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A tutta pagina (ma che belle che sono..)

A tutta pagina (ma che belle che sono..)

La prima pagina allude ad una celebre pubblicità.

La seconda ad un noto conduttore.

La terza è dedicata ad una ministra.

La quarta agli studenti…

Oggi, abituale giorno di riposo, il Manifesto esce egualmente. Solo  con quattro vignette firmate Vauro. Una per pagina. A tutta pagina.

Tanto non le pubblico. Che aspettate?

 

E poi..

E poi..

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Del generale clima di Restaurazione, l’ Uomo di Potere, oramai invecchiato, ancora non del tutto fuori dal Gioco – sebbene nell’impossibilità di condizionarne le regole – e che prende a  straparlare, è il classico coronamento.

Nei casi letterari –  siamo a Shakespeare o ai tragici greci, il repertorio è quello –  il manifestarsi della (lucida) follia, induce il pubblico a  riflessioni importanti.

Ma Cossiga tutto è fuori che folle, lo sembrava assai di più quando invece di mandare lettere al capo della polizia e per conoscenza ai giornali, impartiva al medesimo, ordini di servizio un po’ meno manifesti.

Fin qui però nessuna novità, a meno che non si consideri sensazionale che l’ordine pubblico, sotto il suo ministero, fosse governato da un’unica Ratio: creare caos e disorientamento.

Qualcosa che sta alla Verità come i poliziotti armati e travestiti da manifestanti  stanno alla tutela delle garanzie costituzionali.

Cossiga teme che il diffuso consenso, la simpatia che questo nuovo movimento degli studenti, naturalmente ispira, destabilizzi l’ordine costituito. Chissà come mai i movimenti in partenza sono tutti lieti e non violenti e poi…

Si provi a leggere il suo ultimo scritto in questa chiave e tutto torna, compreso l’e poi… carico di responsabilità statali. Allora.

Cossiga dovrebbe dire chi sparò a Giorgiana Masi al culmine di una giornata – 12 maggio 1977 –  durante la quale, dati gli eventi, la vittima era sembrata a noi tutti, nel conto .Otto ore di scontri. Manco in guerra.

E passi che le dinamiche sono note e le foto e le controinchieste e il resto ma questa storia della vittima che serve alla causa dello Stato non è solo esibito cinismo. E nemmeno il delirio di un vecchio. Se in tali frangenti, mi piacessero le interpretazioni psicoanalitiche, potrei definire ciò,  impulso a confessare, quello che travalicando il consapevole, prepara il terreno alle  rivelazioni.

Ma Cossiga non dirà proprio nulla, interrogato varie volte, ha risposto che non vuol creare altro dolore. Probabilmente desidera solo essere parte del progetto di restaurazione di cui si diceva all’inizio, un programma a cui ha fornito un decisivo contribuito, insieme ad altri che, diversamente da lui,  preparavano la discesa in campo, iscrivendo il proprio nome in liste segrete.

Forse un ciclo che si pensava chiuso, si sta invece concludendo in questo periodo.

Nella foto, credo l’unica disponibile, Giorgiana Masi, scriminatura al centro e abitino fantasia, nel broncio della fototessera, incredibilmente simile a moltissime ragazze di allora

Tutto in un decreto

Tutto in un decreto

A questo punto, il  decreto divenuto legge, non ha più misteri. In una settimana e più dibattiti, iniziative e cortei, avevano già fornito elementi sufficienti. Definitivi sono stati poi, gli argomenti del Ministro e le dichiarazioni di voto che si sono alternate in Senato, con le quali si conferma che il provvedimento realizza economia uguaglianza e qualità, elimina gli sprechi ma anche ataviche ingiustizie e connaturate storture, aumenta, salari, tempo scuola e ristruttura, ponendoli a norma, edifici.

 Otto miliardi (in decremento) e otto articoli di un decreto attuativo della Finanziaria. Voilà. L’ignominia di essere pari merito o giù di lì con la scuola cilena – smorfie di disgusto quando la si nomina – nelle graduatorie internazionali, sarà cancellata. Attraverso quali strategie, non è scritto nella legge e quanto invece viene detto da parte di esponenti del governo, rigorosamente in sedi non istituzionali, non scioglie nodi logici e, in qualche caso, sin aritmetici. Forse era questa una materia da far transitare in Commissione più che nei talk show, in Parlamento più che a Uno mattina. Invece nemmeno il sindacato ha avuto modo d’interloquire. Se ne deduce che l’esigenza di recuperare risorse, di fare cassa,  ha prevalso su ogni altra considerazione. A Tremonti servivano otto miliardi per far quadrare i conti, ecco tutto. Decreto l’estate scorsa, decreto oggi. Opposizione e parti sociali non potevano limitare la propria contrarietà alla sede televisiva.

