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Categoria: Palazzi di Giustizia

Magie di parole (lei è omosessuale?)

Magie di parole (lei è omosessuale?)

Per converso si è vista la forte personalità del Braibanti: un uomo adulto, volitivo, esperto, sottile, dialettico, controllato, tenace, “omosessualmente intellettuale”. Ha un vizio che deve soddisfare e che invade tutto il suo Essere psichico, che lo muove e lo domina; è indubbiamente colto anche se disarmonizzato e non integrato, ma è anche ambizioso, orgoglioso, immodesto; fisicamente svantaggiato, ha per legge di compensazione esaltato – ed è portato a sopravvalutare – le sue doti intellettive. Però è praticamente un fallito: scrive libri che nessuno legge; quasi cinquantenne, vive ancora una vita fatta di miseria, di panini imbottiti, di panni lavati da sé, di carità della madre, del fratello, degli amici. E’ preda di sete di potere, di dominio di rivincita, professa monismo e anarchismo, combatte la famiglia, società e Stato; disprezza la scuola e la morale; ripudia il conformismo dei più perché i più sono la gente fisicamente, psichicamente e sessualmente sana, normale, hanno cioè quel che a lui è stato negato.

Corte d’Assise di Roma atti del processo ad Aldo Braibanti

Se è vero che l’imputato,colpevole o innocente che sia,è un essere umano solo, nel momento più tragico della sua esistenza,noi non risarciremmo mai abbastanza Aldo Braibanti,non solo per l’ingiusta detenzione ma per essere stato sottoposto ad un processo che segna una delle pagine più ambigue e vergognose che la Giustizia Italiana abbia mai scritto.La logica della “vittima designata” che si rinviene negli atti giudiziari fin dal linguaggio utilizzato,mobilitò in favore di Braibanti intellettuali del calibro di Umberto Eco,Guido Calogero, Alberto Moravia ed indusse Leopoldo Piccardi a reindossare la toga,per un memorabile patrocinio che se non servì ad assolvere Braibanti, tuttavia ebbe notevole influenza sulle successive decisioni dei giudici costituzionali in materia di abrogazione del reato di plagio.

Prima di raccontare come si svolsero i fatti una piccola considerazione :

Centinaia di migliaia di pagine di dottrina volta alla disanima del carattere diverso delle leggi e delle disposizioni, non mi convinceranno mai ad accettare la distorsione  per la quali,si è o non si è delinquenti a seconda della classe, del ceto,dell’appartenenza politica o degli stili di vita, e non a seconda se quel che si è fatto o che si fa rientri o meno in fattispecie penali.Il processo Braibanti era intessuto di questa distorsione che incarna, ieri come oggi, uno dei modi più odiosi di fare Cattiva Giustizia.

Il 12 ottobre 1964 Ippolito Sanfratello presentò alla Procura della Repubblica di Roma una denuncia contro Aldo Braibanti, accusandolo di plagio nei confronti del figlio, Giovanni Sanfratello. Nell’esposto si sosteneva che Braibanti, grazie al potere che esercitava sul figlio, aveva assoggettato quest’ultimo a sé sia sotto l’aspetto psichico sia dal punto di vista fisico, in quanto omosessuale.
Il procuratore Loiacono aprì immediatamente l’istruttoria, che sarebbe durata per ben quattro anni, nonostante la legge imponesse, trascorsi quaranta giorni dall’apertura del fascicolo, il passaggio del procedimento al giudice istruttore.
Fu chiamato agli interrogatori, tra gli altri, anche Piercarlo Toscani, il quale affermò di essere anch’egli vittima di Braibanti, non lesinando al procuratore i particolari più intimi della sua passata relazione con quest’ultimo. Quelle parole, insieme ad altre, sono state poi trasformate – come avrebbe notato successivamente Umberto Eco – in “magie di parole”, distorsioni della realtà, utili a guidare l’interpretazione dei fatti nel senso voluto dagli accusatori.
Il 5 dicembre 1967 Aldo Braibanti fu arrestato e rinchiuso a Regina Cœli per aver sottoposto “Toscani Piercarlo    e   Sanfratello   Giovanni   al   proprio potere in modo da ridurli in totale stato di soggezione”, secondo l’articolo 603 del Codice penale.
Qualche mese dopo, dal 12 giugno al 13 luglio 1968 si svolse, alla Corte d’Assise di Roma, il processo, che vide Ippolito Sanfratello e Piercarlo Toscani costituirsi parti civili. A difesa di Braibanti testimoniarono, tra gli altri, Sylvano Bussotti, Marco e Piergiorgio Bellocchio.
Il processo assunse subito, i toni della caccia alle streghe. Non Braibanti fu dipinto come un essere diabolico, un corruttore di giovani, si utilizzò la sua produzione artistica, filosofica o poetica e persino i suoi interessi scientifici per farne oggetto di disprezzo o per trovarvi i segni della volontà di plagiare. Si reinterpretarono banali fatti della vita quotidiana e di relazione fra le persone in chiave ossessiva; ma soprattutto si utilizzò tutto il campionario di stereotipi e di pregiudizi antiomosessuali disponibili, per portare sul banco degli imputati, oltre al “cattivo maestro”, anche l’omosessuale Braibanti. Nelle domande della pubblica accusa e dei rappresentanti delle parti civili, nelle loro arringhe, nelle questioni poste dai giudici e nei loro pronunciamenti (innanzitutto nella sentenza), emerge chiaramente il tentativo di condannare l’omosessualità, reso evidente, ad esempio, dalla domanda a bruciapelo del PM Loiacono a un testimone della difesa, Sylvano Bussotti: “Lei è omosessuale?”. 

