Il fatto è che il Festival è come Pasqua e Natale, puoi pure fare l’albero postmoderno o mettere l’uovo in braccio alla sorpresa ma quando arrivano i parenti a colazione, ti rendi conto che è inutile : la festa comandata è inemendabile, manco la stricnina nella minestra o la sventagliata di kalashnikov al posto del dessert, potrebbero qualcosa Non a caso anche lì funziona la tautologia…Natale è Natale esattamente come Sanremo è Sanremo
Le modalità festivaliere in genere si alternano : un anno ‘o famo strano e quello dopo chiamiamo Pippo Baudo. Una tantum, cioè quando proprio gli ascolti rischiano il crollo per sopraggiunta saturazione e serve un salvataggio, viene convocato con rullo di tamburi e sei puntate propedeutiche da Vespa, il terzista per eccellenza: Paolo Bonolis. Quello capace di mettere insieme l’avanguardia, il pop, il canto gregoriano e la romanza, accontentando così più o meno tutti.
E infatti quest’anno facevi prima a dire chi mancava e soprattutto cosa, tra il sesso direttivo – ancorché senza amore – nella terza (o forse quarta?) età, il melting pot, i rifiuti di Napoli, l’intero pacchetto sicurezza – ronde escluse – stipato nei refrain di Masini e Luca che era gay e adesso sta con lei. Roba che se Grillini non gli avesse dato una mano, Povia sarebbe tornato a casa subito, lui e tutta la sua tornata di ta tse bao edificanti. Gran pigia pigia anche tra cast e ospiti : Allevi e Bacharach, con gli scrittori famosi che inviano la missiva, gli attori che la leggono, l’étoile, Mina che canta in contumacia una romanza da tenore, inquietanti reunion del trapassato remoto, l’ultima rockstar, la penultima rivelazione pop, il più grande batterista, il doppio premio Oscar, gl’indossatori lasagnoni al posto delle vallette sceme, le playmates vitaminizzate e un collegamento col Palazzo di Vetro. Persino Benigni in nome della discontinuità ha rinunziato a Dante e all’amore universale per tornare a quel po’ di satira politica che le circostanze consentono. Poi legge Wilde, Grillini applaude in piedi prima d’intervenire sulla felicità della coppia omosessuale di lunga durata. Nessuna audacia. Preparate i fazzoletti. Ovvio che in tutto questo minestrone qualcosa che ti piace, alla fine, la trovi per forza. Soprattutto se la contropragrammazione Mediaset è stata particolarmente generosa col Festival, mentre si fa strada il sospetto che questo lievissimo calcar la mano sulla kermesse anarco situazionista serva in realtà a mimetizzare l’inconsistenza delle canzoni in gara.
Tolti Pravo e Tricarico, il resto è un po’ convenzionale. Non voglio dire sgradevole, ma insomma, tutta qui la canzone italiana ? Meglio le nuove proposte, si sbattono di più, steccano meno e tra parole e musica riescono ad essere più originali, ma li fanno cantare a notte fonda e tutto si perde.
E poi ci sono loro. Laurenti, spalla ben sincronizzata e Bonolis esponente di spicco della patafisica televisiva, uno che all’ennesima polemica sul cospicuo cachet, risponde strillando al tentativo di delegittimazione, manco fosse il Quirinale. Signore indiscusso del congiuntivo ben messo e dell’eloquio spropositatamente forbito, parla per ore senza dire niente, però….che dialettica ..chiosa Al Bano, sospirando.
Per l’ultima serata ci siamo superati, abbiamo avuto i metalmeccanici, il presidente albanese sorridente dal palco, il divo Cassel, la divina Lennox, una ricercatrice precaria incinta e la De Filippi in veste di presentatrice. Quest’ultima a riprova del fatto che quel muro – tra RAI e Mediaset – è stato abbattuto. Parola di Bonolis. Stamo tutti qua. Lui lo annuncia trionfante e a metà del Paese si gela il sangue. Alla fine vince Marco Carta della scuderia di Amici. Anche l’ultima barriera è stata infranta.Volemose bene e tiramo a campà.
L’intento, la missione dell’intero spettacolo insomma, alla fine, ci viene svelato : sarebbe quello di mostrare, attraverso la musica, il Paese, anticipando così le inevitabili considerazioni del sociologo ritardatario, domani. Ma quel che riesce a venire fuori di prepotenza è solo lo stereotipo, una macchietta tragicomica più finta e assurda di Papaveri e Papere. Del resto qui da noi, successo o fa rima con eccesso, o non è.
Che s’ha da fà. E pensare che il servizio pubblico potrebbe tranquillamente fregarsene dell’Auditel, lasciando gli altri da soli a scannarsi per gli ascolti. Si avrebbe un po’ più di qualità e competizioni meno avvilenti.
Anche se c’è da dire che queste prove ansiogene dello strafare di Bonolis hanno il pregio di sfuggire spesso di mano e quando accade, regalano momenti esilaranti. Come la modella in body painting che tenta il colpaccio salendo sul palco, ma viene portata via in mezzo a due gendarmi stile Pinocchio, mentre il bravo presentatore in tuxedo luccicante, raccomanda Piano per carità…non ha fatto niente, era …arrivata in pace.
Nella foto Tricarico, subito eliminato