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Sessanta !

Sessanta !


Gli articoli della Costituzione che proprio oggi compie sessant’anni, si  rivelano sempre più  uno strumento potente ed efficace per affrontare e risolvere problemi più complessi dell’organizzazione sociale, della stessa vita quotidiana. Gli esempi sono davanti a noi :  Un semplice articolo della Costituzione che è poi quello che, riconoscendo il diritto alla salute, vieta di imporre trattamenti che contrastano con il rispetto della persona umana, proscioglie l’anestesista del caso Welby  . Successivamente la Corte di Cassazione, riprendendo indicazioni della Corte Costituzionale, ha poi ribadito che il diritto alla identità sessuale è fondato sull’articolo 2, che tutela la libera costruzione della personalità. Nella discussione sulle coppie di fatto è sempre l’articolo 2 a ricordarci che devono essere tutelati i diritti derivanti dal far parte di una formazione sociale.Ultima in ordine di tempo arriva l’ordinanza, con valore di sentenza, che contraddice la legge sulla fecondazione assistita. Il giudice ha accolto il ricorso di una coppia e ha stabilito che le linee guida che vietano la diagnosi preimpianto degli embrioni sono inapplicabili perché contro la legge stessa e contro la Costituzione. È possibile quindi la diagnosi preventiva se c’è il rischio di trasmettere una grave malattia genetica, è lecito rifiutare il numero obbligatorio di tre embrioni se una gravidanza gemellare può compromettere la salute della donna. Questi casi che, insieme a molti altri, smentiscono la tesi di una Costituzione inattuale anche nella sua prima parte. Invece La Costituzione si conferma sempre più capace di guardare lontano, tanto che sono proprio i problemi posti dai mutamenti culturali e dalle novità tecnologiche a trovare risposte nelle norme costituzionali, senza che sia sempre necessario ricorrere a nuove leggi. Ed è la forza dei valori in essa riconosciuti che smentisce anche la tesi di una società priva di riferimenti forti, prigioniera ormai di derive relativistica. Ma ci sono anche altre conferme dell’attualità del modello costituzionale italiano. Analizzando qualche tempo fa i problemi delle identità nazionali e dell’integrazione, Jean-Paul Fitoussi ha scritto  L’uguaglianza di fronte alla legge è certamente un principio essenziale, ma debole; che andrebbe quindi completato con una concezione più esigente dell’ uguaglianza, grazie a un impegno della repubblica proporzionale all’entità dell’handicap di ogni suo cittadino, per liberarlo dal peso della sua condizione iniziale. Ma questo è esattamente lo schema che si ritrova nell’ articolo 3 della Costituzione che, ribadito il principio dell’eguaglianza formale, lo integra appunto con l’obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Un’indicazione, questa, particolarmente importante per cogliere la dimensione complessiva dell’eguaglianza, non riducibile alla parità delle condizioni di partenza. Proprio le innovazioni scientifiche e tecnologiche impongono la considerazione dell’eguaglianza come risultato. Ad esempio, per garantire effettivamente l’accesso alle cure e ai farmaci, l’accesso alla conoscenza reso possibile da Internet non basta affermare in astratto il pari diritto di ciascuno, se poi le condizioni materiali e culturali creano condizioni di disuguaglianza e di esclusione. La Costituzione rivela così una specifica virtù. Obbliga a fissare lo sguardo su un orizzonte largo, a valutare l’intero contesto in cui si collocano le questioni da affrontare. A qualcuno, tuttavia, questo contesto appare incompleto, amputato da una adeguata considerazione del mercato e della concorrenza, che meriterebbero una più adeguata dignità costituzionale. Ma è davvero così? La libertà dell’iniziativa economica privata è affermata esplicitamente in apertura dell’articolo 41, e questa formulazione dovrebbe essere ritenuta soddisfacente da chi vuole che il mercato abbia un suo spazio costituzionale. Certo, quell’articolo afferma poi che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con la sicurezza, la libertà, la dignità umana: e qualche avventato riformatore ha proposto di riscriverlo eliminando ogni vincolo o limite all’attività d’impresa.

