Si scriverà nei prossimi giorni di Fernanda Pivano – che aveva l’inglese nel sangue – delle sue traduzioni : il Grande Gatsby, Addio alle armi, Antologia di Spoon River, Non si fruga nella polvere, l’Urlo, Sulla strada ed altre ancora, della sua infaticabile attività di critico, autorevole e – rarità – sempre disponibile a capire e sostenere le opere dei giovani e nuovi scrittori.
Personalmente a Nanda Pivano devo l’opera di Bret Easton Ellis, sei libri da perdere la testa, nei quali non a torto, aveva riconosciuto l’eredità di Faulkner, di Hemingway e di Scott Fitzgerald. Ma soprattutto di lei ho sempre apprezzato la capacità di entusiasmarsi e di trasmettere entusiasmo, un tratto inossidabile, resistente al tempo e agli eventi, come quel suo essere sempre pronta ad abbracciare della vita, ogni possibile aspetto.
Eternamente giovane, si dice che fu proprio lei a introdurre in Italia quella canzone di Bob Dylan. Non so se sia vero, so solo che niente avrebbe potuto somigliarle di più.
Nell’illustrazione del Corriere della Sera con Peter Orlovsky, Allen Ginsberg e Gregory Corso