Métro, boulot, dodo ( Carla che fa )

Métro, boulot, dodo ( Carla che fa )

Carla BruniCarla Bruni  modello rassicurante e minimal q.b, si concede ai microfoni di Fabio Fazio e precisa di non aver avuto ruolo alcuno nella decisione del governo brasiliano di negare l’estradizione a Cesare Battisti.

Di per sé l’idea era già abbastanza ridicola : la moglie del presidente francese, trascorre un periodo in vacanza in Brasile e a scappatempo si reca da Lula per quel tanto di  moral suasion che una Prèmiere Dame  con simpatie – ma soprattutto frequentazioni – a sinistra, non si può esimere dall’esercitare. E Lula ovviamente, dato l’alto profilo e il ruolo intellettuale, simbolico, istituzionale etc etc, universalmente riconosciuto, della richiedente,  non può far altro che seguire i suoi consigli. Suvvia.

Elena di Troia, Frine e la Pompadour, le fanno un baffo, ma ai giornali la storiella piaceva, è piaciuta, e piacerà, visto che si affrettano a riportare le scemenze che il solito deputato (di destra) brasiliano, rilancia nonostante la smentita. E cioè che le cose andarono proprio così come egli stesso le aveva già sprofferite al mondo : Si deve alla graziosa intercessione di Carla Bruni se Cesare Battisti è un rifugiato politico, con tutte le prerogative del caso, in Brasile e non un detenuto in Italia.

Non oso pensare cosa inventerà stavolta Carla per fornire  ulteriori rassicurazioni al mondo, visto che il modello Madonnina delle Sette Virtù esibito in trasmissione, già comprendeva, oltre che una mise severa, anche una descrizione della vita all’Eliseo più somigliante a quella di un impiegato del Catasto Francese che a quella del primissimo cittadino.

Insomma ….la cornice, lì al 55, rue du faubourg Saint-Honoré sarà pure quella che è, ma…si lavora tanto, una povera coppia ha così  poco tempo per sè, giusto due chiacchiere alla sera poiché con tutti questi impegni, c’è poca voglia di andare a ballare. Quindi due accordi di una canzoncina lei, il passaggio di un decreto lui,  un potage e tutti a nanna.

A me questi Universi Paralleli con Paradisi di bugie che si affastellano accavallano contraddicono smentiscono e sbugiardano, piacciono un mucchio. E’ interessante osservarne gli sviluppi, dall’origine fino al dove vogliono andare a parare. Già perché nello scarto esistente tra quello che uno è e quello che si affanna a voler sembrare, alloggiano momenti di comicità involontaria  da alta scuola. Come il bisbigliare…io non ho bisogno di più di quello che ho. Che morigeratezza, che perfetto pendant con la giacchina striminzita color can che fugge. Peccato che Madame sia ricca a miliardi, assai più dell’augusto consorte – che già non scherza –  e che manco se adottasse gli abitanti di cinquanta villaggi africani, potrebbe aver bisogno di più di quel che ha.

Tutto questo mal di pancia per una ridicola calunnia. Che s’ha da fà per sembrare un’altra. Pensare che Lula in questa storia ci farebbe pure  la figura del pupazzo e manco sente il bisogno di rifilarsi le basette o di andare da Santoro.

Ad ogni buon conto, meglio Carla Bruni com’è sempre stata, che ‘sto monumento alla Normalità. Ha smentito? Oui ?..Et merde alors…

 

Holocaust Connections Inc.

Holocaust Connections Inc.

Se Tova Reich non fosse stata una scrittrice ebrea – e di famiglia ortodossa per giunta – il suo libro My Holocaust pubblicato negli USA  da Harper Perennial  e uscito lo scorso anno, qui da noi con Einaudi, avrebbe suscitato polemiche e scandali a non finire.

Poichè non di solo humour ebraico – caustico, com’è nella tradizione –  ne’ delle abusate  malignità si tratta, ma di una favola, nera e truculentissima su come si possa trasformare in  businnes anche la Shoah, che però induce riflessioni al di là di quelle consuete sul Mercato che tutto macina.

Basta dunque una holding, la Holocaust Connections Inc , un padre e un figlio intraprendenti ed in grado di fiutare l’affare giusto ed ecco che con un’ accorta  gestione,  il  campo di concentramento ( vero) diventa un luogo di memoria sì, ma artificiale,  come una sorta di tunnel degli orrori al  Luna Park, tra finti sopravvissuti e finti bidoni di Zyclon – B, premi ai donatori più munifici, scolaresche che si rincorrono tra le baracche e bonzi tibetani in preghiera. Irresistibile.

Perchè questo libro caustico ed irridente proprio oggi ?

Istituzionalizzare  il giorno della Memoria è stato un passaggio importante, ma a distanza di nove anni,  il rischio che la ritualità pubblica o l’essere queste celebrazioni troppo concentrate sul ricordo, abbia un effetto banalizzante o di perdita di senso, è concreto.

