Knock on doors

Knock on doors

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La notizia non consiste  tanto nel fatto che che Giovanna Melandri, italoamericana con doppia cittadinanza, faccia  Knock on doors per Obama, in quel di Filadelfia. Ma che i democratici di Obama organizzino ancora i porta a porta per gl’indecisi, mentre i democratici di Veltroni, in analoga circostanza – l’ultima campagna elettorale –  abbiano ritenuto di ridurre questa pratica, confidando quasi esclusivamente sulla copertura mediatica di cui, in effetti, ha goduto il tour del segretario, e sulle iniziative dei candidati. Più qualche ammennicolo di nuova, per il simpatizzante medio, concezione legato all’uso della Rete, ma sul cui funzionamento, ancora non si hanno le idee chiare.

Saranno anche importanti, e oramai irrinunziabili, la mediaticità di una campagna, i cospicui finanziamenti, gli spot, le cene coi notabili, i siti internet, i blog, myspace e tutto il resto del corredo – e Obama in tal senso è attrezzato come non mai – ma poi alla fine, con gli indecisi, quello che funziona di più è  il contatto diretto. Un elenco di nomi stilato da chi conosce la tal  porzione di territorio e i relativi orientamenti, perchè evidentemente ci ha lavorato,  l’appuntamento, collettivo o individuale che sia, e il confronto diretto, nel tentativo di soccorrere con successo le incertezze. Con tanti cari saluti a facebook.

Per carità, non che con questo si sarebbero rovesciate le carte sul tavolo della storia, a Obama per spopolare – e ancora non è detto – oltre che i potenti mezzi e le sue indubbie qualità, gli ci sono voluti una guerra, l’impoverimento del paese, il crollo dell’Impero e due mandati Bush che avrebbero ucciso qualunque continente. Ma intanto, se nonostante le condizioni assai favorevoli rispetto al risultato, la tensione è tale da mobilitare volontari oltreoceano, per ascoltare ed eventualmente convincere gl’indecisi, significa che la modalità classica, un senso di efficacia ancora lo conserva. E in epoca di difficoltà a rettificare le informazioni distorte, per inadeguatezza di mezzi, rispetto all’insostenibile spiegamento proprietario della controparte, qualcuno che viene a sciogliere qualche incertezza vis à  vis, vale oro. Non un improponibile  ritorno al passato di defatiganti campagne capillari – che poi, sempre di controinformazione  erano fatte – ma un sitema integrato di mediaticità, tecnologia e rapporto diretto con le persone. Se si fa per Obama…

nell’illustrazione pasticcini “elettorali” a Denver

Meno. Più. Ma anche

Meno. Più. Ma anche

Festival 2

Più italiani, meno americani. Più film e meno tappeti rossi. Meno budget e più facilitazioni per il pubblico…e così di seguito. Mai nessuno che si prenda la briga di tirare in ballo..chessò.. più qualità, più innovazione, più sperimentazione, meno mercato, indipendentemente da tutto il resto.

Aspettando il Festival – non chiamatela Festa che altrimenti Rondi s’avvilisce – è  tutta una cantilena di  più e di meno, tanto per ribadire che con la cultura ci sanno  fare pure loro e che questa è la rivincita del nuovo corso sull’ancien régime filohollywoodiano, dei salotti, delle terrazze e dei panem et circenses .

Speriamo che per estensione, non utilizzino l’ incremento nelle prevendite come riprova dell’imbarazzante consenso di questo governo.

Ciò detto, il premio alla carriera sarà consegnato ad  Al Pacino, mentre il pubblico incontrerà  nell’apposita sezione Cronemberg, Cimino, Mortensen più la strana coppia Verdone – Servillo. Domani, data d’inizio del festival  vero e proprio – stasera cerimoniali e festa di popolo sotto l’ambasciata Brasiliana a Piazza Navona –  invece della solita superproduzione internazionale di rito un po’ dappertutto nei cinefestival –  sarà Maria Sole Tognazzi con il suo L’uomo che ama  ad aprire le danze. Conferito dunque il necessario tocco di discontinuità alla manifestazione, le proiezioni che si presumono più interessanti, sono stipate nella sezione l’Altro cinema  già Extra che ha mantenuto la stessa gestione tecnico-artistica delle precedenti edizioni. Ma di questo e di quanto ci sarà di bello da vedere, sarà  dato conto nei giorni prossimi.

