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Anno: 2008

Chris delle terre estreme (Happiness only real when shared)

Chris delle terre estreme (Happiness only real when shared)

Certo Chris (o se si preferisce, Alexander) era proprio un personaggio intenso, struggente, uno che dell’istinto di fuga e dell’Allontanamento, aveva fatto ragione di vita  .Scelta coraggiosa quanto autodistruttiva la sua. Ma questa, alle volte, è una ricaduta dello stesso avere coraggio . Ora, la faccenda che Chris potesse essere indicato come esempio ai giovani frequentatori di una scuola di partito, non stava in piedi nemmeno se la si fosse presa  a martellate. Ci mancherebbe altro che dopo un ciclo di lezioni il cui scopo è l’approfondimento della realtà per giungere a  modificarne gli aspetti deteriori, l’oratore prenda e metta sul piatto a mò di comparazione, la visione del mondo di un Grande Fuggitivo. Come dire : abbiamo scherzato. Ma poi cos’è questa storia dell’esempio? Si trattava  della scuola di Sinalunga mica di una sezione distaccata dell’ asilo Mariuccia. Infatti a leggere il discorso di Veltroni tutto diventa più chiaro. La citazione introduceva un passaggio sul valore dell’esperienza collettiva. Già…a leggere  il discorso di Veltroni ….quello che se non fosse per questo aspetto di assoluta marginalità, sollevato  da una giornalista, sarebbe stato totalmente ignorato dalla stampa .Veramente un Veltroni,quella sera, era in cima alle classifiche delle pagine elettroniche  più visitate del Corriere ma si trattava del papà di Martina, neoproprietario di 60 mq coperti a New York City. Non proprio la memorabile transazione di uno spericolato  finanziere. E passi che essendo l’acquirente un personaggio pubblico ed ex amministratore si voglia sapere dove ha preso tutti quei soldi. E che le spiegazioni siano giunte tempestivamente : Rizzoli ha ben onorato un contratto che in fin dei conti gli ha fruttato 250.000 copie e un apertura verso altri mercati.

Una polemica deprimente

Una polemica deprimente

Giovannino Guareschi è stato un intellettuale  di grande spirito, anticonformista, coraggioso, coerente.  Uno, tanto per dire, che ha preferito andare in galera piuttosto che rinnegare le sue idee. Una rarità viste le abitudini  invalse nel Costume Nazionale. Allora come ora. Certo, era un cattolico conservatore, fortemente legato alla tradizione contadina e patriarcale e, proprio per questo, fiero detrattore di quello che era un cavallo di battaglia dei comunisti di allora : il mito del Moderno, senza tralasciare uno solo di tutti gl’infiniti corollari del Progresso. Tuttavia, nessuno scrittore popolare seppe come lui, raccontare, esorcizzandolo, il trauma e  lo smarrimento di un Paese che sulla strada dell’industrializzazione, stava via via perdendo la propria identità, mentre l’ordine delle cose del  piccolo mondo subiva un’irrimediabile trasfigurazione.  Ne’ altri ha mai reso con tanta efficacia, quello scarto che c’è tra le ambizioni e la vanità degli esseri umani  e l’effettiva modestia del loro percorso – di tutti gli ingredienti della satira, l’elemento più sostanzioso – Per questo, ha mille volte ragione Giuseppe Bertolucci quando sostiene che la parte del film  La Rabbia  destinata dal produttore a Guareschi, non rende pienamente  merito al suo contributo intellettuale. Vai a sapere perchè, ne emerge un ritratto stizzito e vagamente razzista che, a dire il vero, non gli corrisponde affatto. Sono dunque in malafede quelli che in occasione della ricostruzione del film  realizzata, così come Pasolini avrebbe voluto, da Giuseppe Bertolucci  – che in quanto presidente della cineteca di Bologna, è depositario della fondazione Pasolini –  hanno parlato di censura e  di ideologismo. La nuova versione non contiene infatti la parte di Guareschi ma ci restituisce molto dello spirito originario del film che non era certo quello di mettere insieme due punti di vista diametralmente opposti in nome di un malinteso concetto di obiettività. I nuovi inserti parlano di temi di attualità,  di conflitti di classe, di paura, avventurandosi la narrazione e scavando in eventi quali la partecipazione italiana alla guerra di Corea, la lotta per l’indipendenza algerina, la morte di De Gasperi, la nascita della televisione. La partenza sono quei cinegiornali d’epoca democristiana – la settimana Incom per intenderci –   che frequentemente usavano travisare i fatti e che nei confronti di Pasolini avevano un atteggiamento irridente e beffardo. Il film ruota intorno ad un lavoro di (prezioso) smantellamento di quelle menzogne. La  risposta poetica oltre che politica alla scontentezza, all’angoscia, alla paura della guerra nucleare che Pasolini intendeva offrire  nell’antico progetto, è in quest’opera ineccepibile dal punto di vista  filologico ( il film, fu sforbiciato a dovere  prima della sua uscita nelle sale dove, tuttavia, rimase pochissimo) per di più arricchita  da  un testo poetico di Giorgio Bassani e un testo in prosa  di Renato  Guttuso.