Per questo se la piazza, ancorchè educatissima e paziente, rispetto a quelle sin qui conosciute, ha alzato la voce, non c’è di che stupirsi, ne’ di stracciarsi le vesti indignati per presunte strumentalizzazioni, connessioni con il cotè accademico più retrivo e altre ricattatorie pretese. Ne’, se miracolosamente, rispetto al disastro e ai posti di lavoro a rischio, si materializza di nuovo, l’unità sindacale. 

E se il PD offre sponda politica a chi pur geloso della propria autonomia, porta avanti una battaglia per i Diritti, non fa che fare il suo mestiere di forza di opposizione parlamentare. Tutto è molto più semplice di quanto non ci venga, romanzescamente, raccontato.

Dunque anche questo decreto sulla scuola è un nuovo efficace compendio di come stanno messe le cose : un consenso elettorale utilizzato come presa del potere, idiosincrasia per il controllo democratico e le voci di dissenso, la massima espressione  della politica spot in cui da provvedimenti scarni si vogliono far discendere panacee che manco rivoluzioni copernicane potrebbero produrre. Un uso dei mezzi d’informazione per ripetere fino all’ossessione – i politici ed alcuni commentatori oramai usano la stessa scaletta e pure gli stessi linguaggi – che tutto quello che questo governo fa  è straordinariamente nuovo  rivoluzionario e moderno e chi non è d’accordo con i baroni e con gli sprechi

Che sfinimento. Serve chiudere il corso universitario sul cane e sul gatto? E che lo chiudano. Serve mandare a casa il barone la baronessa  e i di loro congiunti? E che li caccino. Servono regole più appropriate per il reclutamento dei docenti? E che le scrivano. Ma non vengano a raccontare che con quel decreto o con la legge 133 tutto ciò accadrebbe in automatico perchè NON E’ VERO.

I conti con il passato

I conti con il passato

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Mi pare che Cossiga, nella  lucidissima intervista rilasciata ieri a Quotidiano Nazionale,  abbia chiarito a sufficienza quali  intenzioni e strategie sottendesse la gestione dell’ordine pubblico, all’epoca della propria missione di responsabile degl’Interni. Ragione di più per continuare ad interrogarsi e a discutere su quel passato, senza censure, o rimozioni magari  istigate da ricatti che hanno a che fare più con il presente dibattito politico,  che con la ricerca della  verità.

L’indagine è  tanto più necessaria quanto più coni d’ombra ancora offuscano lo scenario e ne inibiscono la piena comprensione. Al di là di ipotesi fantasiose o complottiste, va precisato che di quel periodo noi conosciamo – l’ha ribadito mille volte Maria Fida Moro, –  solo le verità processuali, niente di più.

Preoccupante dovrebbe essere dunque,  la posizione del ministro della cultura Bondi che – senza avere visto il film – ha dichiarato, l’estate scorsa, le sue intenzioni di rifiutare il contributo pubblico a documentari o fiction che indagando sul tema del terrorismo ne coinvolgano i veri protagonisti. Ho dato precise disposizioni perché in futuro lo Stato non finanzi più prodotti filobrigatisti . Altrettanto inspiegabili sono le timidezze e i pudori dei responsabili del Festival del Cinema di cui il film " Il sol dell’avvenire " è ospite nella sezione L’altro Cinema Extra-CineClub/Il Cinema del Reale , ad ammetterne la presenza nel Programma.

Soprattutto perchè, a scanso di equivoci,  nessuna esaltazione della violenza, ne’ toni trionfalistici, ne’ allusivi,  ne’ mitizzazioni rievocative vi sono contenute. L’ambiguità non ha cittadinanza in  questo lavoro che s’incarica di ricostruire con attenzione, il clima di quegli anni, partenza necessaria per ogni indagine storica che si rispetti.

