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Anno: 2007

Saluti comunisti

Saluti comunisti

12Questa volta –  tutti dicono – non c’è la stessa  tensione emotiva dell’altra volta.La tensione emotiva dell’altra volta fu raccontata,con la verve e l’ efficacia loro congeniali, dai registi Ettore Scola, con Mario Maria Mario  e Nanni Moretti  con  La Cosa.Nel primo, la vicenda di un gruppo di militanti del PCI alle prese con lo strambuglione politico esistenziale che investì il popolo comunista dopo l’annuncio di Occhetto alla Bolognina, il secondo, il filmato – verità, che più verità non si potrebbe, di una delle assemblee precongressuali della sezione di Testaccio.Il PCI alle soglie di quello che veniva definito  passaggio epocale, era proprio così: militanti incazzati  perplessi,malinconici,  preda di stati d’ansia da salto nel buio o di esaltazione da nuovo che avanza,  il Politico che s’insinuava nel Privato (e viceversa) a condizionarne, in qualche caso decisivamente, addirittura gli eventi. All’epoca Fabio Mussi, occhettiano della prima ora,di quel marasma  ,dal quale sembrava non saremmo  mai usciti vivi  ,aveva trovato una colorita  sintesi.Con alcuni compagni rattristati dalla possibile dimissione di simboli e bandiere, esplose " Ma insomma, basta ! Sembra che vi abbiano tolto la bambola di pezza”. Diciassette anni dopo, la nascita di una nuova formazione non poteva avvenire nello stesso clima di emotività scoperte, ne’ sarebbe,a mio avviso, salutare rimpiangere quella stagione contrassegnata da appassionati conservatorismi e  da velleità di rinascita.In mezzo un’antica questione romanticamente definita identitaria ma che allora,come ora, concerneva problemi di Sopravvivenza  Politica nel mondo che cambia .L’operazione verticistica, come è stata definita quella relativa al Partito Democratico, è passata nei congressi di sezione senza particolari drammi. Credo che su molti abbia agito quell’ansia  di chiarezza che negli ultimi tempi si era fatta Urgenza.Che siano state Palpitazioni al Senato o Malumori o Manifestazioni  organizzate Per ma anche Contro,ogni volta ci si è domandati se fosse poi così complicato  essere in una coalizione e se il sacrosanto diritto a critica e a dialettica interna, dovesse essere esercitato necessariamente in corso d’opera e come mai, nelle elaborate sedute della Fabbrica del Programma,non si fossero assunti accordi precisi su temi dirimenti quali missioni all’estero, costruzione di caserme,coppie di fatto o quel che è. Ma soprattutto perchè, una volta raggiunta faticosamente la postazione di Governo, non funzionasse per tutti quel collante che si chiama via via Appartenenza,  Priorità, Bene Comune, Fedeltà ai Patti. Allora succede che di quasi nulla possiamo dirci veramente soddisfatti, se non dell’avvio di un processo di chiarificazione.Da una parte una fase Costituente dai confini definiti solo in parte, come del resto è giusto che sia . Dall’altra, ipotesi altrettanto indefinite di cartelli o fusioni  ma la raggiunta libertà, per i dissenzienti, di costruire la propria casa.Liberi tutti dunque.Senza incubi di mediazioni,identità e sensibilità ferite, senza dismissioni di armamentari da glorioso passato,senza traditi e traditori,  lontani da tentazioni di Realpolitik da combinare con l’Ideale,senza preoccupazioni da difficile Rappresentanza di chi, di come e di perchè. L’esperienza di governo avrebbe dovuto essere un banco di prova ben differente,se non si è riusciti a trovare un terreno comune nemmeno in questa circostanza,sarà bene prendere atto di una difficoltà insormontabile.Noi pensavamo che una compagine variegata garantisse ricchezza e abbondanza di correttivi a tentazioni estreme,così perlomeno intendevamo l’idea di  Sintesi.Così non è stato. Non c’è tristezza nei saluti,quel che ha davvero rattristato, caratterizzando malamente  questo ultimo periodo, è stata la discesa agl’inferi della banalità e dell’impolitica  del cosidetto dibattito interno.Chi vive in questo mondo soffrendone la complessità e le ingiustizie non può essere attratto da un dibattito dal quale il fare politico  è perennemente assente o si considerano dirimenti questioni marginali di nomi o collocazioni.Dopo la Sopravvivenza viene il Salvare il Salvabile con chi vuole, con chi c’è e con chi ci crede.

