Spifferi
Primo spiffero : D’Alema “Riformisti e democratici” (Red), costola di Italianieuropei. Vassallo “Fondazione scuola di partito”. Fioroni and co Quarta fase” ( con rivista). Fassino, “Pensiero democratico”. Letta “Trecentosessanta gradi”. Rutelli “I Coraggiosi” e – ultima in ordine di apparizione – Controcorrente di Giovanna Melandri, la corrente di quelli contro le correnti, starring nientepopodimenochè Giuliano Amato, grand deserteur della riunione di Red al Farnese, dov’era atteso in quanto copresidente di Italianieuropei, ieri pomeriggio. In agenda poi ci sarebbe la riunione dei Mille che senza mezzi termini dichiarano di voler uccidere il padre (curioso ordine del giorno ma.. problemi, come si dice in questi casi, loro ). E’ ignoto se questo parricidio comporti necessariamente il farsi corrente o fondazione o quel che l’è, ma questo lo sapremo dopo l’assise di luglio (o forse mai, che è lo stesso). Questa, più o meno, la mappatura delle Correnti a stasera. Devo dire che non considero tutto questo movimento ( ce n’è parecchio) un sintomo di crisi che casomai, si evidenzierebbe altrove. Del resto seppur meno esposte ai rumors e alla mediacità, all’interno del PCI ci sono sempre state, ne sanno qualcosa Giorgio Napolitano e Armando Cossutta, entrambi capofila di rispettive compagini, attivissime e quasi mai allineate, lo dico così ..tanto per citare un paio di esempi di quanto sia nuovo, il nuovo che ci avanza. E va da sè che non siamo nemmeno al Passato che ritorna, se ognuna di queste organizzazioni riuscisse ad attirare con le proprie iniziative, l’interesse di cittadini politicamente non schierati, a immettere energie altre nel circolo chiuso di dinamiche stranote, questa fioritura tardo primaverile sarebbe persino un bene. Così purtroppo non sarà, ognuno parteciperà ad un numero imprecisato di riunioni, con gli amichetti propri ( sempre quelli, perchè oramai nemmeno chi sta con chi provoca sussulti rispetto all’andazzo generale, sonnacchioso anzichenò) e poi quando sarà il momento i più bravi presenteranno il conto. Cioè in soldoni chiederanno la rappresentanza nelle liste elettorali di futura compilazione. Davvero crediamo ancora alla Befana?
Il secondo spiffero arriva da qui – gran delusione – e cioè dalla oramai consueta rampogna del neo designato Wittgenstein ( dunque non eletto come gli altri) alla Direzione Nazionale, peraltro su proposta del Segretario del PD Veltroni (ma de eso no se habla). Che strazio …ma è ovvio che essere giovani non basta esattamente come non basta essere vecchi, ma sta storia finirà col diventare un tormentone senza senso se non viene quantomeno mutato il registro. Intanto perchè nel caso di specie i gggiovani hanno mediamente quarantacinque anni, il che non li colloca propriamente all’interno della categoria classicamente intesa, e poi perchè molto più semplicemente l’idea che conoscere il mondo coincida con avere confidenza con Facebook o con la Rete è di una banalità sorprendente. Le uniche credenziali possibili, sono i voti riportati da qualche esponente del citato elenco alle primarie o peggio alle elezioni. Che altro? Con tutto il rispetto per i curricula di tutto rispetto, in una organizzazione democratica contano le proposte, quelle che ancora non ci è capitato di conoscere. Le aspettiamo da un anno a questa parte. In mancanza, stiamo ascoltando esclusivamente le lamentazioni che poi vengono rimpallate dai blog, ma quanto può durare? Tutti dicono che il problema è culturale ( e vai col tango della nuova cultura) che bisogna trovare altri linguaggi su sicurezza, legalità e giustizia per rivolgere ai cittadini le nostre proposte che – attenzione! – non devono essere costruite sulla scorta di quelle della destra ma autentiche originali e in armonia con la nostra formazione di sinistra. E poi? E poi basta.Tutti si fermano lì. Al limite ci si lamenta, mentre tra un sospiro e una sgranata d’occhi ci si interroga smarriti su cosa faccia l’Opposizione. Forse continuiamo ad essere in balia delle vecchie nomenclature perchè il nuovo che qualcuno va squadernando da mesi non poggia su un’iniziativa politicamente dignitosa?

