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Mese: Ottobre 2008

St Louis blues

St Louis blues

Barack Obama in Missouri, dove i sondaggi lo danno avanti su McCain  sebbene di poco. Intanto lo slogan delle primarie Yes we can si è trasformato nel più deciso Change we need e anche se proprio ieri i repubblicani, nei sondaggi,  hanno ridotto le distanze di un punto, l’entusiasmo di questa folla a St Louis,  incoraggia l’ottimismo. Di qui al quattro novembre la forbice è destinata a restringersi, diminuendo sempre più, il numero degl’indecisi. Si spera in una distribuzione omogenea dei tentennanti. Change we need, Anche noi lo vorremmo.

Tre donne e una Pontiac

Tre donne e una Pontiac

Quel che resta di Joe, non è certo tutto nell’urna cineraria che invano sua moglie Arvilla ha tentato di sottrarre –  obbediente alla volontà del consorte – alla pretesa di un funerale californiano con tutti i crismi ( che laggiù sono parecchi).

A reclamarne la degna sepoltura è una figlia del defunto che più antipatica e scostante non si potrebbe. E ricattatrice per giunta. O il funerale a Santa Barbara, o niente casa in Idaho, quella dove Arvilla e Joe hanno vissuto per lungo tempo. Cedere, pur dolorosamente, si dovrà cedere, e sarà  infatti questo, il motivo all’origine del viaggio, ovvio protagonista di Quel che resta di mio marito, come del resto, di  ogni altro film o romanzo o racconto on the road che si rispetti.

Complici dell’operazione di condurre l’urna all’inflessibile figliola, saranno le due migliori  amiche di Arvilla. Il mezzo: una Pontiac convertible “Bonneville” del 1966, rossa, un sogno americano di automobile d’epoca,  oggi raggiungibile per la non esorbitante somma di ventimila dollari. Percorso : da Pocatello (Idaho) a Santa Barbara  (California ) attraverso il Nevada dei deserti, dei laghi, delle pianure salate, panorami mozzafiato, una degna cornice alla vicenda.

Ma prima di passare a quanto di eccitante e commovente  accadrà along the way, sarà bene precisare che in tutta questa vicenda, Thelma & Luise, stracitate raccordandone l’impresa a questo film, ovunque se ne sia scritto o  parlato , c’entrano pochissimo. Vanno bene l’avventura al femminile, le decappottabili, il vento tra i capelli ( o il foulard con gli occhiali da sole) e qualche analogo paesaggio o sperduta pompa di benzina, ma la direttrice di marcia, è orientata in direzioni opposte e laddove c’era un viaggio – fuga  di sola andata, con marcia trionfale verso il precipizio, qui abbiamo un viaggio di solo ritorno, proprio quel che il cinema predilige. Proprio quel che il cinema infondo è.

Dunque, in spregio dell’imperativo filiale, si spargeranno lungo il tragitto piccole quantità delle spoglie mortali  di Joe nei luoghi in cui è stato felice con sua moglie, rabboccando segretamente  l’urna con sabbia raccattata in giro e lo spirito con i ricordi,  allietandosi l’esitenza delle due amiche quella single controvoglia con camionista e gentiluomo dal sorriso irresistibile, ovvero cedendo l’altra, religiosa ed intransigente, poco alla volta alle gioie di qualche innocente trasgressione.

Pertanto qui si procede verso la meta, non perdendo via, via i pezzi, ma rimettendoli insieme e coltivando Arvilla, sin la speranza di far capire alla figlia di Joe, il senso della parola data.

Attrici eccezionali per questo film dell’esordiente, o quasi, Christopher Rowley che giustamente molto investe sulla loro recitazione. Jessica Lange, incurante degli anni  e incredibilmente  radiosa, Kathy Bates, incurante del peso e irresistibile nella sua ricerca di un uomo che di lei sappia apprezzare spirito e verve e Joan Allen, incurante dell’eterno ruolo di cattiva, a disegnare un personaggio che partendo dalla distribuzione di bibbie arriva  a destinazione dopo aver acquisito ben altre divine consapevolezze.