La France Présidente

La France Présidente

segolene zapatero

Jean Marie Colombani, direttore de Le Monde nell’ editoriale di ieri, intitolato Impératif démocratique, elencando le gravi questioni che attanagliano la società francese ( non dissimili dalle nostre) e alle quali il secondo mandato Chirac, non ha saputo dare risposte, conclude : Tradizionalmente in una votazione presidenziale si dice che al primo turno si sceglie e al secondo si elimina.Questa volta bisogna eliminare al primo turno per essere sicuri di poter scegliere al secondo.A dispetto della confusione che ha accompagnato la campagna elettorale,il solo progetto che si oppone a quello di Nicolas Sarkozy e che poggia su una forza politica capace di governare è quello di Ségolène Royal.E’ ancora di ieri la visita di Zapatero a Toulouse, sempre per sostenere la candidatura Royal che, stando all’imprevedibilità tipica dei consensi che Le Pen  è capace di far saltar fuori dal cappello,rischia di non arrivare nemmeno al secondo turno.I motivi potrebbero essere diversi ,dal fatto che pur avendo stravinto alle primarie e convogliato sul partito socialista migliaia di iscritti, non è stata da questo  sostenuta a sufficienza o per l’eccessiva frammentazione delle candidature a sinistra o semplicemente perchè è una donna e allora vale la solita regola secondo la quale Sarkozy, il piacione, può esibire un programma ambiguo e articolato a slogan ,Ségolène   no, e a dispetto di un impegno profuso in una campagna elettorale defatigante ,di un programma ben fatto, esaustivo, espresso in un linguaggio comprensibile, di decine incontri ,  dei siti e dei blog e dell’enorme sforzo organizzativo per coordinare il dibattito in rete ( faccenda questa, non delle più semplici ) ,se poco poco si azzarda a non sapere quanti sottomarini ,di preciso ha la Francia,com’è capitato in un intervista con domande a trabocchetto, in televisione,il suo programma è vago e la sua capacità di governare dubbia.Basta addentrarsi nei forum di Liberation, storico giornale della sinistra francese ,niente affatto generoso con Ségolène,  per rendersi conto di come le critiche, se non concernono le competenze in campo militare,di sicuro riguardano il tradimento e l’imbarbarimento della causa socialista, una trama, che seppure fosse, sarebbe stata ordita  da una sola donna, in una sola campagna elettorale.Ha ragione Colombani : Scartare oggi per poter scegliere domani è un motto da tenere a mente.Mica solo in Francia.

L’altermondialiste

L’altermondialiste

Josè Bovè

Ose Bovè è lo slogan del candidato all’Eliseo più informale che la Francia abbia mai potuto immaginare.Chiedere agli elettori di osare, significa già annunciare una campagna in controtendenza e forse qualche dispiacere sui risultati ma se altrove, si cerca di tranquillizzare, smorzando i toni o glissando sulle tematiche più controverse, nella speranza di acchiappare quanti più voti è possibile, Bovè, mantiene il suo stile incaricandosi  di una  stagione elettorale molto appassionata, generosa  (e senza mezzi termini) sui temi dell’ambiente,della globalizzazione , del precariato e dell’antirazzismo .I suoi 125 punti per vincere – sottotitolo – Ce que nous voulons – Quello che vogliamo – portano il segno di questa schiettezza e pur conservando i toni  appassionati delle forti spinte ideali, di  un  notevole imprinting politico.Così se qualcuno pensasse di accostarsi al programma di Josè Bovè e di trovare solo qualche sviolinata ambientalista,sbaglierebbe.Ne’ sfugge a Bovè l’enorme opportunità che  le presidenziali offrono all’intero movimento ambientalista di porre tematiche importanti e, al di là del risultato finale di cominciare a gettare le basi per l’attuazione di politiche future Come nel caso della prevista costruzione del reattore nucleare in Normandia :

