
Poichè da qualunque parte oramai viene detto che la Prima Potenza Mondiale, nonostante l’ingente dispiego di uomini, mezzi e quattrini,non sappia fare la guerra ( a parte i bombardamenti a tappeto di centinaia di chilometri prima e oltre l’obiettivo,le torture,la vaporizzazione di gas venefici e le impiccagioni all’albero più alto) ma soprattutto fronteggiare la guerriglia, ecco qui servito il pilastro militare della nuova strategia irachena di George W. Bush. E’ tutto contenuto in un libro di 280 pagine con una copertina uguale alla tuta mimetica dei soldati al fronte. Il titolo è di una sola parola: “Counterinsurgency”, Antiguerriglia. Trattasi del manuale antiterrorismo in dotazione ai capi dei marine e dell’esercito americano preparato meno di un mese fa nel quartier generale del Pentagono dalle migliori intelligenze dell’esercito americano, coordinate dal generale con laurea a Pricenton David Petraeus.Leggere il prontuario aiuta a capire che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi a Baghdad e nella provincia di Anbar, dove i rinforzi americani (21.500 nuovi soldati) e il rinnovato impegno iracheno (altri 10 mila uomini) proveranno a spazzare via milizie scite e sunnite da due zone distinte del paese. Non ci saranno potenti azioni militari su vasta scala come a Fallujah, piuttosto una continua, costante e quotidiana presenza sul territorio dei militari americani, affiancati agli iracheni, in tutti i quartieri oggi in mano agli insorti. L’obiettivo è quello di liberare le zone non controllate governo iracheno e di avviare seduta stante, con la protezione dei soldati, la ricostruzione.Dev’essere dopo la lettura di una simile notizia che Michael Moore si è risolto a scrivere una lettera aperta a Bush “Capo, dammi retta,l’unico modo per sfangarla stavolta è inondare l’Iraq con milioni di noialtri,per far fuori un paese di ventisette milioni di abitanti devi mandare laggiù almeno ventottomilioni di americani.Così ventisette milioni accoppano un iracheno ciascuno,l’altro milione ricostruisce il paese.Facile.Ma, burlonate e prontuari maculati a parte,George W. Bush è alla ricerca disperata di una nuova strategia che gli valga se non la vittoria, quantomeno il prender tempo, quel tanto che basta a far ricadere le responsabilità del flop sul suo successore.Resta da vedere se il Congresso, oramai a maggioranza democratica e che ha il potere di bloccare i finanziamenti alla guerra in Iraq, si attesterà sul mandato conferito dagli elettori a novembre, che era con molta nettezza di contrarietà alla guerra.Nel frattempo si prepara un’ imponente mobilitazione a Washington per il 27 gennaio proprio allo scopo di rammentare agli eletti che il popolo americano non è interessato ad una nuova direzione in Iraq ma come raccomanda il cartello tra le mani della bella ragazzina dell’immagine,ad uscirne.