il cuore  ha avuto tempo di abituarsi.

Tuttavia, palme o non palme, di lì sono passati egualmente il Talento, la Creatività e la Bellezza dei nostri Minervini, Garrone, Moretti, Sorrentino nonché il Genio di Luchino Visconti con la copia restaurata di  Rocco e i suoi fratelli, un film tanto vivo da non poter raccontare solo quel che siamo stati.La Patria è dunque salva.I buoni risultati delle vendite hanno contribuito sensibilmente a smaltire la delusione.

I criteri di assegnazione dei premi,del resto, sono sempre imperscrutabili,qui una giuria più artistica che tecnica ha decisamente operato una scelta in direzione delle tematiche sociali più urgenti attribuendo a Jacques Audiard  con il suo Dheepan la Palma d’oro.Film dunque sull’immigrazione dal punto di vista dei fuggitivi che rubano documenti ai defunti e improvvisano famiglie per rendere più facile l’accoglienza negli agognati paesi in cui  sperano di trovare una vita migliore :  si scappa dalla violenza con l’idea martellante ed inestirpabile di raggiungere un posto sicuro e si finisce per  ritrovare altra violenza, altra emarginazione, altro dolore.Perché è proprio quando le cose sembrano sistemarsi attraverso la conquista di umili lavori e di una casa che  si ripiomba nell’incubo della banlieu in cui imperversano le gang degli immigrati di seconda e terza generazione.Ed è a questo punto che l’istinto guerriero riaffiora con risultati tutti da vedere.

Il racconto non manca di qualche eccesso,poca roba rispetto ad una regia di alto livello, capace di esplorare conflitti culturali e  di classe  ma anche l’estrema delicatezza dei sentimenti, soprattutto di mantenere intatto lo spirito delle Lettere Persiane di Montesquieu – cui dicono di ispirarsi gli autori –  in quel guardare la realtà cogliendone aspetti che solo uno straniero privo di condizionamenti può ravvisare.Ne emerge un quadro della società francese altamente veritiero.

 I Salvini dell’aiutiamoli a casa loro e il più apparentemente raffinato ma non meno  egoista e volgare ministro Valls che vuole rafforzare le polizie di frontiera e rifiuta di accoglierne altri perché ne ha già abbastanza, dovrebbero essere sottoposti a un po’ di Cura Ludovico.Il film potrebbe essere questo. La musica possono scegliersela.

 

 

Dheepan è Un film di Jacques Audiard. Con Vincent RottiersMarc ZingaJesuthasan AntonythasanKalieaswari Srinivasan. Francia 2015 Distribuisce la Bim