Ma i nuovi interventi legislativi sollecitati dal dramma delle morti sul lavoro confermano l’attualità e l’essenzialità, dunque l’ineliminabilità, del riferimento alla sicurezza. É il limite rappresentato dal rispetto della dignità è un segno ulteriore della lungimiranza della Costituzione. Due anni fa la Corte di giustizia delle Comunità europee, un organo certo non sospetto di ostilità al mercato, ha adottato proprio la linea indicata dall’articolo 41 fin dal 1948, affermando che il principio di dignità deve essere sempre tenuto presente nel valutare la legittimità delle attività economiche. Ancora. La vita quotidiana ci parla del precariato. Ricordiamo, allora che l’articolo 36 stabilisce che la retribuzione deve garantire al lavoratore ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Questa norma è già servita per respingere la tesi di chi pretendeva che la legittima misura della retribuzione fosse solo quella che si limitava a garantire la mera sopravvivenza del lavoratore. Oggi ci ricorda che nessuna esigenza produttiva può giustificare la miseria salariale alla quale sono costretti tanti lavoratori; e che le tanto invocate politiche della famiglia non possono consistere solo in interventi pubblici, ma esigono pari attenzione per il modo in cui si configurano concretamente i rapporti tra dipendenti e datori di lavoro. Questa lettura della Costituzione non serve soltanto per sottolineare l’attualità della sua prima parte (altra questione è la buona «manutenzione» della seconda parte). Ne conferma la vitalità nelle aree più sensibili della vita sociale, nelle materie in cui più acute si manifestano le esigenze individuali. Una progressiva e crescente vicinanza della Costituzione ai cittadini può divenire una via per riconciliarli con le istituzioni. Una impresa che sembra troppo spesso disperata, ma che non può essere abbandonata, a meno che non ci si voglia rassegnare ad una definitiva regressione culturale e politica, ignorando anche la nuova penetrazione nella società dei principi costituzionali.
Ma l’auspicabile consapevolezza culturale e politica esige un’attenzione intensa per un’interpretazione della Costituzione che ne utilizzi le potenzialità per dare risposte alle nuove domande ininterrottamente poste dalle diverse dinamiche che percorrono la società. Che cosa diventa la libertà di circolazione in un mondo sempre più videosorvegliato? La libertà di comunicazione quando si conservano tracce di ogni nostro contatto elettronico? La libertà di manifestazione del pensiero nell’era di Internet? La libertà personale quando si moltiplicano le forme di controllo del corpo? E bisogna guardare alla conoscenza come bene comune, alla Rete come il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto, ai nuovi intrecci tra genetica e costruzione del corpo, alla questione ambientale che in Italia fu possibile affrontare proprio partendo dalle norme costituzionali su paesaggio e salute. Questioni ineludibili. Se libertà e diritti non vengono considerati nel nuovo ambiente tecnologico, si rischia una drammatica riduzione delle garanzie costituzionali. Le capacità prospettica della Costituzione deve essere utilizzata per mettere a punto una agenda dei diritti consapevole di un futuro che è già tra noi. L’annunciato rinnovamento della politica deve guardare in questa direzione.

 

