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Anno: 2008

Sciuscià ( Shoe Shine ai tempi delle Nike)

Sciuscià ( Shoe Shine ai tempi delle Nike)

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A Vicenza un cittadino prende una multa  di 50 euro perchè legge adagiato – che c’è di più piacevole ? – sull’erba di un parco pubblico. A Roma due insegnanti di catechismo sudamericane, scambiate per prostitute, vengono identificate, ma poiché una ha lasciato i documenti a casa, passa la notte in camera di sicurezza. E non c’è creatività che soccorra il funzionario di turno – un controllo al terminale? Un bersagliere che corre a casa della ragazza a prendere i documenti?  – A Novara si passeggia nel parco dopo il tramonto ma non più di due alla volta. Banditi  i reggi -moccoli.  A Voghera, di notte, non ci si può sedere sulle panchine. Le casalinghe se ne facciano una ragione. A Rimini e a Genova, se si è in strada, è vietato bere dalla bottiglia. A Firenze dove comanda il Cioni, vietato lo strillonaggio – che a me invece piace tanto – e a Groppello – Cassano d’Adda, chiusa la spiaggia sul fiume il giorno di Ferragosto, per evitare che la programmata festa senegalese , degeneri in baccanali e i baccanali in  …annegament i-  così almeno si giustifica il creativo amministratore pro tempore – L’elenco potrebbe arricchirsi di altre brillanti iniziative, alcuni delle quali non nuove – ché di gente sbattuta in cella e trattata come La Recidiva di Parma, ce n’è sempre stata – ma questo piccolo campione sembra sufficiente a chiarire che i provvedimenti di cui sopra, più che contrastare la criminalità sono semplicemente limitativi delle libertà più elementari dei cittadini,puzzano di propaganda, di manovra diversiva, ma soprattutto di abuso. Tanto più che – come pure avvertono le cifre – i crimini sono diminuiti rispetto allo scorso anno, del 10% circa e pertanto tutto questo dispendioso presidio delle città,parrebbe quantomeno sproporzionato rispetto alle effettive esigenze . E poi dietro ad ognuno di queste iniziative, io ci trovo un’idea meschina di Decoro, quella stessa secondo la quale, magari i parchimetri vanno aboliti, il traffico può  appestare l’aria , ma l’omino seduto sull’erba a leggere un libro, fa caos e sregolatezza. Non parliamo dei poveri, la vista dei quali provoca una tale turbativa al Senso Estetico Nazionale che bisogna disfarsene, nasconderli, comunque determinarne l’umiliazione.E non stupisce che in questo clima di gara a chi trova la soluzione più efficace, anche un uomo perbene come il Prefetto di Roma, Carlo Mosca, proponga di offrire ai piccoli rom la possibilità di fare i lustrascarpe fuori dei supermercati. Evocativo di Sciuscià ( oltre che dell’eccidio di Kragujevac, a voler essere pignoli ). Peccato che le scarpe in uso oggi, difficilmente abbisognano di lucidatura e che in questa città, si sperava  proseguisse l’impegno di mandarli tutti a scuola quei ragazzini. Contrastare il senso d’insicurezza dei cittadini, dopo averne determinato scientificamente il dilagare, non sarà impresa da poco. Ci vorrà altra propaganda ed altra creatività, i mezzi non mancano, del resto, al governo in carica. In tutto ciò, si spera nella non assuefazione di coloro i quali hanno capito che la militarizzazione del territorio serve a poco e che la sicurezza consta di uno stile di vita differente da quello che ci è dato, di salari adeguati, di servizi efficienti e del diritto di pensare al Futuro come Possibilità, non come Incubo.