E nel clima di quegli anni, insieme agli efferati delitti compiuti  dai terroristi,  non mancavano degenerazioni istituzionali, stragi immotivate, momenti di inaudita repressione. Raccontare questo, significa giustificare il terrorismo? Significa considerare  l’intero fenomeno come una reazione alla violenza dello Stato? Ma nemmeno per idea.

Otto militanti delle lotte degli anni tra il 60 e il 70 – cattolici, socialisti, anarchici, comunisti – s’incontrano, trascorsi quarant’anni, nell’ Appartamento, cioè nel luogo in cui nel 1969, usciti dal Partito Comunista hanno condiviso la fase di riflessione che darà vita  a scelte politiche differenti. Tra loro ci sono  anche Alberto Franceschini, Tonino Loris Paroli e Roberto Ognibene, ex brigatisti che oggi hanno pagato il loro debito con la Giustizia, scontando interamente la pena. Lo stile rigorosamente documentaristico, svolge qui in pieno,  il suo compito, enunciando i fatti senza aderire ad alcuna tesi, senza ammiccare allo spettatore, orientandolo su questa o quella interpretazione, ma ponendo problemi, aprendo senza indulgenze di sorta, uno spazio a questioni irrisolte.

 Si va a vedere questo film ben sapendo che  se ne ricaveranno sensazioni che sfiorano il fastidio . Come quando nel corso della proiezione si fa strada l’interrogativo se siano o meno  le BR, un ennesimo ritratto dell’album di famiglia della sinistra italiana, non nell’accezione sciocca e riduttiva dei compagni che sbagliano ma come esito di una cultura e di una tradizione, sebbene in forma degenerativa. Ma questi fastidi sono neccessari : fare i conti con il passato, è in primo luogo un passaggio obbligato nella costruzione di un’identità. Sfuggire non servirebbe.

Liberamente tratto dal libro di Giovanni Fasanella e Alberto Franceschini Che cosa sono le Br, il  Sole dell’Avvenire è un documentario dello stesso Fasanella e  Gianfranco  Pannone.

Marietta monta in gondola

Marietta monta in gondola

gondolaromegiftshop_2021_11089450Poichè di qui a un mese, c’è una tornata di scioperi da riempire buona parte delle caselle del calendario, ieri sera Bruno Vespa, per giusto contrappeso, ha creduto bene di celebrare le gesta del governo in carica. Convocati alla bisogna :  il ministro più mediatico e operativo che c’è ( non so se sia ancora il più amato o se sia stato soppiantato da altro personaggio) , l’esponente dell’Opposizione più educato del mondo, la segretaria del sindacato idealmente più contiguo al governo, il direttore del giornale di centro sinistra più charming e moderato del panorama editoriale e infine un attore di tutto rispetto in veste di comico, perchè un tocco d’ironia ci sta bene, ma che in quel contesto, poichè tutti i posti erano stati occupati, gli è toccato sedersi dalla parte del torto e ricoprire lui da solo, l’ingrato compito dell’Opposizione intransigente.

Ovviamente si è parlato di pubblico impiego quindi dell’unico inconveniente in materia : i fannulloni e i furbacchioni. Sono state mostrate code agli sportelli, lunghe da qui a lì e sotterranei di pubblici edifici ingombri di documenti abbandonati e sporcizia.Tutta colpa degl’inetti impiegati che invece di ripulire, vanno in vacanza al mare per curarsi l’artrosi, esibendo certificato di malattia. Dei dirigenti mai.

Mentre invece, nelle situazioni definite "di eccellenza " – asl  di Siena –  è stato intervistato un bel Capo, tirato a lustro, che con l’occasione, si è beccato tutto il merito e anche gli elogi del gentile pubblico.

Contro il malcostume, una serie d’interventi messi a punto dal ministro che  avrebbero riportato sul posto di lavoro parecchi latitanti. Come se questo di per sè bastasse a riqualificare i servizi che, qualora mal funzionanti per questioni strutturali , continuerebbero ad essere tel quel, con buona pace  dell’organico cosidetto lordo, in servizio effettivo permanente.