Un paio d’ore e, più passate a leggere le geremiadi post sconfitta dei titolari di blog e siti, legati, iscritti, eletti o trombati nelle liste del Partito Democratico, mi hanno chiarito le idee sull’entità e sulla qualità della protesta contro la mancanza di democrazia interna nel partito stesso. Devo confessare che più di risollevare il morale già duramente provato dalla disfatta – qualcosa si muove? Macchè - sono piombata, come se ce ne fosse ulteriore bisogno, nello sconforto più totale. Non che non condivida in linea di massima i rilievi che vengono posti alla nomenklatura ma solo perchè, una volta tanto, in calce alla lista delle doglianze, mi piacerebbe facesse capolino un’avvisaglia del che fare di buona memoria. Non sarebbe poi male, che a margine di tali dibattiti,si tenesse conto che un Partito sedicente Democratico, in occasione di critiche all’interpretazione del criterio di rappresentanza, dovrebbe riflettere quantomeno sul tipo di regole che si è dato con le Primarie, considerando come, le pur legittime aspirazioni di cambio di vertici e compagini varie, possano risolversi esclusivamente tenendo conto di quelle regole. In sostanza se la classe dirigggente non va, c’è un solo modo di sostituirla : diventare maggioranza al congresso, proponendo una nuova dirigenza e un nuovo segretario. Come si ottiene ciò? Convincendo gl’iscritti con proposte alternative politicamente dignitose. Altrimenti non c’è scampo, sono tutte uguali le nomenklature del mondo esattamente come sono tutte uguali le opposizioni alle stesse, con il risultato che all’affresco autoreferenziale già abbondantemente declinato nelle lamentele, si aggiungono nuovi personaggi, tingendosi l’atmosfera generale con i colori inquietanti dell’impotenza. Veltroni è stato eletto poggiando la sua candidatura su liste omogenee ad un progetto politico. E’ impensabile che il segretario governi il partito con altri che non siano quelli che le primarie hanno designato direttamente ed indirettamente. Il nodo è tutto lì. Allora perchè io sento parlare di cambiamento senza che – tranne in un caso conclamato – in ciò venga anche inclusa la carica di segretario?. Si abbia allora il coraggio di mettere in discussione il nome di Veltroni invece che di menare il can per l’aia prendendosela, ora con i singoli candidati ( le poche donne sono i bersagli preferiti,tra l’altro ), ora con non meglio identificate sedi informali di decisione dai nomi suggestivi…caminetti, salotti e – new entry nel gergo populista – ora pure le terrazze. Chi ragiona in questi termini o solo di questo, va cercando rassicurazioni per sentirsi autorizzato a non fare i conti con una durissima realtà italiana. Ecco perchè sarebbe gradita un’analisi onesta che si avventuri oltre la campagna elettorale, che non individui i motivi della sconfitta solo in quella e soprattutto che si ponga il problema del futuro e cioè di quale opposizione fare: Sotto questo aspetto la discussione è stata assai povera di considerazioni.Si potrà riempire quel vuoto? Potrà il configurarsi di una nuova cultura precedere la scelta di nuove classi dirigenti? O dobbiamo aspirare al nuovo senza conoscerne i contorni? Chi ha qualche anno conosce assai bene la discussione sui contenitori che è senz’altro da annoverarsi tra gli errori più frequenti del passato.Tenere botta – ci mandano a dire – Nel contempo però cerchiamo anche di farci del bene.
Inutile girarci intorno, da quando sono stati presentati i dodici punti di Programma, l’interrogativo è uno solo e riguarda la totale assenza dall’elenco dei temi cosidetti sensibili. Può un Partito Democratico candidarsi a governare il paese disegnando un progetto di rinnovamento della società senza sfiorare l’intera partita della Laicità e dei Diritti che ruotano intorno al rispetto della dignità della persona?Certamente no.Tuttavia la settimana che è alle nostre spalle, contrassegnata da un grave episodio, quello di Napoli, di violazione dello Stato di Diritto e conseguenti reazioni istituzionali e di piazza inducono a molteplici riflessioni. Una concerne il versante altamente provocatorio del gesto, maturato in un clima odioso di attacco alle libertà civili e di gravi ingerenze di stampo clericale nella vita pubblica. L’altra più corposa e meno scontata, riguarda il dibattito che ne è seguito e che invece di appuntarsi sulla violazione, sull’accertamento delle responsabilità e sull’azione punitiva ed eventualmente risarcitoria dei soggetti coinvolti è scivolato nel merito della legge 194, sulla sua possibile rivedibilità.Faccenda che non risulta essere tra le priorità del dibattito politico nazionale, essendo la legge, largamente monitorata (sicuramente più della legge 30),avendo prodotto buoni risultati sul piano della diminuzione complessiva delle interruzioni volontarie ed essendo la questione dell’aborto terapeutico largamente all’attenzione degli enti scientifici preposti e irrilevanti dal punto di vista statistico i fattori di criticità .Cose che succedono in campagna elettorale, dove per qualcuno è più conveniente parlare di vite potenziali che di vite in atto, di etica piuttosto che di precariato,di grammatica piuttosto che di pratica.Sono stata contenta che Veltroni abbia pronunziato un giudizio definitivo sulla 194 e , non m’interessa a quali scopi e con quanta sincerità, che altettanto abbia fatto Berlusconi. Nessuno può mai dirsi al sicuro in tal senso ma passi importanti sono stati compiuti . Con tutti i dubbi che il caso comporta, credo che la decisione di non comprendere nei dodici punti programmatici i temi sensibili, sia stata la più saggia possibile, trappole provocatorie disseminate per ogni dove, avrebbero ridotto temi fondamentali della nostra vita ad un vuoto contendere per fruitori di programmi televisivi elettorali. Impossibile affrontare tali argomenti col metro della semplificazione senza scadere nella banalità.Impossibile altresì far fronte ad inevitabili integralismo e strumentalizzazioni. Meglio evitare, anche se appare chiaro che la scelta ubbidisce anche ad un’esigenza del PD di non scompensare un fronte interno con il quale però il dialogo sui temi della laicità dello Stato non può che essere rimandato.