Lei

Lei

Georgia 04

La ramazza poggiata in un angolo le deve essere  servita ad attenuare il senso di devastazione e di angoscia che segue la visione del disastro. Una fatica, quella di ammucchiare i detriti negli scatoloni che può sembrare ridicolmente inutile, in specie dopo il passaggio dei raid aerei. Tanto più che la foto è stata scattata ieri l’altro, in pieno conflitto. Ma quella corvée obbedisce alla sua ansia di un barlume di normalità  e contemporaneamente imprime in concretezza, la cifra del suo essere in ogni caso presente. L’unica pratica che, qualunque cosa accada, le rimane fedele è la cura della casa e dei suoi. Cercare di ripristinare un po’ d’ordine, le deve essere sembrato un passaggio indispensabile a qualsiasi ripartenza. Non so se la donna che siede al centro di questa stanza, sia osseta, georgiana o cosa, ne’ è importante conoscere quale tipo di bombardiere le abbia procurato tanto dolore. So che la non richiesta compostezza di questa autentica vittima di un congegno infernale, incute rispetto. Vorrei inviare migliaia di copie di questa foto ai patiti degli schieramenti, del Risiko Internazionale, degli scacchieri e dei nuovi confini tra oriente e occidente. E naturalmente ai negoziatori, che abbiano sempre innanzi agli occhi la concreta sofferenza delle vittime.

Morire per Tblisi ( e in mezzo scorre l’oleodotto)

Morire per Tblisi ( e in mezzo scorre l’oleodotto)


Sembrano nomi di granducati da operetta – la zona oltretutto sarebbe quella giusta – e invece  Abkhazia e Ossezia del sud, le due enclave filorusse in territorio georgiano, sono state parte di una tragedia più generale, le cui vittime ( morti, feriti, profughi ) utilizzate fin qui a scopi puramente propagandistici,  non hanno turbato troppo le nostre coscienze democratiche, sempre così ben disposte, quando si tratta  esecrare, condannare, manifestare contro l’aggressione di uno stato sovrano.  Si registra invece, ma c’era da aspettarselo, una grande rinascita di esponenti filorussi,  nuovi e vecchi che si danno un gran da fare a tessere l’elogio di Putin con dichiarazioni trasversalmente – da Lamberto Dini a Marco Rizzo –  rabbrividenti. Si va dal Putin che contrasta il processo di occidentalizzazione  e restituisce al paese le risorse economiche e strategiche che gli oligarchi di Eltsin gli avevano sottratto, alla teoria che vorrebbe gli USA accerchiatori della Russia con paesi  partner della Nato, fino alla speranza espressa in un comunicato di Fiamma Tricolore, di vittoria finale di Putin unico baluardo contro le interferenze statunitensi nella zona. Le pulsioni staliniste, si sa, sono dure a morire e, la Storia insegna, assumono contorni variegati, non stupisce dunque che qualcuno veda in Putin l’occasione per rispolverare vecchie glorie e che all’allegra brigata si unisca anche la Destra. Ma per tornare alle cose serie, il  conflitto, largamente annunciato – tant’è che sui due territori erano già operative le forze di peacekeaping composte da soldati russi, delle quali  il ministro degli esteri georgiano aveva, senza esito, chiesto la sostituzione con truppe di nazionalità miste – scoppia per le ragioni che ci vengono ripetute dai telegiornali : c’è un governo in Georgia ansioso di unirsi all’Europa e alla  Nato, quindi sostenuto con disinvoltura dagli Stati Uniti, ci sono i separatisti di Ossezia e Abkhazia che invece vorrebbero ricongiungersi alla madre Russia. Questioni politiche ed etniche, sicuramente sono in ballo ma poi si da anche il caso che in Georgia passi l’oleodotto che da Baku porta gas e petrolio alle nostre centrali e che l’intera vicenda si colori di ulteriori  significati. Naturalmente dalla conta delle responsabilità, il governo georgiano non risulta immacolato, ma qualunque siano le motivazioni, chi invade con i carri armati e con i bombardieri, uno stato – altro che reazioni sproporzionate come dice Bush -  un progetto imperiale sta di sicuro perseguendo , ma questo nessuno lo rimprovererà mai all’amico Putin. Se poi a tutto ciò, si aggiunge la possibilità di una sfida aperta agli Stati Uniti – con annesso monito al futuro presidente – più altri contestuali avvertimenti agli stati che, attratti dall’orbita occidentale, volessero seguire l’esempio georgiano, ecco che la guerra diventa un indispensabile stratagemma che soddisfa più di un’esigenza del Cremlino. Missione compiuta dunque, chiosa Medvedev subito dopo  l’intervento della Comunità Europea. Anche perchè di enclave russe strategicamente allocate ce n’è in Moldova come in Ucraina e la partita potrebbe continuare su altri tavoli. Gli atlantisti sono avvertiti. Del resto con il Kosovo abbiamo inaugurato l’era del Diritto Internazionale à la carte ovvero alla mercè del più forte. Così tra ricatti energetici, l’ombra della sovranità Serba annullata da istanze indipendentiste ratificate dalla comunità internazionale e la solita storiella della guerra umanitaria in difesa delle popolazoni oppresse, Putin – altro che zar – non lo ferma più nessuno. Tantomeno l’amico George Bush la cui politica subisce un’ ulteriore sconfitta, questa volta sul terreno della capacità di difendere gli alleati. Al momento, l’accordo formulato da Sarkozy è sufficiente per il cessate il fuoco ma non per costruire un processo di pace duraturo. La parola  passa ai negoziati, nella speranza che concezioni geopolitiche obsolete, chiuse entro logiche di schieramento, lascino il posto alla ridefinizione di un modus vivendi nello spazio post sovietico. Unico approccio coerente buono a sciogliere gli enigmi post imperiali. Unico modo per farsi seriamente carico del benessere di popolazioni incolpevoli. Ci mancherebbe solo di andare a morire per Tblisi o per Ossezia combattendo,  per di più,  una guerra retrodatata.

