La meravigliosa Alexandra

La meravigliosa Alexandra

L’idea che proprio questo film fosse un’opera di regime (putiniano) solo perchè affrontando il tema della guerra in Cecenia, preferisce indagare il  versante della tragedia esistenziale su entrambi i fronti, piuttosto che quello delle responsabilità – peraltro a tutti note – del Cremlino, guardando Alexandra, non trova particolare fondatezza. Eppure intorno a questa presunzione, la critica lo scorso anno a Cannes, dove il film era in concorso, s’ è accapigliata in un modo inusuale, differentemente cioè da  quanto normalmente accade in termini di consensi, quando c’è di mezzo un’opera di Aleksandr Sokurov. Qualcuno ha persino definito Alexandra un passo falso, un film minore rispetto alla trilogia dei tiranni o alla magnifica Arca Russa.

Magari capita  – ma  questo a tutto vantaggio di una necessaria, dato il tema,  immediatezza – che il linguaggio cinematografico risulti un po’ meno ermetico.Ovvero il Cinema tutto, e questo succede a livello mondiale, sta ponendosi il problema di una modifica profonda al modo d’intendere il film di attualità e denunzia dei problemi che affliggono il nostro tempo. Più di un regista, Coppola per esempio , sostiene che il modo migliore per parlare di guerra è non mostrarne le immagini e Sokurov esorta a non indulgere nel poetico, filmando  storie  di conflitti. Trovo sensata ed infinitamente più efficace,  la rinunzia dei cineasti agli schemi narrativi  tradizionali. L’orrore è inesprimibile, dice Sokurov. Il dolore che ne consegue, aggiungerei, ha tali e tante sfumature da poter essere espresso al riparo dal rischio del convenzionale e della scontatezza. Per il resto, il film è imperdibile (anche se sarà facile perderlo, visto che esce,con un anno di ritardo,  in poche città e poche copie, parte questa settimana e parte  la prossima). Il lungo e disagevole viaggio di una nonna, interpretata da Galina Vishenevskaya, incantevole soprano, esordiente attrice di grande intensità, per visitare il nipote nel suo accampamento in Cecenia e la breve permanenza tra i soldati, sono l’occasione per mostrare con drammatica semplicità il deserto e la disperazione che le guerre invariabilmente producono. Girato in luoghi autentici tra vere postazioni militari – un mese intero tra le rovine di Grozny e dintorni – completamente immerso in un beige seppiato da dimensione metafisica e costruito su tempi narrativi di solenne lentezza, Alexandra, torna anche ai temi di Madre e Figlio, delle relazioni parentali, dell’essere madre come tramite comunicativo con i soldati  russi del campo ma anche con le donne cecene incontrate al  mercato con le quali ha naturalmente molto da condividere. Galina Vishenevskaya e a suo marito, il maestro Rostropovich, Sokurov aveva già dedicato una delle sue elegie : l’Elegia della vita, un’esortazione alla libertà artistica e un omaggio a questa coppia di musicisti così importanti per il ventesimo secolo.

 

 

 

 

 

 

Alexandra è un film di Aleksander Sokurov. Con Galina Vishnevskaya, Vasili Shevtsov. Genere Drammatico, colore 92 minuti. – Produzione Russia 2006. – Distribuzione Movimento Film

Er pigneto è quella cosa ….

Er pigneto è quella cosa ….

