Vecchie novità

Vecchie novità

Non per la sconfitta elettorale, ne’ per le dimissioni che si è amareggiati. L’ una e le altre, qualunque sia la lettura, rimangono l’esito naturale di catene di eventi ben circostanziati. Il voto politico alle amministrative, il leader pesantemente tacciato d’inadeguatezza che impone all’intero partito una verifica. E perchè ciò accada non può far  altro che dimettersi. Per sé, perché in questi mesi nulla gli è stato risparmiato e per il progetto riformista che la sua particolare situazione di difficoltà rischia di compromettere. Cosa ci si aspettava?

Ma sono le reazioni, è  la pochezza di quel che gira intorno a preoccupare seriamente e a non lasciar sperare  in un futuro migliore. A partire da quelli che stamane e per tutto il giorno  si  sono scervellati intorno alla successione, come se si trattasse di sostituire il segretario uscente con l’uomo o con la donna giusti e non eventualmente con il Progetto del quale il futuro leader dovrebbe essere l’incarnazione. Se non va il segretario non va nemmeno la sua piattaforma, come viene ufficialmente chiamata. Quella votata da tre milioni e mezzo di cittadini alle primarie. Mi fa sorridere questo ritenere Bersani, Scalfarotto, Cuperlo, Renzi, Finocchiaro o Bindi che hanno altre visioni, intercambiabili con Veltroni quando sono proprio le differenze d’impostazione ad aver determinato lo sconquasso. Non dico d’interrogare il buon senso in certi frangenti, ma quantomeno lo Statuto andrebbe tenuto nel dovuto conto. Immediato o tardivo che sia il congresso, sarà quella l’istanza decisiva in cui saremo chiamati a decidere:  l’uomo o la donna e il relativo progetto.

 Manco a dirlo, i più scontenti e delusi poi, sono i fieri oppositori, quelli che avevano giocato d’anticipo, avviando la campagna per la leadership con tanto di autocandidature, nel bel mezzo di una tornata elettorale e di non poca importanza, per giunta. La sottrazione improvvisa, impone loro atteggiamenti autenticamente propositivi. Vedremo se dal cappello uscirà  fuori la tradizionale lenzuolata o la solita pezza calda.

Vedremo il coraggio… Facile fare il tiro al piccione ben appostati nelle retrovie, più difficile è scendere in campo a viso aperto, mettersi in gioco, assumersi responsabilità. Forza, vediamo chi si accolla il prosieguo, l’onere di tenere in piedi la baracca e quello della prossima sconfitta.

Quanto tutto questo faccia parte di un corredo di vecchie eredità, non sto nemmeno a dirlo. Ci sono stati momenti in cui nemmeno è sembrato che si fosse passati ad altro partito, altri ancora in cui la sensazione di essere di nuovo coinvolti in meccanismi in tutto e per tutto simili a quelli che hanno stritolato Prodi è stata nettissima. Persino i nuovi arrivati, invece che disattivare dinamiche perverse, si sono inseriti  agevolmente nel gioco. Perfettamente integrati, fin da subito.

Stasera un gruppo di loro ha pubblicato un comunicato dichiarandosi disposto a continuare la battaglia culturale del PD. Seguono firme. Un po’ tardi per la dichiarazione d’intenti. La sensazione infatti è che nonostante l’uso disinvolto della tastiera, del blackberry e del social network, non abbiano capito molto bene quel che è successo. 

 

 

..under unusual circumstances

..under unusual circumstances


My name is Benjamin Button and I was born under unusual circumstances. While everyone else was agin’, I was gettin’ younger…

Ci sono voluti Mark Twain, Francis Scott Fitzgerald, un – ma solo all’apparenza – insospettabile  regista, uno sceneggiatore di razza e un cast incredibile – basti leggere la sfilza di nomi in calce –  oltre che un budget da capogiro, per mettere insieme queste tre ore di autentico Cinema . Come dire, la mano del cielo.

Artificioso, paradossale, struggente e prodigioso come si conviene ad ogni film Epico che si rispetti, con un’ ulteriore misteriosa qualità : la trasposizione particolarmente attenta, quasi a sfiorare la pignoleria  del Pedissequo, del testo di Scott Fitzgerald . Sceneggiatura che viene altresì dilatata in modo da prolungare la storia fino ai giorni nostri. Tanto per aggiungere carne al fuoco, inserendo un tocco di stringente attualità dentro la cornice fantastica che inquadra la narrazione.