Ma vaglielo a dire a chi,  senza la presenza di un qualunque  nemico da abbattere, non riesce nemmeno ad emettere una circolare.   Tuttavia, non sono mancati momenti toccanti, come quando al ministro sono state mostrate le immagini – carramba che sorpresa !- di un servizio girato nella  sua Venezia, corredate da interviste ai di lui congiunti e al vecchio maestro (unico), più una serie di foto sbiadite con assorimento di care memorie  a piacere. E poichè l’attività della famiglia Brunetta era, in tempi andati,  concentrata in una rivendita di souvenirs, anche la bancarella relativa. Tutto ciò, mentre scorrevano le immagini sovrimpresse dell’interessato  (più visibilmente che mai) commosso. Con l’occhio lucido dal quale sgorgavano incontenibili,  autentiche lacrime. Eh si. Son momenti… meritevoli, come se non bastasse, di un  colpo di scena a suggello: l’ingresso in studio di una vera gondoeta (de plastica, ostrega) , con le lucine e i fregi d’oro, proprio uguale a quella che si vendeva nella bancarella di cui sopra. Il ministro ne ha sin illustrato i difetti di fabbricazione, azzardando un giudizio estetico – orribili – Che gusto impeccabile, avranno osservato gli spettatori . Sipario, applausi, titoli di coda.

Ma se le cose stanno così, perchè perdersi in inutili scervellamenti :  cioè, se dal punto di vista dell’informazione sia più efficace il docu drama, l’infotainment o lo stile minimal di Report. Porta a Porta è la sintesi al basso, di tutti questi generi: più lo spirito dei documentari celebrativi di Leni Riefenstal, della telenovela, della fiction, del noir e del fantasy. Manca l’animazione, ma il vignettista organico, è già sul posto ad annunziare altre rivoluzioni.

Un Oscar, un premio, un riconoscimento, al montatore che affianca i palmizi della vacanza  presunta a sbafo, al sotterraneo dell’ufficio ingombro, è do-ve-ro-so. Perchè quello che si vede alla sera tardi sul primo canale, è cinema, mica storie. Un altro premio, per piacere,  a chi ha redatto il servizio " Chi è davvero il ministro ", riuscendo ad omettere quella non trascurabile parte della sua  biografia, in cui è stato consulente economico dei più dispendiosi, dal punto di vista della spesa pubblica, governi presieduti da Bettino Craxi. 

 Altro che impassibili osservatori e giuste distanze, altro che separazione tra fatti e opinioni. Sbagliano quelli che pensano di poter capire l’aria che tira, anzi lo Zeitgeist, privi dell’ausilio di quell’importante strumento che è la trasmissione di Vespa. L’informazione è tale se dimostra la tesi con i fatti . Ma tutto il programma – in questa circostanza, quasi  privo di contraddittorio – è stato confezionato per far credere allo spettatore che i fatti fossero  le palme connesse all’immondizia dei sotterranei, con qualche raro esempio di buon funzionamento ( peraltro molto costoso, come è stato sottolineato, trattandosi di un ‘amministrazione di sinistra, una stoccatina ci voleva ) Mentre invece tutto ciò è solo una parte infinitesimale di una realtà che magari è assai più drammatica – chiunque munito di buon senso sa che non basteranno provvedimenti  a caso, a sanarne le storture –  ma che comunque non è quella rappresentata.

Ma il vero dramma in questi frangenti, consiste nella difficioltà di sobbarcarsi l’onere di un contraddittorio, pena la noia dei distinguo,  acuita dal  contesto ottimista, entusiasta e fringuellante o peggio l’essere  tacciati per difensori dei disonesti, da espedienti dialettici assai in uso presso gli esponenti dell’attuale governo. Mai vista la Polverini camminare sulle uova come ieri sera. Polito, piazzare un timido concetto ogni mezz’ora e l’esponente dell’Italia dei Valori offrire collaborazione su tutta la ruota. Manco fossimo alla cena della Vigilia.

Ne’  è stato sufficiente il talento di un Paolo Villaggio – troppo raffinato – per contrastare la rozzezza dell’orchestrazione . E se nemmeno la satira riesce a smontare l’impalcatura, siamo messi male.

Infelice deriva del servizio pubblico che non riesce a darsi regole quando si tratta d’informazione ( non vale solo per Vespa) e che comunque fa della manipolazione un principio guida. Si dirà che esistono altre trasmissioni in Rai, ma il rigore della Gabanelli o di Iacona non riescono ad essere un reale contrappeso a certe forme di depravazione, oramai giunte ben oltre l’esaltazione della politica-spettacolo.