Tina

Tina

Tina, ospite di Matrix in collegamento dalla sua abitazione ,  racconta la sua storia con la schiena appoggiata ad un mobile sul quale è stato sistemato un presepe che i bambini le avevano chiesto in anticipo sulla data prescritta. La sua severità non lascia spazio ad indagini inappropriate sugli stati d’animo che accompagnano il lutto. Così, tirerà diritto fino alla fine della trasmissione con gli occhi asciutti parlando il necessario, dunque dicendo molto con quel porre al centro del suo racconto i fatti. La condizione di Tina, vedova recente di Antonio, e della sua famiglia, a noi viene generalmente  raccontata per spot ripetitivi ai margini di talk show di ministri ed esperti  – salari i più bassi in Europa ! La benedetta quarta settimana. Dismissioni. Flessibilità. Precariato. Sicurezza . Ecco perchè, da ieri sera ,  al di fuori degli enunciati e delle semplificazioni, la strage alla Thyssenkrupp assume altri connotati. Ed è Tina con la sua rinuncia alla terminologia e agli atteggiamenti di circostanza a tirarci per la manica e a ricondurci alla realtà delle cose, per fare questo sono sufficienti la sua compostezza ed  alcuni stralci di vita quotidiana : dai contrasti col marito che lavorava troppo alle apprensioni per il rientro o l’andata sul tratto di strada che separa casa sua dalla Thyssenkrupp. Settanta chilometri . Le conclusioni di chi sta ad ascoltare sono semplici : Da qualche parte, noi consentiamo che la dismissione di un impianto delle acciaierie , avvenga senza alcuna programmazione, come fosse un’attività  da poter destinare a  naturale esito senza procurare danno. Eppure sono note ai dotti capitani d’industria tedeschi  e non e ai loro consulenti, le ricadute che insistono su simili eventi, sfilacciamento dell’organizzazione del lavoro,quantitativi di ore di straordinario dissennate fino al raddoppio del singolo turno,abbandono di ogni pratica di manutenzione e sicurezza anche la più elementare.Tanto si deve chiudere, a che serve investire ? Così come stanno i fatti sarebbe stato un miracolo se l’incidente NON fosse avvenuto. Allora un Consiglio dei Ministri, i decreti attuativi, l’inasprimento delle pene ai trasgressori , lo stanziamento di fondi per le famiglie delle vittime, non bastano.Ai tavoli e ai tavolini governativi manca il Convitato di Pietra, il maggior interlocutore e in molti casi Responsabile : manca la Confindustria alla quale rammentare che i benefits ricevuti  da questo Governo, erano destinati alle Imprese per creare Sviluppo, non funerali. Sotto questo aspetto il lancio di uova all’indirizzo dell’Unione Industriali ieri a Torino è francamente il minimo che potesse accadere .Tina ha fatto bene a mostrarsi in pubblico e a dire dolorosamente la sua, compresa,allentato solo per un attimo il riserbo, l’unica preoccupazione : quella di essere dimenticata.

Antonio, Roberto, Angelo, Bruno (Acciai Speciali Terni )

Antonio, Roberto, Angelo, Bruno (Acciai Speciali Terni )

AntonioDi lavoro non si deve più morire.Certo.Ma di lavoro non si dovrebbe nemmeno vivere perché non c’è estintore carico e norme di sicurezza che tengano..alla quarta ora di straordinario cioè alla dodicesima di servizio, Ferriere , ThyssenKrupp in dismissione, a tirare gl’impianti più che si può , fino a farli scoppiare, ore due del mattino, criminale è il modello produttivo, quello economico e quello sociale. E allora più insultante della retorica è chi appunta l’attenzione sulle Regole che ci sono e sulle quali semmai sorvegliare,spostando il tiro su uno degli effetti , rimuovendo così dalla coscienza la Causa. Adesso arriveranno i risarcimenti e le donazioni (chissà se una volta spente le luci invece, ci scapperà una pensione) perchè questi quattro ragazzi sono morti sul palcoscenico giusto,al momento opportuno ma che ne è delle novecentottanta famiglie alle quali quest’anno il Lavoro ha sottratto  un congiunto ?

Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino e Bruno Santino,per trovare i loro nomi e cognomi sui giornali ho durato fatica, mentre invece abbonda tutto il resto del corredo.

Antidoti minoritari

Antidoti minoritari

Impegnata com’è a dar conto delle nascite di nuove formazioni,nuove ipotesi di riforme elettorali,nuove dichiarazioni e nuovi possibili scenari,la stampa ha quasi sorvolato sul rapporto annuale del Censis. Men che meno, se ne è accorta la Politica (antagonista,di governo, più o meno impegnata in assise , esecutivi e convegni ) che a fronte di espressioni forti ed allarmanti  che definiscono la società  poltiglia di massa impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e, di conseguenza, particolarmente indifferente a fini e obiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa, non ha fatto una piega incassando l’inevitabile conclusione e cioè che l’intera società civile non è migliore della sua politica e della sua economia.Ma non basta : il benessere piccoloborghese degli ultimi decenni ha creato un monstrum alchemicum che ci rende impotenti come ad una generale entropia.Tant’è.E mai come questa volta il linguaggio del Rapporto trova rispondenza nella sensazione diffusa di una deriva verso il peggio in ogni campo della vita sia individuale che collettiva. Ne’ è lecito sperare in antidoti poichè  – prosegue il Censis – l’offerta culturale e politica che oggi tiene banco è un’offerta taroccata dalla logica vuota degli schieramenti. L’unica cosa che si salva ,sempre secondo il Censis, in questa mucillagine oscura è il silenzioso boom di una minoranza industriale : cresce l’export manufatturiero,il fatturato delle imprese e il PIL, peccato però che tutto ciò non riesca a creare Sviluppo. Pertanto in una società così inconcludente appare difficile attendersi l’emergere di una qualsivoglia capacità o ripresa di sviluppo di massa, di “sviluppo di popolo” come si diceva una volta; e le offerte innovative possono venire solo dalle nuove minoranze attive, ovvero:

–  la minoranza che fa ricerca scientifica e innovazione tecnica è orientata all’avventura dell’uomo e alla sua potenzialità biologica;

–  la minoranza che, nella scia della minoranza industriale oggi rampante, fa avventura personale e sviluppo delle relazioni internazionali (si pensi ai giovani che studiano o lavorano all’estero, ai professionisti orientati ad esplorare nuovi mercati, agli operatori turistici di ogni tipo, ecc.);

–  la minoranza che ha compiuto un’opzione comunitaria, cioè ha scelto di vivere in realtà locali ad alta qualità della vita;

–  la minoranza che vive il rapporto con l’immigrazione come un rapporto capace di evolvere in termini di integrazione e coesione sociale;

–  la minoranza che si ostina a credere in una esperienza religio­sa insieme attenta alla persona e alla complessità dello sviluppo ai vari livelli;

– e le tante minoranze che hanno scelto l’appartenenza a strutture collettive (gruppi, movimenti, associazioni, sindacati, ecc.) come forma di nuova coesione sociale e di ricerca di senso della vita.

Si tratta senz’altro di una sfida faticosa, che le citate diverse minoranze dovranno verosimilmente gestire da sole. Ma sfida desiderabile, per continuare a crescere forse anche con un po’ di divertimento; sfida realistica, perché non si tratta di inventare nulla di nuovo ma di mettersi nel solco di modernità che pervade tutti i Paesi avanzati. Non so dire se una simile visione contenga la chiave per uscire dall’impasse,la sensazione piuttosto è che forse non rimanga altro da fare. Le piccole realtà virtuose e volenterose,vadano avanti comunque, da sole, incuranti della generale disgregazione, incoraggia il Censis…E’ possibile ? Nel frattempo la fiducia nella Politica sfiora i suoi livelli più bassi ne’ si può dar torto ai cittadini disinteressati ad un dibattito nazionale che non riesce a uscire fuori dalle secche dell’autoreferenzialità o da un Calendario dell’Iniziativa gestito esclusivamente dall’Emergenza – ieri la Sicurezza a fronte di un omicidio  oggi la Sicurezza sul Lavoro a fronte di altri , quasi novecento all’anno oramai, omicidi sul lavoro.Senza che, in nessuno dei due casi, pur negli strepiti emozionali, si riesca comunque a far altro che tappare una falla.

Lo spazio grande e il tempo lungo

Lo spazio grande e il tempo lungo

 

Alla fine del percorso, io voglio riconoscere al Pd il diritto a trovarsi gli alleati che vuole, ma voglio garantire a noi il diritto di tornare all’opposizione.

Supero con riluttanza la perplessità che mi suscita un Presidente della Camera alle prese con problemi di tattica e strategia politica.Ma se il mio modo di pensare è antiquato soprattutto nella convinzione che un maggiore rispetto delle Regole e dei Ruoli aiuti  non poco a districarsi nel caos schizofrenico di cui è preda la Politica, nondimeno Fausto Bertinotti,  nella sue esternazioni a Repubblica , esprime concetti superati, già dibattutti nel corso, oramai, dei secoli  dai socialisti prima e dai comunisti, con maggior sofferenza, dopo . E se è pur vero che nel nostro paese ,e non da un giorno , è in discussione l’esistenza stessa di quel soggetto politico, culturale e sociale che usiamo definire ” sinistra”, è altrettanto vero che garantirne l’autonomia e il futuro destinandola all’Opposizione, va al di là del riconoscimento di una sconfitta politica :  è la negazione stessa di ogni strategia, a meno che condannare la sinistra ad una posizione eternamente minoritaria non risponda, secondo Bertinotti , ad un criterio di utilità che al momento mi sfugge e che non evinco dal suo discorso.Ora il punto non è tanto di disporre o meno di quello spazio grande e tempo lungo del quale secondo la dinamica bertinottiana , necessita la costruzione del Disegno, piuttosto sventare il rischio che a forza di parlare di strategie, non si rimanga imbrigliati nelle tattiche.Quelle di sopravvivenza.Hic et nunc.