Tanto per mettere un po’ di pepe alla questione del fascismo risorgente, ci sono buone probabilità che al Pigneto il raid contro il negozio indiano, sia  stato organizzato da uno di sinistra  con tanto di tatuaggio del Che e quindi, a suo dire, col marchio a denominazione d’origine controllata e garantita sul braccio. Vale la pena di leggere l’intervista rilasciata a Repubblica  per farsi un’idea di come  quel tipo di “attaccamento e presidio del territorio” – indove a mi madre e a mi sorella nun je devi fischià dietro – non sia una novità per quelle parti. Pasolini, che da qui a Torpignattara, era di casa e che con queste contraddizioni in seno al popolo, ha riempito pagine e chilometri di pellicola , docet. Non che questo chiuda – o minimizzi –  la questione col fascismo di certi atteggiamenti che al Pigneto come altrove irrorano abbondantemente il tessuto sociale con la logica der rispetto dell’ultimo per il penultimo . Una volta era la presenza di napoletani, baresi e siciliani a nutrire i vagheggiamenti di pulizia etnica nella teppa di quartiere, e ora  si è passati agli extracomunitari, presunti delinquenti, come del resto l’intervistato,  ma non selettivi nell’individuare le vittime – rapinare la banca va bene, il portafogli dell’amica mia, no, è uno sgarro intollerabile – A quei tempi ci sarà stato anche il cocomeraro e il venditore di cozze col limone, come viene ricordato nostalgicamente nell’intervista, ma il quartiere che solo di recente ha conosciuto un buon  programma di riqualificazione, era tutt’altro che un luogo tranquillo e privo di tensioni. Ad ogni buon conto, che i raid partano dalle sezioni di forze nuove o vecchie, o dalle case popolari o dai Parioli, ciascun per sè, che cambia? Forse c’è una prepotenza buona e una cattiva? Secondo l’ispiratore della spedizione, esponente non raro, della coatteria borgatara,  parrebbe che sì. Il fatto che ne  sostenga la validità , quasi se ne vanti e intenda con una simile impresa, offrire un esempio alle figlie diverso da quello consueto del pregiudicato per furto, è l’esito di un clima che a Roma è cambiato e che non contemplando la riprovazione sociale per i fanatici dei presidi territoriali, oramai  incoraggia a far da sè e ad esprimersi liberamente in termini di vieta xenofobia. E sarei anche d’accordo a pigliarmela col fascismo risorgente – se mai se ne fosse andato –  e a imbastirci su una bella campagna, a patto che dentro la categoria fossero annoverati, e con nettezza messi al bando, anche i numerosi fascisti rossi che però siccome vengono dal popolo, sono molto più interessanti e degni di attenzione, di quelli in svastica e rasatura a zero. Altro che moderazione nei giudizi e negli atteggiamenti, ci sarebbe da rivoltare come un calzino anche certa cultura di sinistra e cominciare a fare piazza pulita di luoghi comuni a cominciare da lì.

Air Conditioned

Air Conditioned

Il dato fin qui più rilevante, è il forte plauso che sostiene  ogni provvedimento assunto dal  governo in questa prima fase del mandato. I sondaggi in tal senso, servono solo da conferma ad una sensazione che è già netta tendendo l’orecchio ai discorsi delle persone che incontri. Piccoli e grandi indizi di vasto consenso e forti aspettative accompagnano il Quarto Mandato. Il governo affronta i temi forti di campagna elettorale – disagio ed insicurezza – inaugurando una sorta di Diritto Speciale caratterizzato dalla sospensione delle garanzie costituzionali. E’ possibile che per  inadeguatezza del sistema giudiziario, difficoltà organizzative, carenza di mezzi  o diretto intervento della corte costituzionale,  di queste leggi speciali,  rimanga ben poco. Comunque vada però, si  è stabilita una tale sensazione di efficientismo, da lasciar prevedere un lungo periodo di sintonia tra PDL e gli elettori. Tutti oramai sono convinti che togliere i rifiuti dalle strade di Napoli valga bene il conferimento di una straordinaria ed inedita concentrazione di poteri nelle mani di un solo uomo – Bertolaso –  al quale sono oltretutto subordinate Prefettura, Forze dell’Ordine, Questura etc. E anche se l’unica impresa fino ad ora di successo – mettere intorno ad un tavolo i rappresentanti dei cittadini di  Chiaiano per organizzare i rilievi nell’area da destinarsi a discarica – in realtà segna  lo scacco della logica militare, gl’inasprimenti, la creazione di nuovi reati, le maniere spicce, seppure in forte odore di limitazione dei diritti costituzionalmente garantiti, sono ritenuti  metodi vincenti. Il linguaggio dell’emergenza sollecita l’immaginario, le discariche sono diventate aree d’interesse strategico nazionale, saranno  con ogni probabilità presidiate dall’esercito e anche se Maroni e La Russa concedono magnanimamente l’impegno del non utilizzo dello stesso, in funzione di ordine pubblico – ma l’esercito non avrebbe comunque lo stato giuridico per tale compito – l’idea è quella che sia stata dichiarata una guerra – a chi? – presumibilmente ai cittadini, visto che il decreto sui Rifiuti non s’incarica minimamente delle cause ambientali, affaristiche, malavitose che hanno fatto da contorno all’inerzia degli amministratori locali in questi anni. Senza misure in tal senso, senza attenzione a questi fenomeni, il ritorno alla cattiva gestione è pressocchè garantito. Mi si dirà che per quello abbiamo già leggi. Ma le avevamo anche in materia di ordine pubblico, perchè l’emergenza concerne solo quello ? Ma il pugno duro, l’uomo solo al comando, piacciono, rassicurano, sono sintomo di pronta risoluzione di ogni impasse. Si è approfittato di un momento d’insicurezza strutturale dei cittadini per agitare mostri. Riuscendo perfettamente l’operazione, si passa a completare l’opera con la gestione autoritaria di qualsiasi cosa passi per le mani . La vitalità dell’opinione pubblica, strumento necessario del controllo democratico, oramai si esprime solo in temini di populistico giustizialismo, per tacer di chi, reduce dalla sconfitta elettorale, non sa più a che santo votarsi,  ondivagando tra stati di prostrazione da buttare in caciara, come si dice da noi,  o di orrendo nichilismo ( caciara meno lieta e più contagiosa ma egualmente disperata). Ma qui si gestisce il Presente e si pensa al Futuro. E se questo è il clima in cui si elaboreranno future riforme istituzionali, si può esser certi che la tentazione presidenzialista diverrà un rischio acclarato. Perdere la fiducia nei buoni principi democratici  adesso, sarebbe pazzesco. Guardiamo la vicenda di Chiaiano alla giusta distanza, come se fosse una fiction, connettiamo ogni elemento, ogni dato, ogni componente, ogni implicazione, ogni forza in campo  e le conclusioni invariabilmente andranno a parare su questo semplice dato : è quasi estate ma l’aria condizionata è stata accesa da un bel pezzo.