Inevitabile qualche sbavatura, dati il tema della morte  e del distacco, tuttavia sopportabile grazie al tono di prevalente ironia. C’è tanto dell’ american way of life  sia negli atteggiamenti più liberi che in quelli più rispettosi o desiderosi di regole. Entrambi distanti dal nostro stile di europei, quindi meglio astenersi dal valutare con  metri di giudizio che si rivelerebbero inadeguati. A parte l’universale considerazione che poi tutto finisce in cenere.

Quel che resta di mio marito è un film di Christopher N. Rowley. Con Jessica Lange, Kathy Bates, Joan Allen, Tom Skerritt, Christine Baranski, Victor Rasuk, Tom Amandes, Tom Wopat, Bruce Newbold, Kristin Marie Jensen, Ivey Mitchell, Evan May, Erin May, Laura Park, Lyn Vaus, Amber Woody, Skip Carlson, Steve o’neill, Arabella Field, Nancy Roth. Genere Commedia, colore 93 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Teodora Film

Il trucco è …

Il trucco è …

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Ultimo film della trilogia europea, anche se  questa volta non sono  le cupezze dei delitti senza castigo o del sesso in funzione della scalata sociale, bensì lo spirito della pochade combinato con quello della commedia libertina, a dominare la scena.

Così, prima del rientro negli USA, Woody Allen  ci offre una visione della vecchia Europa come continente a parte, sui generis, rispetto all’America delle persone normali, degli Umani, divertendosi non poco  a giocare sulla falsariga dei derivanti stereotipi culturali. Americans abroad concreti e noiosetti a confronto con iberici calienti e dunque tutto quel che consegue in termini  di spregiudicatezze vacanziere, baci saffici e menàge a variabile  definizione geometrica.

 Ma niente paura, non sarà certo l’rruzione di Javier Bardem nel ruolo dell’Oggetto del Desiderio o dell’esplosiva Penelope Cruz,  ne’ la paventata ipotesi di  una delle fantasie erotiche più frequenti dell’immaginario maschile, a cambiare il corso delle cose. Alla fine ognuno tornerà a casa più o meno come se nulla fosse accaduto. Sarà pure l’amore ai tempi dell’Indecisione ma poi il relativo ondivagare si sa benissimo che piega è destinato ad assumere.

Dialogo fitto, serrato che qualcuno ha definito invadente, come pure è stato detto della voce fuori campo. Ma è Allen, il suo cinema è sempre un po’ verboso, quand’è così, è difficile tenere la barra dritta, senza sconfinare nel territorio del didascalico. E poi… dopo tanto dostojestizzare, infine si torna a sorridere sulle turbolenze del rapporto uomo donna. Anche se la Johansson continua – bravissima e prediletta dalla macchina da presa – a interpretare il ruolo di alter ego di Woody Allen qualunque sia – altro che musa – la storia che si sta rappresentando.

 Decisivo e generoso il contributo di Penelope Cruz e Javer Bardem, i veri Beni Culturali, da apprezzare insieme a Gaudì, Mirò, il Rioja e alle note della canzone Barcelona. Del resto il film è stato finanziato dagli spagnoli, anche con l’intenzione di valorizzare la città insieme alla clausola che il nome della stessa,  comparisse nel titolo. Verificati gli accordi,  non ci resta che prendere atto dell’ imperdibile quanto necessaria,  lezione  di Juan Antonio  (Bardem ) : Il trucco è godersi la vita senza cercare un senso.