Nasce vecchio – nell’ Età del jazz  – e muore neonato – ai tempi dell’uragano Katrina – , un rompicapo in termini esistenziali con complicanze  a non finire. Innanzi a sè la prospettiva del tutto speciale del ringiovanire mentre gli altri invecchiano. Gli acciacchi di un vecchio e l’età di un bambino. Una lunga esperienza e l’età di un ragazzo.    Stravaganze che si materializzano nel rapporto d’amore con Daisy, in un rincorrersi di età che ad un certo punto diverranno compatibili. Ma solo apparentemente.

Tredici nominations per questo trionfo dell’Assoluto Artificiale, dagli effetti speciali al trucco – Brad Pitt ritorna bellissimo dopo un paio d’ore di progressivi ringiovanimenti, Cate Blanchett in certi momenti sembra avere il viso di porcellana  - al finto seppia, al digitale, alla improbabile storia. Graphic novel, come si dice, ma delle più pittoriche mai realizzate.

 

Il film ha un sito web ricchissimo con una sequenza di trailers particolarmente significativa.Più l’ interessante ripresa di una discussione tra attori e regista.

Il curioso caso di Benjamin Button è un film di David Fincher. Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng, Taraji P. Henson, Lance E. Nichols, Elias Koteas, Faune A. Chambers, Donna DuPlantier, Jacob Tolano, Ed Metzger, David Jensen, Joeanna Sayler, Mahershalalhashbaz Ali, Fiona Hale, Jared Harris, Joel Bissonnette, Marion Zinser, Deneen Tyler, Elle Fanning, Patrick T. O’Brien, Richmond Arquette, Robert Towers, Ilia Volokh, Wilbur Fitzgerald, David Paterson, Josh Stewart, Louis Herthum, Ted Manson, Tom Everett, Paula Gray, Rampai Mohadi, Troi Bechet, Phyllis Somerville, Clay Cullen, Edith Ivey, Joshua DesRoches, Christopher Maxwell, Don Creech, Taren Cunningham, Myrton Running Wolf, Stephen Taylor, Devyn A. Tyler, Adrian Armas, Ashley Nolan, Katta Hules, Rus Blackwell, Chandler Canterbury, Charles Henry Wyson, Spencer Daniels. Genere Drammatico, colore 159 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Warner Bros Italia

Scienza e coscienza

Scienza e coscienza

Il fatto che Ignazio Marino pensi ad un referendum abrogativo prima ancora che sia stata licenziata la legge, anzi, che ne sia reso noto addirittura il testo, esprime molto delle difficoltà e dell’atteggiamento sostanzialmente rinunziatario del fronte laico.

Primo fra tutti il PD che in realtà sulla questione dovrebbe organizzare un referendum interno, viste le plateali divisioni, evitando di nascondere le magagne dietro il rispetto di improbabili questioni di coscienza.

Coscienze che potrebbero agevolmente superare la prova del voto UNITARIO – cioè il NO alle proposte del PDL – e uscirne linde e immacolate, se solo la formulazione di  una proposta alternativa,  lasciasse libere le scelte individuali dei pazienti,  attribuendo al rapporto di cura la dignità e l’importanza che compete al momento centrale di ogni decisione in materia di salute.

Per fare ciò non occorre mettere in campo grandi mediazioni, ne’ artifici politici o  legislativi : si tratta semplicemente di modellare una posizione sul combinato disposto di quanto già è scritto nel nostro Ordinamento, il che consentirebbe oltretutto di liberare il dibattito politico dalle secche, per esempio, dei proVita vs i ProMorte ovvero del dar da bere agli assetati, prescrizione evangelica di tutto rispetto, ma che nella diatriba in questione si evidenzia speciosa e fuorviante. Poichè se è vero  che ogni paziente costituisce un caso a sè, ogni valutazione del legislatore in tal senso, diviene automaticamente inadeguata.

Tutto quanto si trova entro i confini stabiliti dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, del Codice Deontologico, della Legge sul servizio sanitario nazionale e dei trattati internazionali sottoscritti,  non può determinare Problema di Coscienza alcuno. Accertata la volontà del paziente nelle forme di legge, è il rapporto di cura a sciogliere le controversie sulla natura della malattia, o su cosa s’intende per cura e cosa no, evitando i rischi eutanasia, omicidio del consenziente o altre stravaganti fattispecie più volte agitate dal centro-destra, mentre il votare leggi che limitino quanto disposto dal nostro Ordinamento, crea invece un problema politico concreto. Poichè al di fuori dei Principi stabiliti e del  criterio di Scienza e Coscienza non si va proprio da nessuna parte.