 Ma comunque  si giudichi  l’operazione diretta da Bertolucci, una scelta artistica rimane una scelta artistica, discutibile quanto si vuole, ma non al punto da giustificare richieste di dimissioni dal comitato per i festeggiamenti del centenario della nascita di Guareschi. Richiesta della famiglia dello scrittore, cui Bertolucci ha immediatamente aderito. Che peccato però. Si renderanno conto gli eredi, quale perdita subisce l’attività del Comitato? Se le cose stanno così, cioè se ci si deve lasciar guidare dall’ umore piuttosto che da autentica passione culturale, allora tanto vale offrire la presidenza delle associazioni  e delle fondazioni direttamente ai parenti, anche se le loro opinioni spesso vengono strumentalizzate per finalità non proprio limpidissime. Così, è accaduto che un vero coro, assolutamente trasversale e bipartisan, abbia trovato la scelta di eliminare dal film la parte di Guareschi addirittura antidemocratica, manco, in quel di Bologna, avessero dato alle fiamme lo spezzone di Guareschi. La Rabbia di Pasolini così come è stata ricostruita, è invece un documento interessantissimo, eretica testimonianza di grandi mutazioni sociali, raccontate direttamente da chi ne fu acuto interprete. Un lavoro che poco ha a che fare con la versione del 1963 : sono  due cose distinte. Escludendo con ciò, il fatto che Giuseppe Bertolucci, che di Guareschi riconosce il contributo , abbia voluto in alcun modo censurarne la testimonianza. Altre dimissioni, per ben altre intenzioni smaccatamente censorie ci vorrebbero.Ma queste come direbbe Giovannino…son faccende troppo grosse.

( la saga della Rabbia in questo blog comincia qui e chissà quando finirà)

LA RABBIA DI PASOLINI
Introduzione di Giuseppe Bertolucci (2’)
Materiale inedito dell’archivio dell’Istituto Luce (16’)
La Rabbia (edizione del 1963, 53’) del Gruppo Editoriale Minerva RaroVideo
Appendice: L’aria del tempo (12’).
Durata totale: 83’

Da un’idea di Tatti Sanguineti.
Realizzazione: Giuseppe Bertolucci.
Montaggio: Fabio Bianchini
Letture della parte ricostruita: Valerio Magrelli e Giuseppe Bertolucci

 

 