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Vicky Cristina Barcellona, è un film di Woody Allen. Con Scarlett Johansson, Penelope Cruz, Javier Bardem, Rebecca Hall, Patricia Clarkson, Kevin Dunn, Chris Messina, Julio Perillán, Manel Barceló, Josep Maria Domènech. Genere Commedia, colore 90 minuti. – Produzione USA, Spagna 2008. – Distribuzione Medusa

Fin du Régime

Fin du Régime

 

 

Arugula eating elitist  lo ha definito  McCain , un elitario mangia rughetta, ma non perché  come vorrebbe far credere la propaganda repubblicana, il contendente democratico,  incurante della crisi, si sia pubblicamente  lamentato dell’aumento del prezzo di un genere – la rucola appunto – che in America viene venduto a prezzi proibitivi, ma semplicemente perché arugola-eating è l’epiteto con il quale vengono definiti ironicamente i radical chic. Tanto per ribadire quanto ce ne corre tra un ex combattente in Vietnam  e un ex professore di Diritto Costituzionale presso la Chicago University. Di qui la trovata di McCain di tirare in ballo durante l’ultimo dibattito televisivo ,  Joe the Plumber ovvero  Joe Wurzelbacher, non propriamente un idraulico ma un aspirante piccolo imprenditore che dopo un comizio a Toledo in Ohio, aveva chiesto conto a Obama del tetto di 250.000 dollari al di sotto del quale il programma dei democratici prevede importanti riduzioni fiscali e che – a suo modo di vedere – penalizzarebbe l’eventuale progetto di acquisizione dell’impresa in cui attualmente  lavora. Ed è a lui, preoccupato dalla risposta di Obama sulla necessità di lanciare un piano di sostegno per la classe media attraverso la redistribuzione della ricchezza, che McCain si è rivolto nominandolo un numero imprecisato di volte  Joe, io ti aiuterò non solo a comprarti l’attività per cui lavori da una vita, ma terrò le tue tasse basse e darò a te e ai tuoi dipendenti la possibilità di avere un’assistenza sanitaria che vi potrete permettere“. Bum.

 A questo punto Obama non ha voluto essere da meno  :  Parlo direttamente a te Joe, se sei lì e ci stai guardando: sai di quanto ti alzerò le tasse? Zero” e fa il segno congiungendo  pollice e indice  E le taglierò a chi ha bisogno: l’idraulico, l’infermiera, il vigile del fuoco, l’insegnante, il giovane imprenditore. E ricordiamoci che il 98 per cento dei piccoli imprenditori guadagna meno di 250mila dollari l’anno. Sensato  (ma quanto guadagna un idraulico  ancorchè in proprio in Ohio?)

Insomma questo tirare Joe the Plumber per la manica è andato avanti un bel pezzo, tanto che l’interessato – un tipo simpatico, vagamente somigliante a Mastro Lindo – ha confessato a posteriori, non senza un pizzico di civetteria, di trovare un po’ surreale il fatto di essere nominato in una campagna presidenziale. Joe voterà quasi sicuramente repubblicano avendo trovato un po’ troppo socialista il proposito redistributivo di Obama ma, a parte non l’aver capito che se vincessero i democratici pagherebbe meno tasse di quanto crede, si è rivelato per McCain l’ennesimo boomerang: ci hanno poi pensato i media a scoprire qualche macchiolina nella condotta di colui  che voleva essere l’incarnazione del sogno americano e che invece si è scoperto avere un passato di contribuente non proprio impeccabile e che, dopo la sconfessione dell’Unione degli idraulici e dei gasisti del New Hampshire : I veri idraulici sono preoccupati per parecchie delle proposte di McCain non sembrerebbe neanche appartenere ufficialmente alla categoria.

