Del nostro meglio
Che Salvini parli di Cinema può anche non destare scandalo in un universo in cui la conoscenza approfondita (ma anche minima) di qualsiasi materia non è requisito fondamentale per esternazioni e dibattiti. Certo se alla filmografia di riferimento leghista appartiene roba come Barbarossa – con tutto quel che significò, all’epoca, in termini di pasticci, intercettazioni, pressioni della politica,visite di Bossi sul set e box office piangente – le cose cambiano. Diciamo che Matteo Salvini non ha quel che si dice un gusto impeccabile in materia e che non sente il bisogno di vedere i film prima di parlarne. E diciamo pure che nel reclamare al Grande Cinema Italiano il di meglio da proporre è racchiusa un’ignoranza di altro segno, di quelle che non si colmano solo con la conoscenza specifica.
Giacché questo è esattamente il nostro meglio e non solo perché lo dicono Scorsese o i selezionatori della Quinzaine des Réalisateurs a Cannes (non precisamente gli ultimi arrivati, ma che fa? Un colpo di sonno collettivo potrebbe essere capitato anche a loro)) ma perché uno sguardo differente sulla realtà ha del meraviglioso come una perfetta inquadratura ed è esattamente il tratto distintivo del Grande Cinema Italiano quando decide di smetterla con i garibaldini al convento per occuparsi di ladri di biciclette.
Anche allora la Politica ebbe da ridire. Un altro tratto deprimente del Costume Nazionale.
A Ciambra è il nome di una comunità rom di Gioia Tauro (il territorio è quello di Rosarno, per intenderci). Jonas Carpignano, in una modalità ben calibrata tra finzione e documentario mostra senza giudicare ( è questo che non va?) ma anche senza intenti sociologici (altra pecca?) la vicenda di Pio Amato quattordicenne che si ritrova ad essere capofamiglia dopo l’arresto del padre e del fratello. Una sorta di linea d’ombra fatta di furti, relazioni familiari, rapporti con la comunità dei neri (negri & zingari, al povero Salvini sarà preso un attacco)
Senza sociologia, giudizio morale e soprattutto senza Redenzione si può parlare di Grande Cinema? Speriamo di si.
Un apprezzamento dunque per la commissione dell’Anica che ha designato il film di Jonathan Carpignano in rappresentanza del cinema italiano agli Academy Awards 2018.Una scelta coraggiosa, se si pensa ai temibili concorrenti nella sezione film stranieri e all’imprevedibilità della giuria.Ma un film, in quella circostanza, dovrebbe rappresentare il paese in cui è stato prodotto. E come Fuocoammare (altro strambuglione per i razzisti) questo film è proprio parte di Noi. Salvini ingoi il rospo (e le ruspe).
A Ciambra è un film di Jonas Carpignano 2017 con Pio Amato, Koudous Seihon. Titolo originale: A Ciambra. Genere Drammatico – Italia, Francia, Germania, 2017, durata 117 minuti. distribuito da Academy Two.
6 pensieri riguardo “Del nostro meglio”
Bellissimo film…finale che ti lascia un po’ male, e il che va bene
Mi son persa i commenti cinefili di Salvini!( Il correttore, di suo, mi aveva scritto “cinofili”…ovvio!!!) :-)
Cito tes-tua-le
Dopo gli immigrati clandestini, i Rom. Possibile che il grande cinema italiano non abbia di meglio da proporre?
Che poi se avesse visto il film non avrebbe potuto rilevare inquadrature ruffiane, ricattatorie, visioni pietistiche o esaltanti il fatto culturale del vivere di espedienti.
Non c’è niente di peggio per certi cinofili che il mettere in piazza le cose come stanno.Magari a qualcuno potrebbe venire in mente che quelli sono come sono ma chi doveva ( chessò …la Politica) non ha mai fatto nemmeno il possibile.Anzi.
Purtroppo da ottobre in avanti è stata tutta un’escalation di dichiarazioni. Salvini e i suoi sodali non hanno perso la minima occasione per cavalcare ed alimentare l’intolleranza nei confronti dell’altro… in questi ultimi gg ad esempio non hanno risparmiato neppure il Museo Egizio di Torino ed il Festival di Sanremo, per dire… mala tempora currunt!!!
Ogni giudizio politico per Salvini è superfluo,voglio dire …troppa grazia. Salvini è semplicemente disumano.
E poi questa politica che ficca il naso ovunque, dalle canzonette alle iniziative dei musei, senza farci mancare mai mai e poi mai i propri giudizi balzani e disinformati su ogni minimo aspetto della vita quando non della morte.
Particolarmente quelli della nostra generazione che si sentono stanchi o delusi e magari pensano di stare a casa il 4 di marzo, dovrebbero porsi il problema di tracciare il solco tra le loro disillusioni e quella disumanità, capire il pericolo e compiere il dovere civico della scelta.
Hai perfettamente ragione. Anche se mi sarebbe piaciuto ascoltare queste tue stesse parole da coloro che – vuoi per un motivo vuoi per un altro – hanno in diversa misura e con differenti responsabilità indebolito la risposta democratica da contrapporre a questi signori.