Se dopo aver ascoltato testimonianze, visto film, letto libri di altissimo valore ed impatto emotivo, aver visitato i campi di concentramento, non si sviluppa  intorno ai temi della discriminazione razziale, della macchina dello sterminio, del totalitarismo, una vera e propria coscienza civile, tutto sarà stato inutile.

Noi abbiamo oggi la gran parte della destra italiana che vuole riabilitare i repubblichini di Salò, che rifiuta sistematicamente di misurarsi sui temi del razzismo e della xenofobia, abbiamo la Lega che legge la storia in chiave di complotto di minoranze che opprimono maggioranze. E come se non bastasse, in maniera del tutto trasversale,  siamo capaci di riconoscere le differenze solo in chiave beatificante  o ghettizzante – che poi è lo stesso – Mai in in termini di coabitazione. Se la riflessione collettiva sullo sterminio antiebraico non suscita in queste forze politiche, o gruppi di cittadini, nemmeno l’ombra del dubbio, questo vuol dire che la Giornata della Memoria ha fallito il suo obiettivo.

Mai più, significa dare un senso all’agire politico oggi.

Come pure le visite degli studenti ai campi – Buchenwald, Dachau, Auschwitz, Risiera – esperienze fortissime, che però rischiano di essere vissute come semplici episodi se nessuno avrà posto l’accento su quali complessità storiche siano dietro la macchina dello sterminio.

Il problema non è solo da che parte stare.

In ultimo : a Dachau c’è un distributore della Coca Cola ( forse più d’uno) e appena fuori dal campo un Mc Donald. La racconto così, come se stessi allegando una foto del luogo, anche se il confronto è stridente, mi sono sforzata di pensare che dove ci sono ragazzi…che era nel conto, insomma.

La sfida però consiste nel fare in modo che quei segni di contemporaneità non prevalgano sul resto. Perchè è pur vero che la vita continua – per chi continua –  ma bisogna decidere insieme come.

Diamoci Valore ( esercitiamo autonomia )

Diamoci Valore ( esercitiamo autonomia )

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Spero che le donne sappiano, in questa circostanza, rinunziare ai giustizieri, alle galanterie e alle scorte armate. O più semplicemente si rifiutino  di divenire il contendere di una polemica sulla sicurezza fatta di lampioni spenti, di eredità del passato e di militarizzazione del territorio.

Vale per Alemanno e vale anche per Rutelli che in questa città guida l’Opposizione. Alla demagogia della scorsa primavera non serve opporre la controdemogogia di quest’inverno.

A nessuno può essere consentito di capitalizzare politicamente la vicenda degli stupri, dirottando l’attenzione ora sui giudici che applicano procedure che però nessuno si prende la briga di cambiare, ora su sdegnate quanto impossibili iniziative bipartisan in cui far confluire il meglio di istanze misogine, xenofobe e securitarie.

Con Alemanno la partita è aperta su altri tavoli, quelli in cui  propaganda,  bugie e  lacrimucce, non sarebbero sufficienti ad attenuare evidenti responsabilità.

L’unico modo per evitare che si continuino a costruire rendite politiche sullo scempio, è l’iniziativa autonoma di quelle donne e quegli uomini  disposti a considerare lo stupro come un fatto culturale, non come l’esito di problematiche inevase e contingenti connesse alla governance

In mancanza, piuttosto che sopportare violenze di altro segno, meglio il silenzio.

Su di una rossa mongolfiera

Su di una rossa mongolfiera

 

 

 

 


Quando ti sembra di essere divenuto incomunicabile col  mondo che ti circonda, meglio cambiar aria. E ciò ad evitare che insoddisfazioni e senso di isolamento, ti trasformino in un essere bizzoso, capace solo di coltivare rancori.

E così,  lo stoccaggio delle bottiglie vuote di un supermercato, diventa un’occasione rigenerante per l’anziano professore che, lasciata la scuola,  non intende rinchiudersi in un pensionamento che rimbambisce. Di questa avventurosa scelta trarranno profitto,  inaspettatamente anche le persone che, nella nuova esperienza,  gli si faranno intorno, catturate dalla straordinaria vitalità e da un senso dell’ umorismo ispido e sottile

Terzo capitolo della trilogia cominciata con Scuola elementare e proseguita con Kolja , questo Vuoti a rendere del pluridecorato Jan Sverak e di suo padre Zdenek – protagonista e autore, nel contempo -  si avvale di una sceneggiatura ben congegnata in cui tra le righe del racconto emerge un universo di relazioni e i contrasti tra vecchio  e nuovo mondo ( siamo a Praga) oltre che un’approfondita analisi dell’animo umano che però, nonostante il tema, viene condotta senza indulgere  nel pietismo e nella retorica ma nemmeno nella rappresentazione di maniera della vecchiaia arzilla.