Violenza costituita

Violenza costituita

Pochi riferimenti sui giornali di stamane sono per Giovanni Sanfratello, vittima secondo la sentenza della I Corte d’Assise di Roma,di Aldo Braibanti che ne aveva “assoggettato la volontà”. Prove del plagio erano state le idee libertarie e atee professate dal Sanfratello, la sua scelta di dedicarsi alla pittura e la vita in comune con Braibanti.Il giovane aveva ventitré anni, era legalmente residente a Roma, e indipendente. Poiché non era disposto affatto a riconoscere che idee e comportamenti non fossero l’esito di una sua libera scelta, ma di una sua riduzione in “schiavitù” da parte del suo amico, Sanfrantello fu rapito dalla famiglia ,con la violenza internato, con la violenza sottoposto a elettroshock, con la violenza massacrato moralmente e fisicamente: gli si chiedeva, in buona sostanza, di tornare ad amare i suoi genitori, di tornare a credere nella religione e in Dio, di accusare Braibanti, di addebitare al plagio i rapporti omosessuali probabilmente intercorsi fra di loro. Quando, dopo la condanna di Braibanti,Sanfratello fu lasciato in “libertà condizionata” dal prof. Trabucchi, del manicomio di Verona, gli si vietò di leggere libri che non fossero almeno precedenti al 1870.
Nel corso del processo  tutta la stampa bempensante si era dedicata  con cura meticolosa al linciaggio e alla diffamazione di Braibanti  e indirettamente di Sanfratello come pure la violenza assurda e terroristica della requisitoria del PM Loiacono. Fioccarono riferimenti a “squallidi giacigli“, a “pratiche contro natura“, alla difesa “dell’innocenza e dei diritti del giovane, dell’adolescente”, alla “riduzione a cosa“, al “plagio” di una persona – il Sanfratello – che aveva l’incredibile torto di aver rifiutato, ventenne, di vivere nella sua famiglia clericale e autoritaria, e di condividerne valori e comportamenti. Inimmaginabile: solo il “diavolo comunista” Braibanti poteva essere responsabile di tanto… Uno dei periti ufficiali, da allora rivelatosi anche ufficialmente un fascista, dichiarava a destra e a manca che s’erano così saldati i conti con la pretesa cultura antifascista (Braibanti era stato un eroico resistente, torturato dai nazisti); il giudice Falco, che s’erano così
fatti i conti con la pretesa cultura psicanalitica.
Di Giovanni Sanfratello, cioè di quel che ne restò,dopo il suo “salvataggio” da parte dell’Italia “cattolica”, “pura”, “maestra del giure”, “virile“, “ordinata“, insomma democristiana e fascista, se ne ebbero notizie nel 1982 dalla prefazione di un libro di Mario Appignani sulle carceri :  un giovane malconcio drogato non solo dal manicomio, annichilito dalla medicina,dalla famiglia e dalla cattiva giustizia.Poi più nulla.
 La sua vicenda sembra esemplare: la società, accorsa in difesa della famiglia e dell’ordine, lo aveva “assistito”. Questa “assistenza” ne aveva fatto un rottame, un “violento contro se stesso”, il minimo che alla scuola d’obbligo della Violenza Costituita possa accadere. Giovanni Sanfratello aveva in pochi mesi vissuto intensamente la trafila di centinaia di migliaia di giovani presi a carico, per volontà della Repubblica , dalle Istituzioni che predicano “amore”, “dedizione”, “sacrificio”, rispetto della vita. 

Panopticon

Panopticon

l filosofo e giurista Jeremy Bentham nel 1791 ideò questo modello di costruzione detentiva di cui parla Michel Foucault nel suo libro “Sorvegliare e Punire” sottotitolo Nascita della prigione.