Un libro necessario

Un libro necessario

goliarda

Sono molto felice del successo, ancorchè postumo, del libro di Goliarda Sapienza L’arte della gioia e del fatto che in virtù di questo sussulto editoriale, si sappia di lei, della sua vita, del suo tragitto, in ogni caso, fuori da tutti i tracciati. Goliarda mi aveva interessata all’inizio degli anni ottanta con un libro che poi si rivelò straordinariamente efficace (e vero) sul carcere, titolato L’ Università di Rebibbia,  racconto in presa diretta su una realtà che è condensato e specchio fedele di conflitti e storture sociali ( questo era, è , sarà, se nulla cambia, la reclusione di cui oggi si intenderebbe fare uso indiscriminato ). Ma più di ogni altra cosa, è stata la spina dorsale della sua scrittura ricca e vitale, il suo punto di vista orgoglioso e ostinatamente dalla parte delle donne a determinare in me la voglia di conoscere il resto della sua produzione artistica. Vennero altri libri, egualmente caratterizzati dall’ampio respiro di una visione del mondo straordinaria e differente e infine, nel 1988 l’Arte della gioia, un’opera costata a Goliarda dieci anni di lavoro, rimasta nel cassetto per altri venti  perchè rifiutata dagli editori e infine pubblicata da Stampa Alternativa e, purtroppo, passata quasi inosservata. Solo nel 2005 dopo essere stata tradotta in Francia per l’editore  Viviane Hamy e aver venduto, in meno di tre mesi, 72.000 copie, diventa un caso letterario. Ma Goliarda è oramai morta. Un epilogo classico. Un tipico nella sua vicenda umana.   Ora, qui da noi, grazie alla pubblicazione con Einaudi, c’è una gara entusiastica a definire il romanzo un Gattopardo o un Horcynus Orca al femminile. Ma non bisogna dar retta :  sono vezzi della critica che lasciano il tempo che trovano. Il fatto vero è che l’Arte della gioia è un’opera come nessun’ altra, talmente originale da rendere inopportuno qualsiasi paragone. Protagonisti  la grande ansia di vita e una commisurata curiosità verso il mondo di Modesta, donna siciliana forte, determinata, consapevole dei suoi desideri e del suo corpo che farà della ricerca del piacere un insostituibile strumento di conoscenza e libertà e una vera e propria Arte. Amerà uomini e donne in un ampliamento del concetto d’amore che ne vede rafforzati i contorni. Mentre sullo sfondo si avvicendano i fatti di cronaca più importanti dell’inizio del secolo scorso – eros e politica sono  connessi e tenuti insieme da un irreprimibile istinto libertario – si materializza anche il raggiungimento della gioia e la difesa della propria libertà; . Un romanzo, com’è stato scritto, che  insegna a desiderare. Dunque : un libro necessario.

L'unico maestro ( avanti un'altra )

L'unico maestro ( avanti un'altra )

Premetto che a me del grembiule e del ripristino dei voti non interessa granchè. Piuttosto trovo interessante, nella querelle,  il tipo di argomentazione a carico. In un caso, la pretesa di rendere i ragazzi  tutti uguali attraverso la divisa, dalla quale però sono escluse le scarpe e le calze, veri, inoppugnabili indicatori della presenza o meno di esponenti della classe agiata e  nell’altro, questa sventolata esigenza di chiarezza, nella pratica quotidiana,  già assolta dalle insegnanti che da sempre forniscono alle perplessità dei genitori, riferimenti numerici di tipo tradizionale da applicare ai vari ottimo, distinto etc.. Si trattasse solo di questo e delle fandonie sul merito, la si potrebbe pure lasciar fare, la decisionista Gelmini in vetta alle classifiche del gradimento con quell’aria  segaligna da sciuretta   –  che peraltro denota una certa somiglianza con  …lipstick on a pig,  come dire che dall’Alaska al bresciano, la grinta è grinta -  Il dato veramente inquietante di questa vicenda però, concerne il ripristino del maestro unico, una misura puramente  economica  ( vedi tagli ) mascherata  da intenti pedagogici. Insomma, quale sarebbe l’impero del male, il nemico da abbattere, la madre di tutti i disastri? Semplicemente il fatto che all’epoca dell’istituzione del tempo pieno e quindi della pluralità docente, l’esigenza di offrire ai ragazzi quanta più competenza specifica possibile, si combinava perfettamente con un’altra esigenza che oggi viene considerata una bestemmia :  quella occupazionale. Apriti cielo : tutto diventa, immediatamente stipendificio ovvero una triste eredità sessantottina . Di qui, quello che la stampa di supporto chiama ritorno all’antico e che tanto piacerebbe agl’italiani intervistati nei sondaggi. Dice infatti Gelmini che col maestro unico, il bimbo lascerebbe la mamma per ritrovare nella scuola, senza scossoni, analoga, unica, figura di riferimento. Ora tutti sanno che il bimbo oggi viene accudito  dalla mamma, dal papà, dai nonni e/o  dalla baby sitter al quale viene affidato quando i genitori sono al lavoro. E questo nel caso in cui non ci sono separazioni, altrimenti al tradizionale quadretto vanno aggiunti i fidanzati di mamma e papà ed eventuali altri fratellini di vario letto, con altri nonni, cuginetti e zii a piacere : questa è la famiglia italiana in molti casi. Manco nelle fiction d’importazione sudamericana, sopravvive l’idea  di rapporto esclusivo tra madre e figlio, così proficuo tra l’altro, da acquisire necessità  di un prosieguo all’esterno del contesto famigliare. E poi dove sta scritto che una pluralità di figure di riferimento scolastiche generi malessere ? Milioni di ragazzini sono usciti dal tempo pieno senza, per questo, dover passare dallo psichiatra. Cambia la visione del mondo, c’è poco da fare e dove, fino a pochi anni fa, il concetto di maestra / mamma, anche in ossequio alla professionalità dell’insegnante, oltre che alla necessità di una distinzione dei ruoli, veniva indicato come nefasto, oggi tranquillamente si parla di continuità. Come dire che per questi ragazzini non c’è via di scampo : mamme ovunque.