Le Réseau Sortir du nucléaire, Federazione di 772 associazioni ambientaliste ieri ha presentato sul sito elettorale di Josè Bovè un comunicato stampa  contro la costruzuone del reattore nucleare EPR a Flamanville in Normandia.A qualche giorno dalle elezioni presidenziali – vi si legge –   le Réseau Sortir du nucléaire invita a NON votare i seguenti candidati che si sono pronunziati a favore della costruzione del reattore :

Marie George Buffet (del Partito Comunista Francese)

Arlette Laguiller (di Lutte Ouvriere)

Fréderic Nihous (Chasse Pêche Nature et Tradition)

Nicolas Sarkozy (UMP)

Gérard Schivardi (Parti des Travailleurs)

Ma quel che è più interessante è l’appello a Ségolène Royal et François Bayrou, che rispetto al costruzione del reattore hanno,in passato , riconosciuto la necessità di aprire un confronto  democratico, a dichiarare ciascuno,immediatamente, la propria volontà di annullare il Decreto e di sospendere i lavori già avviati. Provvedimento questo che secondo la Federazione dovrebbe essere assunto, dopo l’elezione presidenziale e prima delle legislative e della designazione del primo ministro (che in Francia è di competenza del Presidente della Repubblica).Mi è molto piaciuto il piglio e il tono circostanziato dell’appello che in buona sostanza può essere letto come un’offerta di sostegno al secondo turno.Speriamo che il movimento ambientalista riesca ,se non ad avere un rappresentante all’Eliseo,lo stesso a vincere la battaglia del reattore. 

Sarko, tonton flingueur libéral

Sarko, tonton flingueur libéral

Sarkozy

Contdown puntato direttamente sulla data in cui è previsto il secondo turno , marcetta ruffiana appositamente confezionata e che ricalca nel titolo e nel ritornello lo slogan della sua campagna elettorale  – Ensamble tout devient possible – Nicolas Sarkozy, Sarko, per l’entourage, il campione piacionico ( ha convinto persino Simone Weil che serenamente gli tira la volata, partecipando a convention rassicuranti) del centro destra francese , non  sembra nutrire particolari ambizioni interattive.Il suo sito,piuttosto convenzionale, ricalca quello dei politici americani con molti video ,sventolii e strette di mano (ma nel frattempo si è saputo che esperti statunitensi di comunicazione politica,  stanno,com’era prevedibile, studiando i siti di Bayrou e della Royal) .Del resto di Sarko, piacciono il decisionismo e le maniere spicce. Basti pensare che il suo programma elettorale non è chiamato  come quello degli altri candidati , Propositions, ma  seccamente Projet, una quindicina di voci  piuttosto scarne che culminano con un  Fiers d’être français (come se ce ne fosse bisogno da quelle parti) che non si capisce bene se sia parte integrante del Projet o un ‘esclamazione estemporanea. Tuttavia anche se con la sua proposta di un ministère de l’Immigration et de l’identité; nationale  ha suscitato un vespaio, Nicolas Sarkozy nei sondaggi stacca la Royal di qualche punto.Lacuna che al secondo turno potrebbe essere colmata da un apparentamento con Le Pen che si è già dichiarato possibilista.La stampa di sinistra si rimpalla la lista delle frasi storiche o a effetto.Il genere è  io sono dalla parte di quelli che pagano il biglietto oppure quando gli viene rimproverato d’innervosirsi facilmente nei dibattiti  Je m’enerve pas, j’explique. La sua volontà di  nettoyer un quartier sensible au Kärcher espressa di recente, ha ricordato a molti la strategia messa in atto nelle banlieus,luoghi in cui non ha osato mettere piede.Anche se gli abitanti sensibles au Kärcher hanno provveduto egualmente a (re)visionare i suoi manifesti.