Quest’anno c’è un maggiore radicamento nel cinema di casa nostra ha dichiarato il sindaco Alemanno

mentre Gianluigi Rondi ha detto  l’italianità  non è mai stata una mia idea per questa che è una manifestazione internazionale

Mettetevi d’accordo.

Paiono traversie…

Paiono traversie…

A nessuno veniva in mente che erano le tre di notte e che era ora di dormire .Si dice sventura , dolori – disse Pierre – ma se ora in questo istante mi dicessero vorresti tornare a essere quello che eri prima della prigionia o soffrire tutto da capo? Per carità, chiederei di nuovo la prigionia e la carne di cavallo. Noi pensiamo che quando siamo spinti fuori dal solito sentiero tutto sia finito per noi : invece è solo lì che comincia il nuovo, il bene. Finchè c’è vita  c’è anche felicità. Nell’avvenire ci sono molte cose. Molte. Questo lo dico a voi –  fece rivolgendosi  a Nataša.

Leone Tolstoj Guerra e pace

Vittorio Foa amava molto questa pagina di Tolstoj in cui Pierre, appena ritornato dalla dura prigionia francese, racconta la sua storia. Amava anche ripetere  Paiono traversie e sono opportunità, il pensiero di Vico che lo aveva accompagnato e sostenuto  per gran parte della sua giovinezza. Nei duri anni di prigionia aveva  proiettato nel futuro la sofferenza e le privazioni del presente. Le aveva vissute non come un patimento da sopportare stoicamente o religiosamente ma ritenendole possibilità quindi scelte. Vittorio Foa ci lascia naturalmente moltissimo della sua lunga esperienza politica, in documenti,  libri e articoli di giornale. Ma lascia anche un’ importante lezione esistenziale, ben sapendo che chi dedica la propria vita all’impegno politico, alle  battaglie civili, incontra sul tragitto grandi ostacoli, momenti di scoramento e disillusione : Vorrei chiedere una cosa ai ragazzi, di non vedere tutto come un dramma, di non prestare fede a chi vede catastrofi dappertutto. Se possibile usate l’ironia e l’autoironia: esse ci consentono di essere coinvolti e distaccati, di capire e di partecipare.

Ho mischiato le sue parole alle mie, come di chi è riconoscente.

Tu quoque

Tu quoque

Manifestazione nazionale di insegnanti aderenti ad una cinquantina sigle, tra sindacati e associazioni, avvenuta ieri  19 ottobre a Parigi, in difesa della scuola pubblica. Anche da quelle parti, si prevedono tagli all’organico e penalizzanti misure di contenimento. Anche da quelle parti la ministra ha accolto l’iniziativa con la medesima grazia e disponibilità della sua collega italiana, trovando le ragioni dei manifestanti injustifiées et décalées. Ma da quelle parti la maestra unica già c’è, e nonostante questo, il piano del governo prevedrerebbe egualmente l’eliminazione di quelle figure  professionali – les Rased – addette al recupero dell’insuccesso scolastico. I tagli concernono complessivamente 13.500 posti di lavoro, quando oltre 11.000 ne sono stati  già soppressi lo scorso anno. Questa volta però, sono di turno anche i Licei, con una consistente riduzione del tempo scuola. Tra gli slogan di punta, una famosa citazione da Abramo Lincoln  Si vous trouvez que l’éducation coûte cher, essayez l’ignorance. Ma quanto a quello, noi ci stiamo organizzando già da un pezzo.

Anche in Francia viene dichiarato da parte dei sostenitori del governo, essere la propria spesa per l’istruzione più cara che altrove, che gl’insegnati godono di infiniti privilegi (i soliti mesi di vacanza) e che l’organizzazione scolastica è pachidermica.

St Louis blues

St Louis blues

Barack Obama in Missouri, dove i sondaggi lo danno avanti su McCain  sebbene di poco. Intanto lo slogan delle primarie Yes we can si è trasformato nel più deciso Change we need e anche se proprio ieri i repubblicani, nei sondaggi,  hanno ridotto le distanze di un punto, l’entusiasmo di questa folla a St Louis,  incoraggia l’ottimismo. Di qui al quattro novembre la forbice è destinata a restringersi, diminuendo sempre più, il numero degl’indecisi. Si spera in una distribuzione omogenea dei tentennanti. Change we need, Anche noi lo vorremmo.