Per un cinema dei panni sporchi

Per un cinema dei panni sporchi


C’è una sorta di feroce contrappasso nel fatto che al Marché, il Divo di Sorrentino abbia suscitato grande interesse tra i compratori stranieri. Pur essendo un discreto cinefilo ( o forse proprio per questo ) il senatore Andreotti della fine anni 40, avversava il neorealismo come cinema che, raccontando delle nostre miserie e della fatica post bellica di risalire la china, restituisse all’estero una visione non decorosa del nostro paese. Ma non solo Andreotti si diceva convinto che una cinematografia brillante ed ottimista avrebbe giovato di più all’ Immagine. Ettore Scola lo rappresenta da par suo, quel sentimento  di ostilità che animava una visione piccolo – borghese  nei confronti di storie di gente comune, allestite in contesti miserevoli, interpretate da attori non professionisti, strutturalmente inadatte sia a risolversi in  happy end che a lasciar intravedere un tenue filo di speranza. In  C’eravamo tanto amati, le autorità di un piccolo centro abbandonano sdegnate il cineforum dove si è appena proiettato Ladri di biciclette dicendo appunto che i panni sporchi si lavano in famiglia. E non è un caso che del cinefilo controcorrente che ha proposto la pellicola per il dibattito, si racconterà, per tutto il resto del film la parabola da Perdente Nato. Come potessero all’estero pensare ad una nostra presunta floridità, visti gl’ingenti finanziamenti dell’epoca – Andreotti stesso perorante –  soprattutto statunitensi, non è dato sapere. La verità su quell’avversione, infatti, risiede altrove e cioè nella potenza del Cinema che avvalendosi di strumenti semplici ed immediati può trasformarsi, da innocuo intrattenimento ad arma minacciosa per conservatorismi e restaurazioni ( o all’ opposto, di promozione di totalitarismi). Il neorealismo era un cinema sovversivo anche oltre le intenzioni degli autori : sapeva parlare al cuore e alle coscienze, istigava rivolte anche raccontando la banale storia del furto di una bicicletta. Ecco perchè l’Italia del Pericolo Rosso non lo ha mai amato. Oggi che il nostro cinema tenta la riconquista del posto che gli spetta, torniamo a discutere – ma forse non abbiamo mai smesso – se sia o meno il caso di mostrare storie vere che parlino di noi, di quel che siamo stati, di quel che vorremmo essere ma con l’ausilio indispensabile del racconto di quello che siamo oggi. Che almeno il Cinema non sia un’operazione consolatoria e racconti il Paese che c’è. I selezionatori di Cannes hanno scelto quattro film : Malavita organizzata ( Gomorra ), Potere (Il Divo), Xenofobia ( Il resto della notte ) Fascismo ( Sanguepazzo) tutti accomunati da un medesimo istinto culturalmente sano, vivo e attivo dei nostri cineasti : un distacco studiato, voluto, volto a decifrare il disagio, e raccontarlo, cercando nei nostri film, una specie di ‘utopia concreta’, un progetto di ‘futuro possibile’, a portata di mano, una rivendicazione orgogliosa, capace di vibrare in sintonia col paese reale: vedersi rappresentati, vedersi raccontati, aiuta a capirsi.
Perché di questo c’è bisogno: di tornare a ‘vederci’.
Ho preso a prestito,per quest’ultimo passaggio, le parole dei “100 autori” nella loro bella lettera di qualche mese fa, indirizzata al futuro governo. Nello stesso momento in cui i fondi destinati al Cinema già esigui di per sè, subiscono un taglio del 20 %, il nostro cinema forte vario e appassionante (sono sempre i 100 autori a parlare) ottiene due significativi riconoscimenti. Questo paese sarà anche un gran produttore di panni sporchi ma anche di grandi talenti per promuoverne l’esposizione e il lavaggio.In luoghi quanto più pubblici sia possibile

