Sfogliato da
Anno: 2008

Paiono traversie…

Paiono traversie…

A nessuno veniva in mente che erano le tre di notte e che era ora di dormire .Si dice sventura , dolori – disse Pierre – ma se ora in questo istante mi dicessero vorresti tornare a essere quello che eri prima della prigionia o soffrire tutto da capo? Per carità, chiederei di nuovo la prigionia e la carne di cavallo. Noi pensiamo che quando siamo spinti fuori dal solito sentiero tutto sia finito per noi : invece è solo lì che comincia il nuovo, il bene. Finchè c’è vita  c’è anche felicità. Nell’avvenire ci sono molte cose. Molte. Questo lo dico a voi –  fece rivolgendosi  a Nataša.

Leone Tolstoj Guerra e pace

Vittorio Foa amava molto questa pagina di Tolstoj in cui Pierre, appena ritornato dalla dura prigionia francese, racconta la sua storia. Amava anche ripetere  Paiono traversie e sono opportunità, il pensiero di Vico che lo aveva accompagnato e sostenuto  per gran parte della sua giovinezza. Nei duri anni di prigionia aveva  proiettato nel futuro la sofferenza e le privazioni del presente. Le aveva vissute non come un patimento da sopportare stoicamente o religiosamente ma ritenendole possibilità quindi scelte. Vittorio Foa ci lascia naturalmente moltissimo della sua lunga esperienza politica, in documenti,  libri e articoli di giornale. Ma lascia anche un’ importante lezione esistenziale, ben sapendo che chi dedica la propria vita all’impegno politico, alle  battaglie civili, incontra sul tragitto grandi ostacoli, momenti di scoramento e disillusione :   Vorrei chiedere una cosa ai ragazzi, di non vedere tutto come un dramma, di non prestare fede a chi vede catastrofi dappertutto. Se possibile usate l’ironia e l’autoironia: esse ci consentono di essere coinvolti e distaccati, di capire e di partecipare.

Ho mischiato le sue parole alle mie, come di chi è riconoscente.

nell’illustrazione Vittorio Foa ritratto da Carlo Levi nel 1935

Tu quoque

Tu quoque

Manifestazione nazionale di insegnanti aderenti ad una cinquantina sigle, tra sindacati e associazioni, avvenuta ieri  19 ottobre a Parigi, in difesa della scuola pubblica. Anche da quelle parti, si prevedono tagli all’organico e penalizzanti misure di contenimento. Anche da quelle parti la ministra ha accolto l’iniziativa con la medesima grazia e disponibilità della sua collega italiana, trovando le ragioni dei manifestanti injustifiées et décalées. Ma da quelle parti la maestra unica già c’è, e nonostante questo, il piano del governo prevedrerebbe egualmente l’eliminazione di quelle figure  professionali – les Rased – addette al recupero dell’insuccesso scolastico. I tagli concernono complessivamente 13.500 posti di lavoro, quando oltre 11.000 ne sono stati  già soppressi lo scorso anno. Questa volta però, sono di turno anche i Licei, con una consistente riduzione del tempo scuola. Tra gli slogan di punta, una famosa citazione da Abramo Lincoln  Si vous trouvez que l’éducation coûte cher, essayez l’ignorance. Ma quanto a quello, noi ci stiamo organizzando già da un pezzo.

Anche in Francia viene dichiarato da parte dei sostenitori del governo, essere la propria spesa per l’istruzione più cara che altrove, che gl’insegnati godono di infiniti privilegi (i soliti mesi di vacanza) e che l’organizzazione scolastica è pachidermica.

St Louis blues

St Louis blues

Barack Obama in Missouri, dove i sondaggi lo danno avanti su McCain  sebbene di poco. Intanto lo slogan delle primarie Yes we can si è trasformato nel più deciso Change we need e anche se proprio ieri i repubblicani, nei sondaggi,  hanno ridotto le distanze di un punto, l’entusiasmo di questa folla a St Louis,  incoraggia l’ottimismo. Di qui al quattro novembre la forbice è destinata a restringersi, diminuendo sempre più, il numero degl’indecisi. Si spera in una distribuzione omogenea dei tentennanti. Change we need, Anche noi lo vorremmo.

Tre donne e una Pontiac

Tre donne e una Pontiac

Quel che resta di Joe, non è certo tutto nell’urna cineraria che invano sua moglie Arvilla ha tentato di sottrarre –  obbediente alla volontà del consorte – alla pretesa di un funerale californiano con tutti i crismi ( che laggiù sono parecchi).

A reclamarne la degna sepoltura è una figlia del defunto che più antipatica e scostante non si potrebbe. E ricattatrice per giunta. O il funerale a Santa Barbara, o niente casa in Idaho, quella dove Arvilla e Joe hanno vissuto per lungo tempo. Cedere, pur dolorosamente, si dovrà cedere, e sarà  infatti questo, il motivo all’origine del viaggio, ovvio protagonista di Quel che resta di mio marito, come del resto, di  ogni altro film o romanzo o racconto on the road che si rispetti.

Complici dell’operazione di condurre l’urna all’inflessibile figliola, saranno le due migliori  amiche di Arvilla. Il mezzo: una Pontiac convertible “Bonneville” del 1966, rossa, un sogno americano di automobile d’epoca,  oggi raggiungibile per la non esorbitante somma di ventimila dollari. Percorso : da Pocatello (Idaho) a Santa Barbara  (California ) attraverso il Nevada dei deserti, dei laghi, delle pianure salate, panorami mozzafiato, una degna cornice alla vicenda.

