Reclusione portatile
La liberazione delle donne afghane dalla schiavitù del burqa, doveva diventare la success story dell’intervento militare occidentale.Sei anni dopo, nonostante alcuni significativi cambiamenti in campo legale ed istituzionale,la realtà è ancora molto critica e le donne che hanno il coraggio di esporsi,lo fanno a proprio rischio.Fuori da Kabul,là dove domina la santa alleanza tra i talebani,i signori della guerra e le milizie private,la vita delle donne procede tra insicurezza personale ed abusi quotidiani.I governi locali prendono impunemente decisioni che limitano la libertà femminile non molto diverse nella sostanza, da quelle dei talebani.L’onore della famiglia si misura attraverso il comportamento delle donne e il burqa – reclusione portatile, come da brillante definizione dell’antropologa Hanna Papanek – è uno strumento per salvaguardare questi valori.Soprattutto è diventato una misura di sicurezza,un modo per uscire di casa senza essere aggredite.
foto Reuters
3 pensieri riguardo “Reclusione portatile”
da Elena di Troia le donne sono sempre state un pretesto per fare la guerra.
che tristezza!
ciao cris
Mamma mia…..che tristezza….
“reclusione portatile”
una descrizione brutale ma efficacissima.