Saluti comunisti
Questa volta – tutti dicono – non c’è la stessa tensione emotiva dell’altra volta.La tensione emotiva dell’altra volta fu raccontata,con la verve e l’ efficacia loro congeniali, dai registi Ettore Scola, con Mario Maria Mario e Nanni Moretti con La Cosa.Nel primo, la vicenda di un gruppo di militanti del PCI alle prese con lo strambuglione politico esistenziale che investì il popolo comunista dopo l’annuncio di Occhetto alla Bolognina, il secondo, il filmato – verità, che più verità non si potrebbe, di una delle assemblee precongressuali della sezione di Testaccio.Il PCI alle soglie di quello che veniva definito passaggio epocale, era proprio così: militanti incazzati perplessi,malinconici, preda di stati d’ansia da salto nel buio o di esaltazione da nuovo che avanza, il Politico che s’insinuava nel Privato (e viceversa) a condizionarne, in qualche caso decisivamente, addirittura gli eventi. All’epoca Fabio Mussi, occhettiano della prima ora,di quel marasma ,dal quale sembrava non saremmo mai usciti vivi ,aveva trovato una colorita sintesi.Con alcuni compagni rattristati dalla possibile dimissione di simboli e bandiere, esplose " Ma insomma, basta ! Sembra che vi abbiano tolto la bambola di pezza”. Diciassette anni dopo, la nascita di una nuova formazione non poteva avvenire nello stesso clima di emotività scoperte, ne’ sarebbe,a mio avviso, salutare rimpiangere quella stagione contrassegnata da appassionati conservatorismi e da velleità di rinascita.In mezzo un’antica questione romanticamente definita identitaria ma che allora,come ora, concerneva problemi di Sopravvivenza Politica nel mondo che cambia .L’operazione verticistica, come è stata definita quella relativa al Partito Democratico, è passata nei congressi di sezione senza particolari drammi. Credo che su molti abbia agito quell’ansia di chiarezza che negli ultimi tempi si era fatta Urgenza.Che siano state Palpitazioni al Senato o Malumori o Manifestazioni organizzate Per ma anche Contro,ogni volta ci si è domandati se fosse poi così complicato essere in una coalizione e se il sacrosanto diritto a critica e a dialettica interna, dovesse essere esercitato necessariamente in corso d’opera e come mai, nelle elaborate sedute della Fabbrica del Programma,non si fossero assunti accordi precisi su temi dirimenti quali missioni all’estero, costruzione di caserme,coppie di fatto o quel che è. Ma soprattutto perchè, una volta raggiunta faticosamente la postazione di Governo, non funzionasse per tutti quel collante che si chiama via via Appartenenza, Priorità, Bene Comune, Fedeltà ai Patti. Allora succede che di quasi nulla possiamo dirci veramente soddisfatti, se non dell’avvio di un processo di chiarificazione.Da una parte una fase Costituente dai confini definiti solo in parte, come del resto è giusto che sia . Dall’altra, ipotesi altrettanto indefinite di cartelli o fusioni ma la raggiunta libertà, per i dissenzienti, di costruire la propria casa.Liberi tutti dunque.Senza incubi di mediazioni,identità e sensibilità ferite, senza dismissioni di armamentari da glorioso passato,senza traditi e traditori, lontani da tentazioni di Realpolitik da combinare con l’Ideale,senza preoccupazioni da difficile Rappresentanza di chi, di come e di perchè. L’esperienza di governo avrebbe dovuto essere un banco di prova ben differente,se non si è riusciti a trovare un terreno comune nemmeno in questa circostanza,sarà bene prendere atto di una difficoltà insormontabile.Noi pensavamo che una compagine variegata garantisse ricchezza e abbondanza di correttivi a tentazioni estreme,così perlomeno intendevamo l’idea di Sintesi.Così non è stato. Non c’è tristezza nei saluti,quel che ha davvero rattristato, caratterizzando malamente questo ultimo periodo, è stata la discesa agl’inferi della banalità e dell’impolitica del cosidetto dibattito interno.Chi vive in questo mondo soffrendone la complessità e le ingiustizie non può essere attratto da un dibattito dal quale il fare politico è perennemente assente o si considerano dirimenti questioni marginali di nomi o collocazioni.Dopo la Sopravvivenza viene il Salvare il Salvabile con chi vuole, con chi c’è e con chi ci crede.