Ma a parte tutto questo, è proprio in questi giorni che il cavallo di battaglia di Reagan ( e dei repubblicani negli anni a seguire) il governo non è la soluzione ma il problema viene costantemente smentito. L’America ha avuto modo di sperimentare per trent’anni i fasti dell’ ideologia  della deregulation e del lasciar fare al mercato. Oggi che a causa del tracollo finanziario,  la domanda di governo,  di stato e di norme, di leggi salvataggio, si fa più pressante, McCain appare ancor più vecchio di quanto non lo sia realmente. E di questo suo essere nonostante le sue ripetute proteste – Io non sono Bush –  un esponente dell’Ancient Régime, se ne avvantaggia Obama,  arugula eating o  taxing and spending,  secondo gli avversari ma, che riconosce allo  Stato il ruolo di guida della vita e dell’economia del Paese. Un’era, il cui tracollo è idealmente sancito dal conferimento del Nobel per l’Economia a Paul Krugman, professore a Princeton e da sempre coerentemente critico verso le derive del neoliberismo di stampo conservatore, sta per finire. Spetterà al futuro presidente inaugurarne un’altra. A meno di grandi sorprese, secondo i sondaggi, questa possibilità dovrebbe essere data a Obama che dovrà fare i conti con una delle sfide più ardue dai tempi di  Roosevelt. Non è nella modalità delle campagne elettorali americane, esprimere nei dettagli i programmi, ma Obama guadagna punti perchè oggi, agli occhi dell’opinione pubblica incarna la volontà di soccorrere i più deboli. Speriamo che al di là del grande segno di cambiamento che la sua elezione produrrebbe, quelle aspettative siano premiate. Ora la sua priorità è vincere. Dopodichè dovrà rimboccarsi le maniche.

Era inevitabile che Joe the Plumber,  detto anche Joe Sixpack  ( la confezione da sei, delle lattine di birra) scatenasse la fantasia dei disegnatori satirici, soprattutto dopo la scoperta dei suoi problemi con il fisco. La simbologia più utilizzata rimane in ambito idraulico : il WC e lo  sturalavandini sono i più  in voga. Discretamente in auge  anche associare la sincerità di McCain a quella di Joe.

Marietta monta in gondola

Marietta monta in gondola

gondolaromegiftshop_2021_11089450Poichè di qui a un mese, c’è una tornata di scioperi da riempire buona parte delle caselle del calendario, ieri sera Bruno Vespa, per giusto contrappeso, ha creduto bene di celebrare le gesta del governo in carica. Convocati alla bisogna :  il ministro più mediatico e operativo che c’è ( non so se sia ancora il più amato o se sia stato soppiantato da altro personaggio) , l’esponente dell’Opposizione più educato del mondo, la segretaria del sindacato idealmente più contiguo al governo, il direttore del giornale di centro sinistra più charming e moderato del panorama editoriale e infine un attore di tutto rispetto in veste di comico, perchè un tocco d’ironia ci sta bene, ma che in quel contesto, poichè tutti i posti erano stati occupati, gli è toccato sedersi dalla parte del torto e ricoprire lui da solo, l’ingrato compito dell’Opposizione intransigente.

Ovviamente si è parlato di pubblico impiego quindi dell’unico inconveniente in materia : i fannulloni e i furbacchioni. Sono state mostrate code agli sportelli, lunghe da qui a lì e sotterranei di pubblici edifici ingombri di documenti abbandonati e sporcizia.Tutta colpa degl’inetti impiegati che invece di ripulire, vanno in vacanza al mare per curarsi l’artrosi, esibendo certificato di malattia. Dei dirigenti mai.

Mentre invece, nelle situazioni definite "di eccellenza " – asl  di Siena –  è stato intervistato un bel Capo, tirato a lustro, che con l’occasione, si è beccato tutto il merito e anche gli elogi del gentile pubblico.

Contro il malcostume, una serie d’interventi messi a punto dal ministro che  avrebbero riportato sul posto di lavoro parecchi latitanti. Come se questo di per sè bastasse a riqualificare i servizi che, qualora mal funzionanti per questioni strutturali , continuerebbero ad essere tel quel, con buona pace  dell’organico cosidetto lordo, in servizio effettivo permanente.