Il banjo di Luke

Il banjo di Luke

 Cool Hand Luke valse a  George Kennedy, qui nella foto con Paul Newman, l’Oscar per miglior attore non protagonista. Paul dovrà invece aspettare il 1986 – Il colore dei soldi – per quel riconoscimento che alla fine, dopo tante attese, nemmeno ritirò personalmente. La stangata per esempio aveva vinto tutti gli Oscar possibili,  meno che quelli destinati agl’interpreti. 

Con grande commozione l’altra sera, Robert Redford a Cortona, lo ha ricordato.

Quasi quasi ci arrabbiamo

Quasi quasi ci arrabbiamo

pechino

Se, come ha detto  il presidente Jacques Rogge, le Olimpiadi di Pechino saranno un grande catalizzatore per il problema dei Diritti Umani, lo si vedrà da qui a qualche tempo. Al momento, i soli  Primati che l’Occidente si è guadagnato sul campo, sono quelli dell’ Ipocrisia e della Doppiezza. Se lo spirito olimpico è – come ci viene ricordato – parte dell’umanesimo moderno, allora alla Cina non bisognava affidare nemmeno l’organizzazione di un torneo di biglie, atteso che quando si parla di violazione dei Diritti Umani, si allude ad ogni sorta di Crimine di Stato : dalla pena di morte, alla tortura, ai lager. Senza dimenticare le brillanti operazioni di trasferta in Tibet, Birmania e Darfur.  Di fronte a tutto questo, i mugugni dei paesi che hanno rilasciato dichiarazioni di sangue o minacciato il boicottaggio, per poi precipitarsi all’inaugurazione, sono stati più insultanti della stessa indifferenza con la quale si è accettata la candidatura di Pechino a sede olimpica. Da una parte si finge indignazione, dall’altra si pensa alle importanti commesse o agli accordi commerciali,  tralasciando di riflettere, stavolta  senza nemmeno prendersi il disturbo dell’indignazione, sulla natura stessa della florida economia cinese, fondata sull’iniquità e sullo  sfruttamento di una manodopera priva di garanzie e retribuita con salari ridicoli. E del resto non lo ha detto già Bush, campione mondiale di tutte le indignazioni,  che il Mercato è l’unica via di salvezza per la Cina ? Non ci vuole molto per capire che quella è l’unica libertà che sta davvero a cuore all’Occidente. Dunque, la festa può cominciare.