Ma prima di passare a quanto di eccitante e commovente  accadrà along the way, sarà bene precisare che in tutta questa vicenda, Thelma & Luise, stracitate raccordandone l’impresa a questo film, ovunque se ne sia scritto o  parlato , c’entrano pochissimo. Vanno bene l’avventura al femminile, le decappottabili, il vento tra i capelli ( o il foulard con gli occhiali da sole) e qualche analogo paesaggio o sperduta pompa di benzina, ma la direttrice di marcia, è orientata in direzioni opposte e laddove c’era un viaggio – fuga  di sola andata, con marcia trionfale verso il precipizio, qui abbiamo un viaggio di solo ritorno, proprio quel che il cinema predilige. Proprio quel che il cinema infondo è.

Dunque, in spregio dell’imperativo filiale, si spargeranno lungo il tragitto piccole quantità delle spoglie mortali  di Joe nei luoghi in cui è stato felice con sua moglie, rabboccando segretamente  l’urna con sabbia raccattata in giro e lo spirito con i ricordi,  allietandosi l’esitenza delle due amiche quella single controvoglia con camionista e gentiluomo dal sorriso irresistibile, ovvero cedendo l’altra, religiosa ed intransigente, poco alla volta alle gioie di qualche innocente trasgressione.

Pertanto qui si procede verso la meta, non perdendo via, via i pezzi, ma rimettendoli insieme e coltivando Arvilla, sin la speranza di far capire alla figlia di Joe, il senso della parola data.

Attrici eccezionali per questo film dell’esordiente, o quasi, Christopher Rowley che giustamente molto investe sulla loro recitazione. Jessica Lange, incurante degli anni  e incredibilmente  radiosa, Kathy Bates, incurante del peso e irresistibile nella sua ricerca di un uomo che di lei sappia apprezzare spirito e verve e Joan Allen, incurante dell’eterno ruolo di cattiva, a disegnare un personaggio che partendo dalla distribuzione di bibbie arriva  a destinazione dopo aver acquisito ben altre divine consapevolezze.

Inevitabile qualche sbavatura, dati il tema della morte  e del distacco, tuttavia sopportabile grazie al tono di prevalente ironia. C’è tanto dell’ american way of life  sia negli atteggiamenti più liberi che in quelli più rispettosi o desiderosi di regole. Entrambi distanti dal nostro stile di europei, quindi meglio astenersi dal valutare con  metri di giudizio che si rivelerebbero inadeguati. A parte l’universale considerazione che poi tutto finisce in cenere.

Quel che resta di mio marito è un film di Christopher N. Rowley. Con Jessica Lange, Kathy Bates, Joan Allen, Tom Skerritt, Christine Baranski, Victor Rasuk, Tom Amandes, Tom Wopat, Bruce Newbold, Kristin Marie Jensen, Ivey Mitchell, Evan May, Erin May, Laura Park, Lyn Vaus, Amber Woody, Skip Carlson, Steve o’neill, Arabella Field, Nancy Roth. Genere Commedia, colore 93 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Teodora Film

Il trucco è …

Il trucco è …

Vicky11

Ultimo film della trilogia europea, anche se  questa volta non sono  le cupezze dei delitti senza castigo o del sesso in funzione della scalata sociale, bensì lo spirito della pochade combinato con quello della commedia libertina, a dominare la scena.

Così, prima del rientro negli USA, Woody Allen  ci offre una visione della vecchia Europa come continente a parte, sui generis, rispetto all’America delle persone normali, degli Umani, divertendosi non poco  a giocare sulla falsariga dei derivanti stereotipi culturali. Americans abroad concreti e noiosetti a confronto con iberici calienti e dunque tutto quel che consegue in termini  di spregiudicatezze vacanziere, baci saffici e menàge a variabile  definizione geometrica.

 Ma niente paura, non sarà certo l’rruzione di Javier Bardem nel ruolo dell’Oggetto del Desiderio o dell’esplosiva Penelope Cruz,  ne’ la paventata ipotesi di  una delle fantasie erotiche più frequenti dell’immaginario maschile, a cambiare il corso delle cose. Alla fine ognuno tornerà a casa più o meno come se nulla fosse accaduto. Sarà pure l’amore ai tempi dell’Indecisione ma poi il relativo ondivagare si sa benissimo che piega è destinato ad assumere.

Dialogo fitto, serrato che qualcuno ha definito invadente, come pure è stato detto della voce fuori campo. Ma è Allen, il suo cinema è sempre un po’ verboso, quand’è così, è difficile tenere la barra dritta, senza sconfinare nel territorio del didascalico. E poi… dopo tanto dostojestizzare, infine si torna a sorridere sulle turbolenze del rapporto uomo donna. Anche se la Johansson continua – bravissima e prediletta dalla macchina da presa – a interpretare il ruolo di alter ego di Woody Allen qualunque sia – altro che musa – la storia che si sta rappresentando.

 Decisivo e generoso il contributo di Penelope Cruz e Javer Bardem, i veri Beni Culturali, da apprezzare insieme a Gaudì, Mirò, il Rioja e alle note della canzone Barcelona. Del resto il film è stato finanziato dagli spagnoli, anche con l’intenzione di valorizzare la città insieme alla clausola che il nome della stessa,  comparisse nel titolo. Verificati gli accordi,  non ci resta che prendere atto dell’ imperdibile quanto necessaria,  lezione  di Juan Antonio  (Bardem ) : Il trucco è godersi la vita senza cercare un senso.

Vicky19

Vicky Cristina Barcellona, è un film di Woody Allen. Con Scarlett Johansson, Penelope Cruz, Javier Bardem, Rebecca Hall, Patricia Clarkson, Kevin Dunn, Chris Messina, Julio Perillán, Manel Barceló, Josep Maria Domènech. Genere Commedia, colore 90 minuti. – Produzione USA, Spagna 2008. – Distribuzione Medusa