In soldoni : va bene il partito pluriculturale senza che ciò implichi la mannaia della conta ma …o si posseggono strumenti per far convivere dignitosamente le molteplici sensibilità o forse conviene cogliere la palla al balzo delle minacciate scissioni.

Come si pensa di affrontare un referendum con un fronte interno così spezzettato? Soprattutto alla luce delle ultime esperienze di astensionismo alla prova referendaria sulla fecondazione assistita. Senza dimenticare che l’ampia compagine di telespettatori che ha preferito guardare il Grande Fratello piuttosto che i programmi di approfondimento o i talk, la sera in cui è morta Eluana Englaro, esprime, all’interno dell’evidente disinteresse, la probabile volontà di delegare ad altri, la risoluzione di problemi che importano cognizioni scientifiche o giurisprudenziali.

Forse è bene non scaricare sui cittadini il peso dell’insipienza della politica. Se si dovesse perdere un simile referendum, sarebbe poi più difficile modificare la legge, ove si verificasse un cambio di maggioranza. Evento auspicabile, possibilmente in questa vita.

(la foto l’ha scattata Jimmyjazz . La mano è di una delle statue che sono innanzi alla Corte di Cassazione,)

 

Storia di un dolore, di un crimine e di una menzogna

Storia di un dolore, di un crimine e di una menzogna


Due lunghe file di profughi percorrono la  stessa strada, l’una in direzione contraria rispetto all’altra. E’ l’autunno del 1939, con il patto  Molotov – Von Ribbentrop, l’Unione Sovietica di Stalin e la Germania di Hitler si sono divise la Polonia, annullandone di fatto i confini .

L’invasione dei due eserciti è speculare, una manovra a tenaglia avvenuta quasi in simultanea. Infatti uno di quei  tronconi è in fuga dalla Wermacht e l’altro dall’Armata Rossa. La doppia tragedia produrrà arresti e deportazioni nei campi di prigionia, nonchè nella primavera del 1940, l’esecuzione a freddo – uno ad uno con un colpo alla nuca – di 22.000 prigionieri tra civili e militari  nelle foreste di Katyn, Tver e Kharkov, per ordine del capo della polizia segreta sovietica Lavrentij Berija e di Stalin .

Le fosse comuni furono scoperte nel 1943, nell’immediato Mosca attribuì la strage ai nazisti, responsabilità che peraltro non trovarono conferma nemmeno a Norimberga. Al momento del ritrovamento, il quadro politico e militare era completamente stravolto, i  russi erano divenuti un indispensabile alleato per sconfiggere Hitler. Di qui la generale necessità di rimozione di quel capitolo dai libri di storia. Bisognerà attendere il 1990 perchè le autorità russe – Gorbaciov prima e Eltsin dopo – ammettessero le inequivocabili responsabilità russe, rendendo inoltre disponibile alla ricostruzione dei fatti un archivio fitto di documenti.( attualmente di nuovo secretati da Putin)

Katyn comincia con le immagini delle due file di profughi che avanzano e finisce drammaticamente  con lo schermo nero, pochi istanti  che paiono eterni sulle note dell’ Agnus Dei di Pendercki.  In mezzo il racconto dolente del massacro ricostruito nella sua dimensione più complessa, quella intima dei diari e delle lettere delle vittime. Andrzej Wajda – che in quell’eccidio perse suo padre –  è un narratore intenso ed appassionato, talmente coinvolgente è il suo modo di fare cinema che durante l’ultima campagna elettorale in Polonia, onde sottrarre se stesso alle pressioni dei politici e il suo lavoro a qualsiasi  strumentalizzazione, ha preferito che il film fosse presentato a elezioni ultimate.

Ottime le interpretazioni ed esperta la regia che in uno stile piuttosto tradizionale, intreccia varie storie, differenti per età e posizione sociale dei protagonisti con spostamenti temporali continui, in un crescendo drammatico che prepara il terreno al terribile epilogo. 