Sono i primi passi della rivoluzione conservatrice sognata e teorizzata nel centro destra più di 15 anni fa?….Il decollo della nuova Alitalia e la riforma della scuola saranno due banchi di prova per i decisionisti. La storia italiana è come la battaglia tra gli antichi e i moderni, dove falsamente si pensava che il bene fosse tutto nel nuovo e non anche nella tradizione.Gli italiani apprezzano il nuovo che sa recuperarla.

E questo è l’ultimo numero di Panorama, elogiante le imprese del governo e che rimprovera agl’italiani di non aver letto i fondamentali saggi di Schmitt sul decisionismo . Che il cielo perdoni l’intera redazione.

Nell’illustrazione Gelmini e Palin (senza la tradizionale cofana in testa)

Bocca di Rosa

Bocca di Rosa

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Chi reclamava certezza della pena, nel frattempo ha  trovato solo un moltiplicarsi di nuovi reati da inserire nel Codice, in rapida ed esponenziale crescita. Quanto alle certezze, basti la cronaca : da una parte si presidiano militarmente gli obiettivi sensibili, dall’altra si consente ad un folto gruppo di teppisti tra Napoli e Roma, ogni tipo di devastazione e sopruso, dimenticando di tutelare, chessò…quantomeno i viaggiatori muniti di biglietto. E pensare che fino a qualche tempo fa si parlava di riforma del Codice, di accorpamenti, di depenalizzazioni  di alleggerimento  dalla nota dei reati civili con ricadute nel penale, in una parola di  razionalizzazione che sarebbe andata a sostenere un più agevole governo della Giustizia e prodotto  un minor affollamento delle carceri tramite l’introduzione di pene alternative. Macchè, qui si parla di braccialetti e di nuova, apposita, edilizia. Più galera per tutti ! E’ il nuovo tormentone.  Ma il pensiero politico che sottende qualsiasi provvedimento del Presente Governo, è sempre lo stesso : far pagare il peso di ogni disagio sociale  alle vittime, l’anello debole, quello più facile da inquadrare, distruggendo, se possibile, quanto di sensato e di positivo è stato costruito in questi anni. E in materia di prostituzione – tanto per dire – la Comunità Europea aveva spesso elogiato il sistema di protezione delle vittime messo a punto, qui da noi. Permessi di soggiorno, una rete di assistenza contro le possibili ritorsioni delle organizzazioni malavitose, occasioni di reinsiremento sociale e lavorativo, offrivano più di una possibilità a chi voleva uscire dal racket. Lo chiamavano Modello Italiano lassù a Bruxelles. Invece siamo tornati all’orrore,  quello che, se esercitato in privato, è molto meno orrorifico. Ricacciare le prostitute entro il perimetro dell’illegalità, costringerle  al chiuso di appartamenti, significa solo renderle invisibili e pertanto più vulnerabili. E che dire dell’abolizione del reato di favoreggiamento, un gran regalo ai protettori che  vedranno così spianata la strada per far prosperare i loro affari, potendo, da qui a poco, affittare impunemente case per far esercitare le donne che risulteranno così, sempre più sfruttate. Ed ecco che ci ritroviamo catapultati  mezzo secolo indietro, in una marmellata immonda di clienti colpevoli e minori rimpatriati come pacchi postali   – Liberiamocene ! -.. Che ce ne importa di quello che trovano a casa loro? –  Mara Carfagna, dopo aver fatto pace col suo passato di vedette che seppur a diverso titolo, ha immolato il suo corpo  alla carriera, può accomodarsi in prima fila, insieme alla fitta schiera dei moralizzatori di questo Paese (riconoscibili dalla doppia, tripla e multipla morale) additando l’unica vera colpevole di tutta questa faccenda che –  non dimentichiamolo  – resta sempre Bocca di Rosa.