 

All’esterno un edificio ad anello , al centro una torre tagliata da grandi finestre che si aprono verso la faccia interna dell’anello stesso. La costruzione periferica è divisa in celle.Esse hanno due finestre una rivolta verso l’interno corrispondente alla finestra della torre e l’altra verso l’esterno, che permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte.
Alla periferia una costruzione ad anello.Al centro una  torre tagliata da larghe finestre che si aprono verso la faccia interna dell’anello,la costruzione periferica è divisa in celle che occupano ciascuna tutto lo spessore della costruzione,esse hanno due finestre una verso l’interno corrispondente alla finestra della torre,l’altra verso l’esterno permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte.Basta alloa mettere un sorvegliante nella torre centrale,ed in ogni cella rinchiudere un detenuto,un pazzo,uno scolaro.Per effetto del controluce,si possono cogliere dalla torre i prigionieri nelle celle.Tante gabbie,altrettanti piccoli teatri ,in cui ogni attore è solo perfettamente individualizzato e costantemente visibile.Ciascuno al suo posto,rinchiuso in una cella è visto di faccia dal sorvegliante,ma i muri laterali gli impediscono di entrare in contatto con i compagni.E’ visto ma non vede,oggetto di un’informazione,mai soggetto di una comunicazione.
Lo stato di cosciente visibilità del detenuto, assicura il funzionamento automatico del potere anche in assenza di sorveglianti.Questo sistema garantisce disciplina, l’isolamento dei detenuti evita ribellioni.
L’assoggettamento reale nasce meccanicamente da una relazione fittizia, in modo tale che non c’è bisogno di far ricorso alla forza per costringere un condannato alla buona condotta,il pazzo alla calma,l’operaio al lavoro,lo scolaro all’attenzione,l’ammalato all’osservanza delle prescrizioni.Il panoptismo costituiva il procedimento tecnico della coercizione.Esso non ha cessato di operare in profondità delle strutture giuridiche della società,per far funzionere i meccanismi effettivi del potere contro il quadro formale che questo si era dato.

Un po’ di legalese

Un po’ di legalese

La settimana scorsa nel blog di Lilas (temporaneamente trasformato in blog dei Melograni),la Scrivente nonchè Tenutaria, ha trascorso qualche ora,  per discutere con i preoccupati frequentatori del salotto ,sulla modifica alla legge sul diritto d’autore in Finanziaria che era loro sembrato  limitare l’uso delle citazioni, dei rimandi, e dei copia/incolla, pane quotidiano di blog e affini .Il termini del dibattito sono contenuti nel post/9671719  .L’articolo incriminato appartiene al decreto legge 262 del 3 ottobre 2006 e recita :

Art. 32.
Riproduzione di articoli di riviste o giornali
1. All’articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo il
comma 1, e’ inserito il seguente:
«1-bis. I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la
riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali,
devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i
suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le
modalita’ di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i
soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni delle
categorie interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso
le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165.».

In realtà come si può leggere più che di una modifica si tratta di una integrazione  :

Legge 22 aprile 1941
Capo V
Eccezioni e limitazioni

Sezione I – Reprografia ed altre eccezioni e limitazioni

Art. 65

1. Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato.

2. La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell’autore, se riportato.

Ora, se è vero che l’ambiguità del legalese, in questa occasione,s’è dispiegata in tutta la sua potenza è altrettanto vero che connettendo i due disposti, non emergevano,a sommesso parere della Tenutaria Scrivente, preoccupazioni tali , per il diritto all’informazione nei blog,da dover giustificare una sommossa, piuttosto si rendeva necessario, un chiarimento al legislatore. Che puntualmente è arrivato : Riccardo Franco Levi , ispiratore della modifica nonchè sottosegretario alla Presidenza del Consiglio precisa che si tratta di  “una base giuridica per la riscossione dei diritti d’autore sulle rassegne stampa“.Insomma un modo per regolare meglio l’attività di chi fotocopia articoli per usi commerciali (come i service che realizzano appunto le rassegne)o la pratica di alcune testate di ripubblicare articoli altrui.Una questione tra editori o poco più.Come volevasi dimostrare dunque.A questo punto Lilas può darne ampia notizia ai suoi lettori, riproducendo parzialmente o integralmente il presente post ,ovvero riassumendone il senso,a suo piacimento.Importante mi sembra invece che si solleciti ancora il Legislatore a fare chiarezza sulle rassegne stampa delle organizzazioni no profit.Le altre,cioè quelle for profit , com’è giusto, paghino.Dura lex.