Uno dei problemi di questo film è dato dall’ impossibilità di rendere un quadro completo dell’accaduto a chi, magari più giovane, ha poca dimestichezza con quelle vicende storiche. Non tanto per l’inoppugnabilità delle prove, quanto per l’estrema articolazione dei contesti,  la comprensione dei quali sarebbe più facile affidare ad un documentario piuttosto che ad un film. Wajda tuttavia ci propone senza enfasi un lavoro corretto, onesto, fortissimo, in cui la ricerca della verità  è prioritaria rispetto alle polemiche alle strumentalizzazioni ed a qualsiasi ragion di stato.

La prima proiezione a Varsavia è stata seguita da un lunghissimo profondo silenzio interrotto solo da chi ha cominciato a pregare per i morti. Il silenzio ha accolto il film anche a Mosca, poi uno spettatore ha chiesto a tutta la platea di alzarsi in piedi e onorare le vittime di Katyn. In quel momento ho capito perchè ho realizzato questo film.

Andrzej Waida

 

Katyn è un film di Andrzej Wajda. Con Andrzej Chyra, Maja Ostaszewska, Artur Zmijewski, Danuta Stenka, Jan Englert, Pawel Malaszynski, Magdalena Cielecka, Agnieszka Glinska, Maja Komorowska, Wladyslaw Kowalski, Antoni Pawlicki, Agnieszka Kawiorska, Sergei Garmash, Krzysztof Kolberger, Wiktoria Gasiewska, Joachim Paul Assböck, Stanislawa Celinska, Alicja Dabrowska, Krzysztof Globisz, Oleg Drach, Oleg Savkin. Genere Drammatico, colore 117 minuti. – Produzione Polonia 2007. – Distribuzione Movimento Film –

Il y a longtemps que je t’aime

Il y a longtemps que je t’aime


Tra Il y a longtemps que je t’aime  a Ti amerò sempre, ce ne corre. Dispiace unirsi al coro di quelli che dicono che qui da noi i titoli dei film vengono tradotti a capocchia ma siccome qui da noi i titoli dei film vengono tradotti a capocchia, tocca fare i coristi.

Tanto più che il regista, Philippe Claudel, appartiene alla schiera dei Meticolosi & Attenti alla cura del particolare. Atteggiamento frequente negli  scrittori prestati al cinema, sempre ansiosi di  tradurre in immagini tutti i tic, gli sbrodolamenti descrittivi e le vocazioni intimiste tipiche dei letterati. Il risultato però, almeno per quanto riguarda il nostro Claudel, è un lavoro di notevole pregio, forse un po’ troppo leccato in qualche momento, ma trattandosi di troppo che non stroppia, per di più sacrificato sull’altare di un rigoroso impressionismo,  non è lecito lamentarsene.

Figura  chiave è Juliette  una donna di quarant’anni i cui trascorsi  non sono immediatamente svelati e che ritorna a Nancy – cittadina resa più provinciale di quanto non sia in effetti – dopo quindici anni di assenza. Accolta in casa della sorella minore che a malapena conosce e con la quale cerca, riuscendovi, di costruire un rapporto emotivo, turba, come spesso accade quando un corpo estraneo vi s’inserisce, la fragilità di un ordine costituito magari solo all’apparenza. Ogni personaggio della famiglia che accoglie Juliette,  scopriremo, ha un lato oscuro, un segreto, un mistero che la sua presenza  farà emergere con risultati che si possono immaginare.

Film intenso, mai lacrimevole, costruito su di una progressione drammatica disseminata di piccoli colpi di scena, narrazione che lavora su più livelli : la donna che deve ricostruire la sua vita, la famiglia che deve fare i conti con segreti inconfessati, due sorelle che cercano di avvicinarsi….il tutto abilmente mescolato con finezza di racconto e d’analisi.

Un po’ Rohmer un po’ Hitchcock. Per questo chi scrive, fedele alla consegna, non svelerà di questo film, segreto alcuno.

Ti amerò sempre è un film di Philippe Claudel. Con Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Serge Hazanavicius, Laurent Grevill, Frédéric Pierrot, Claire Johnston, Catherine Hosmalin, Jean-Claude Arnaud, Olivier Cruveiller, Lise Ségur, Mouss, Souad Mouchrik, Nicole Dubois, Laurent Claret, Marcel Ouendeno. Genere Drammatico, colore 115 minuti. – Produzione Francia 2008. – Distribuzione Mikado