Ma vaglielo a dire a chi,  senza la presenza di un qualunque  nemico da abbattere, non riesce nemmeno ad emettere una circolare.   Tuttavia, non sono mancati momenti toccanti, come quando al ministro sono state mostrate le immagini – carramba che sorpresa !- di un servizio girato nella  sua Venezia, corredate da interviste ai di lui congiunti e al vecchio maestro (unico), più una serie di foto sbiadite con assorimento di care memorie  a piacere. E poichè l’attività della famiglia Brunetta era, in tempi andati,  concentrata in una rivendita di souvenirs, anche la bancarella relativa. Tutto ciò, mentre scorrevano le immagini sovrimpresse dell’interessato  (più visibilmente che mai) commosso. Con l’occhio lucido dal quale sgorgavano incontenibili,  autentiche lacrime. Eh si. Son momenti… meritevoli, come se non bastasse, di un  colpo di scena a suggello: l’ingresso in studio di una vera gondoeta (de plastica, ostrega) , con le lucine e i fregi d’oro, proprio uguale a quella che si vendeva nella bancarella di cui sopra. Il ministro ne ha sin illustrato i difetti di fabbricazione, azzardando un giudizio estetico – orribili – Che gusto impeccabile, avranno osservato gli spettatori . Sipario, applausi, titoli di coda.

Ma se le cose stanno così, perchè perdersi in inutili scervellamenti :  cioè, se dal punto di vista dell’informazione sia più efficace il docu drama, l’infotainment o lo stile minimal di Report. Porta a Porta è la sintesi al basso, di tutti questi generi: più lo spirito dei documentari celebrativi di Leni Riefenstal, della telenovela, della fiction, del noir e del fantasy. Manca l’animazione, ma il vignettista organico, è già sul posto ad annunziare altre rivoluzioni.

Un Oscar, un premio, un riconoscimento, al montatore che affianca i palmizi della vacanza  presunta a sbafo, al sotterraneo dell’ufficio ingombro, è do-ve-ro-so. Perchè quello che si vede alla sera tardi sul primo canale, è cinema, mica storie. Un altro premio, per piacere,  a chi ha redatto il servizio " Chi è davvero il ministro ", riuscendo ad omettere quella non trascurabile parte della sua  biografia, in cui è stato consulente economico dei più dispendiosi, dal punto di vista della spesa pubblica, governi presieduti da Bettino Craxi. 

 Altro che impassibili osservatori e giuste distanze, altro che separazione tra fatti e opinioni. Sbagliano quelli che pensano di poter capire l’aria che tira, anzi lo Zeitgeist, privi dell’ausilio di quell’importante strumento che è la trasmissione di Vespa. L’informazione è tale se dimostra la tesi con i fatti . Ma tutto il programma – in questa circostanza, quasi  privo di contraddittorio – è stato confezionato per far credere allo spettatore che i fatti fossero  le palme connesse all’immondizia dei sotterranei, con qualche raro esempio di buon funzionamento ( peraltro molto costoso, come è stato sottolineato, trattandosi di un ‘amministrazione di sinistra, una stoccatina ci voleva ) Mentre invece tutto ciò è solo una parte infinitesimale di una realtà che magari è assai più drammatica – chiunque munito di buon senso sa che non basteranno provvedimenti  a caso, a sanarne le storture –  ma che comunque non è quella rappresentata.

Ma il vero dramma in questi frangenti, consiste nella difficioltà di sobbarcarsi l’onere di un contraddittorio, pena la noia dei distinguo,  acuita dal  contesto ottimista, entusiasta e fringuellante o peggio l’essere  tacciati per difensori dei disonesti, da espedienti dialettici assai in uso presso gli esponenti dell’attuale governo. Mai vista la Polverini camminare sulle uova come ieri sera. Polito, piazzare un timido concetto ogni mezz’ora e l’esponente dell’Italia dei Valori offrire collaborazione su tutta la ruota. Manco fossimo alla cena della Vigilia.

Ne’  è stato sufficiente il talento di un Paolo Villaggio – troppo raffinato – per contrastare la rozzezza dell’orchestrazione . E se nemmeno la satira riesce a smontare l’impalcatura, siamo messi male.

Infelice deriva del servizio pubblico che non riesce a darsi regole quando si tratta d’informazione ( non vale solo per Vespa) e che comunque fa della manipolazione un principio guida. Si dirà che esistono altre trasmissioni in Rai, ma il rigore della Gabanelli o di Iacona non riescono ad essere un reale contrappeso a certe forme di depravazione, oramai giunte ben oltre l’esaltazione della politica-spettacolo.