sarkofile

Un nuovo pensiero per questo secolo (al Pantheon andateci voi)

Un nuovo pensiero per questo secolo (al Pantheon andateci voi)

Devo dire che la mia idea di rinnovamento non contemplava affatto l’ipotesi di un Pantheon, vuoi perchè il Tempio di Agrippa, è un monumento celebrativo infinitamente più funereo del necessario, vuoi perchè quest’ansia di trasloco in ulteriori (ennesime) case, socialiste o popolari o liberali che siano,al seguito della galleria degli antenati (e per di più discutendo se il ritratto del nonno sia meglio di quello del prozio o se quello del biscugino tocchi a me oppure a te) mi pare un’inutile pratica. Ciascuno è la storia che è, per darne conto non ha bisogno di esporre le medaglie e nemmeno i santini. Se i processi di beatificazione degli artisti o degli scrittori – De Andrè con l’aureola, per dirne una o Pasolini interrogato costantemente su disastri contemporanei  - chissà che avrebbe detto – mi sembrano operazioni niente affatto rispettose e di pura necrofilia delirante, per i politici, i pensatori, i filosofi , stante l’epoca di grandi capovolgimenti dalla caduta del muro in qua, al senso di inutilità si aggiunge quello dell’inopportunità. Chiunque  , da Togliatti a Berlinguer a Gramsci a Bordiga, fino a Malatesta (così sono contenti tutti) , trovandosi proiettato in questo secolo, avrebbe bisogno di nuove riflessioni,nuove articolazioni dell’analisi, prima di profferir parola e tornare a impartire le istruzioni del caso.Mi ci vedo comunicare a Carlo Marx  che il capitalismo dopo aver fatto man bassa ,ha vinto anche  la più importante delle battaglie : quella culturale. E a Berlinguer che da un momento all’altro…puf ..sono spariti i blocchi e l’assetto mondiale si è stravolto con le annesse minacce alla sicurezza di milioni di donne e di uomini o a Togliatti che la partita oggi si gioca sui Diritti,sull’Ecologia,sulla mancanza di cibo e di libertà di moltitudini nel pianeta. e che l’idea del pacchetto onnicomprensivo del comunismo, all’interno del quale abitava la soluzione di tutti i problemi, è defunta.La nostra ricetta di cambiamento dello stato delle cose è fallita e di fronte alla complessità delle sfide a venire, anche l’idea novecentesca del socialismo, che ha lavorato soprattutto sulle quantità, vuoi per redistribuzione, vuoi per utopia egualitaria è superata.Oggi abbiamo bisogno di discutere di qualità dello sviluppo che non può essere risolta nell’ambito esclusivo e limitato del pensiero liberal democratico.Del resto mi sembrano incredibili anche le etichette : che vuol dire essere socialisti oggi ?: Voler più bene ai lavoratori?Il problema non ha una risposta definita tantomeno possiamo credere che basti l’incentivo distribuito dalle Urne dei Forti, a costruire  un nuovo pensiero, per questo secolo.C’è un passaggio molto incisivo nella Mozione di Piero Fassino che recita più o meno : Non si governa il mondo nuovo senza un nuovo linguaggio.Mi ha convinta.Io dunque non so ancora  se il Partito Democratico sarà la mia nuova casa.So soltanto che potrò rendere disponibile il mio impegno solo nei luoghi in cui si vogliono costruire alleanze e un nuovo linguaggio che veicoli  idee nuove .Il che è tanto di più che limitarsi a recuperare il meglio di una tradizione.La concreta priorità data  alle donne e ai giovani, nella nuova casa, sarà la cartina di tornasole.Altrimenti va bene anche restare a occuparsi dei fatti propri.Se tanto mi da tanto…al Pantheon finiteci voi…