Respiro impresa

Respiro impresa

La malattia del paese è la bassa crescita ma l’occasione – un esecutivo con una solida maggioranza e un’opposizione dialogante – è irripetibile e pertanto non bisogna lasciarsi sfuggire  l’opportunità di liberare le imprese dall’oppressione fiscale, da quella burocratica e  – come ti sbagli ? -  anche da quella giudiziaria. Emma Marcegaglia è stata molto deludente, da lei, così capace, fiera e concreta si sperava arrivasse un segnale di maggiore autonomia e invece la sua modalità di donna alla guida della Confindustria risulta complessivamente  indebolita, soprattutto  per il gioco di specchi che il discorso tenuto all’assemblea annuale di ieri,  ingaggia col Programma di Governo, dal capo del quale, non a caso,  riceve alla fine,  appalusi e abbracci. Qualcuno ha scritto che è stata arrogante, che a ognuno ha consegnato un compito e ad ognuno ha assegnato un voto . Magari. Invece niente, adattando il suo disegno a quello del Governo ha compiuto esattamente l’operazione contraria : gran docilità, nella richiesta costante dell’investitura ufficiale. Come se non fossero stati sufficienti i consensi plebiscitari che l’hanno portata alla Presidenza.  Quanto al merito, non che ci si aspettasse qualcosa di diverso da una visione del mondo  marcatamente liberista, attribuire però, le responsabilità della scarsa crescita ad un sistema che va sicuramente riformato e alleggerito ma che sottende una serie di garanzie per i lavoratori e la collettività, significa banalizzare, e di molto, l’analisi. Insomma a sentir lei, Marcegaglia, le imprese di questo andamento poco brillante dell’ economia hanno responsabilità sfumate , nemmeno quelle di amare, per esempio, i mercati protetti, le agevolazioni, gli aiuti statali, l’essere in certi casi poco versati al rispetto delle regole ed infine mancare di coraggio negli investimenti per formazione e ricerca. Il prosieguo è in tono e realizza una specie di crescendo rossiniano :  ridefinire  i rapporti industriali oramai obsoleti, indicizzare le pensioni all’attesa di vita liberando risorse per il lavoro delle donne e dei giovani e i salari alla produttività, rivedere contratto collettivo nazionale e regole del mercato del lavoro puntando sulla flexicurity. Per realizzare ciò, mano tesa al sindacato nella stagione che vede il superamento della contraddizione tra capitale e lavoro. Certo che se però è l’impresa e non lo sviluppo, il fine ultimo di tutta questa nuova stagione di concordia, se agl’impenditori prospererà sotto agli occhi il fatturato e ai  lavoratori non rimarrà che la flexsecurity, sarà difficile archiviare del tutto l’aborrito conflitto. Il resto va, nella noia dello smantellamento delle municipalizzate, dei costi della politica da abbattere e di rifritture varie: dai pantaloni Fendi ai grazie a mammà e papà imprenditori  – se non si è discepole inappuntabili, si è figlie, non si scappa –  per la formazione ricevuta e per averle consentito di respirare Impresa fin dai primi anni di vita. Il fatto, ahimè, è che con i suoi discorsi, anche i presenti, respirando, hanno sentito lo stesso odore .