Devo dire che la mia idea di rinnovamento non contemplava affatto l’ipotesi di un Pantheon, vuoi perchè il Tempio di Agrippa, è un monumento celebrativo infinitamente più funereo del necessario, vuoi perchè quest’ansia di trasloco in ulteriori (ennesime) case, socialiste o popolari o liberali che siano,al seguito della galleria degli antenati (e per di più discutendo se il ritratto del nonno sia meglio di quello del prozio o se quello del biscugino tocchi a me oppure a te) mi pare un’inutile pratica. Ciascuno è la storia che è, per darne conto non ha bisogno di esporre le medaglie e nemmeno i santini. Se i processi di beatificazione degli artisti o degli scrittori – De Andrè con l’aureola, per dirne una o Pasolini interrogato costantemente su disastri contemporanei - chissà che avrebbe detto – mi sembrano operazioni niente affatto rispettose e di pura necrofilia delirante, per i politici, i pensatori, i filosofi , stante l’epoca di grandi capovolgimenti dalla caduta del muro in qua, al senso di inutilità si aggiunge quello dell’inopportunità. Chiunque , da Togliatti a Berlinguer a Gramsci a Bordiga, fino a Malatesta (così sono contenti tutti) , trovandosi proiettato in questo secolo, avrebbe bisogno di nuove riflessioni,nuove articolazioni dell’analisi, prima di profferir parola e tornare a impartire le istruzioni del caso.Mi ci vedo comunicare a Carlo Marx che il capitalismo dopo aver fatto man bassa ,ha vinto anche la più importante delle battaglie : quella culturale. E a Berlinguer che da un momento all’altro…puf ..sono spariti i blocchi e l’assetto mondiale si è stravolto con le annesse minacce alla sicurezza di milioni di donne e di uomini o a Togliatti che la partita oggi si gioca sui Diritti,sull’Ecologia,sulla mancanza di cibo e di libertà di moltitudini nel pianeta. e che l’idea del pacchetto onnicomprensivo del comunismo, all’interno del quale abitava la soluzione di tutti i problemi, è defunta.La nostra ricetta di cambiamento dello stato delle cose è fallita e di fronte alla complessità delle sfide a venire, anche l’idea novecentesca del socialismo, che ha lavorato soprattutto sulle quantità, vuoi per redistribuzione, vuoi per utopia egualitaria è superata.Oggi abbiamo bisogno di discutere di qualità dello sviluppo che non può essere risolta nell’ambito esclusivo e limitato del pensiero liberal democratico.Del resto mi sembrano incredibili anche le etichette : che vuol dire essere socialisti oggi ?: Voler più bene ai lavoratori?Il problema non ha una risposta definita tantomeno possiamo credere che basti l’incentivo distribuito dalle Urne dei Forti, a costruire un nuovo pensiero, per questo secolo.C’è un passaggio molto incisivo nella Mozione di Piero Fassino che recita più o meno : Non si governa il mondo nuovo senza un nuovo linguaggio.Mi ha convinta.Io dunque non so ancora se il Partito Democratico sarà la mia nuova casa.So soltanto che potrò rendere disponibile il mio impegno solo nei luoghi in cui si vogliono costruire alleanze e un nuovo linguaggio che veicoli idee nuove .Il che è tanto di più che limitarsi a recuperare il meglio di una tradizione.La concreta priorità data alle donne e ai giovani, nella nuova casa, sarà la cartina di tornasole.Altrimenti va bene anche restare a occuparsi dei fatti propri.Se tanto mi da tanto…al Pantheon finiteci voi…