Violenza costituita

Violenza costituita

Pochi riferimenti sui giornali di stamane sono per Giovanni Sanfratello, vittima secondo la sentenza della I Corte d’Assise di Roma,di Aldo Braibanti che ne aveva “assoggettato la volontà”. Prove del plagio erano state le idee libertarie e atee professate dal Sanfratello, la sua scelta di dedicarsi alla pittura e la vita in comune con Braibanti.Il giovane aveva ventitré anni, era legalmente residente a Roma, e indipendente. Poiché non era disposto affatto a riconoscere che idee e comportamenti non fossero l’esito di una sua libera scelta, ma di una sua riduzione in “schiavitù” da parte del suo amico, Sanfrantello fu rapito dalla famiglia ,con la violenza internato, con la violenza sottoposto a elettroshock, con la violenza massacrato moralmente e fisicamente: gli si chiedeva, in buona sostanza, di tornare ad amare i suoi genitori, di tornare a credere nella religione e in Dio, di accusare Braibanti, di addebitare al plagio i rapporti omosessuali probabilmente intercorsi fra di loro. Quando, dopo la condanna di Braibanti,Sanfratello fu lasciato in “libertà condizionata” dal prof. Trabucchi, del manicomio di Verona, gli si vietò di leggere libri che non fossero almeno precedenti al 1870.
Nel corso del processo  tutta la stampa bempensante si era dedicata  con cura meticolosa al linciaggio e alla diffamazione di Braibanti  e indirettamente di Sanfratello come pure la violenza assurda e terroristica della requisitoria del PM Loiacono. Fioccarono riferimenti a “squallidi giacigli“, a “pratiche contro natura“, alla difesa “dell’innocenza e dei diritti del giovane, dell’adolescente”, alla “riduzione a cosa“, al “plagio” di una persona – il Sanfratello – che aveva l’incredibile torto di aver rifiutato, ventenne, di vivere nella sua famiglia clericale e autoritaria, e di condividerne valori e comportamenti. Inimmaginabile: solo il “diavolo comunista” Braibanti poteva essere responsabile di tanto… Uno dei periti ufficiali, da allora rivelatosi anche ufficialmente un fascista, dichiarava a destra e a manca che s’erano così saldati i conti con la pretesa cultura antifascista (Braibanti era stato un eroico resistente, torturato dai nazisti); il giudice Falco, che s’erano così
fatti i conti con la pretesa cultura psicanalitica.
Di Giovanni Sanfratello, cioè di quel che ne restò,dopo il suo “salvataggio” da parte dell’Italia “cattolica”, “pura”, “maestra del giure”, “virile“, “ordinata“, insomma democristiana e fascista, se ne ebbero notizie nel 1982 dalla prefazione di un libro di Mario Appignani sulle carceri :  un giovane malconcio drogato non solo dal manicomio, annichilito dalla medicina,dalla famiglia e dalla cattiva giustizia.Poi più nulla.
 La sua vicenda sembra esemplare: la società, accorsa in difesa della famiglia e dell’ordine, lo aveva “assistito”. Questa “assistenza” ne aveva fatto un rottame, un “violento contro se stesso”, il minimo che alla scuola d’obbligo della Violenza Costituita possa accadere. Giovanni Sanfratello aveva in pochi mesi vissuto intensamente la trafila di centinaia di migliaia di giovani presi a carico, per volontà della Repubblica , dalle Istituzioni che predicano “amore”, “dedizione”, “sacrificio”, rispetto della vita. 

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