 Poichè di sicuro non si possono rimpiangere stagioni in cui nei negozi c’erano per mesi e mesi solo pomodori e cetrioli sottaceto, ma all’epoca della Primavera di Praga il professore e sua moglie avevano vent’anni, disponendo di ben altri spazi e coltivando speranze rimaste purtroppo disilluse, mentre il presente sembra solo fatto di scontento e recriminazioni. Dunque, non su una forma di generico ottimismo è  fondata la storia ma sulla possibilità concreta di tirarsi fuori dalle peste se solo si smette di assecondare l’inerzia, l’ineluttabilità, il circolo vizioso.

Amore per il cinema manifestato in copiose citazioni  : nella struggente apparizione  del Ferroviere, omaggio a Treni strettamente sorvegliati di Menzel. Nel viaggio in mongolfiera per festeggiare l’anniversario di nozze ( ed un rapporto ritrovato) in onore di Giulietta degli Spiriti e di Federico Fellini.

 

Vuoti a rendere, è un film di Jan Sverak. Con Zdenek Sverak, Tatiana Vilhelmová, Daniela Kolarova, Alena Vránová, Jirí Machacek Titolo originale Vratné lahve. Commedia, durata 100 min. – Repubblica ceca, Gran Bretagna 2007. – Fandango

Harvey era gay

Harvey era gay

 

Cronaca di una morte annunciata, quella di Harvey Milk, il primo omosessuale chiamato a ricoprire una carica pubblica – consigliere comunale in San Francisco – ucciso nel 1978 appena undici mesi dopo la sua elezione. La vicenda di Milk si dipana nel periodo della Proposition n 6, il referendum indetto per bandire gl’insegnanti omosessuali dalle scuole della California, nel clima repressivo, oscurantista e di aperta discriminazione omofobica, segnato, in quegli anni, da crociate mediatiche – la cantante Anita Bryant –  e da arresti per i motivi più futili.

Lavoro puntiglioso per un racconto imprevedibilmente cadenzato che ricostruisce  la storia ricorrendo a testimonianze degli amici di Harvey e su di un importante documentario – Oscar 1984 – The Times of Harvey Milk di Rob Epstein. Differentemente dallo stile tipico di Van Sant che imposta la narrazione affidando il filo conduttore a spazialità destabilizzanti. Nessun cedimento lirico dunque – altro tratto ricorrente del regista – ma il talento di mantenere intatto egualmente l’allure di Milk : l’impostazione movimentista e le capacità politiche, la personalità generosa, estroversa, innamorata della vita. Di Harvey è il disegno della raimbow flag, per anni simbolo delle battaglie del movimento gay e oggi di quelle del movimento mondiale per la pace.

Niente affatto sfumata ed anzi indispensabile  alla definizione del contesto è la rappresentazione della personalità di Dan White, l’omicida. Il carattere più controverso del film, ad un passo dal diventare amico di Harvey ma troppo immerso in una cultura middle classe prevenuta e conformista per poter maturare un’autentica considerazione dell’umanità e dei diritti dell’Altro. Al processo se la cavò con pochi anni di galera avendo potuto dimostrare di non essere in grado d’intendere e di volere. Seguirono violente rivolte, che  Van Sant però non mostra.

Film comunque corale, girato a Castro il bellissimo e colorato quartiere di San Francisco in cui Harvey aveva il negozio fotografico che divenne anche quartier generale delle sue battaglie, con la collaborazione degli abitanti, presenti nelle scene di massa per le quali si sono offerti volontariamente. Luminose le interpretazioni di Sean Penn e James Franco etero ma egualmente credibili e disinvolti nelle loro manifestazioni affettuose.

Harvey era gay e – tutti dicono – se non fosse morto, sarebbe sicuramente arrivato alla carica di governatore e chissà cos’altro. L’America,  a giudicare dai recenti episodi e dalla gran quantità di film a tematica omosessuale che stanno per arrivare nelle sale, è pronta per affrontare il tema dei diritti spaziando in ambiti più vasti. Come Harvey del resto desiderava, volendo essere il consigliere comunale di tutti e non solo dei gay.E anche se il film in quel paese è stato vietato ai minori di 17 anni e se la Proposition n 8  ha reso illegali i matrimoni gay in California, altri fronti vittoriosi incoraggiano a credere che non sia spenta la speranza, tema chiave della campagna di Milk e del suo testamento spirituale reso pubblico poco prima di morire.

 ( e Grillini invece di rispondere a Povia manco avesse parlato Levi Strauss e non uno spaesatissimo cantante da festival, raduni le sue truppe per lo sberleffo,per la satira e per il televoto,” piuttosto la Zanicchi”, sia il grido di guerra.E ho detto tutto.)

 Festeggiamenti per Obama davanti al  teatro principale di Castro – gl’interni sono davvero di ragguardevole bellezza – che ha in cartellone il film di Gus Van Sant. (autore Tristan Savatier)

Milk è un film di Gus Van Sant. Con La POPOLAZIONE DI CASTRO Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, Diego Luna, James Franco, Alison Pill, Victor Garber, Denis O’Hare, Joseph Cross, Stephen Spinella, Lucas Grabeel, Brandon Boyce, Zvi Howard Rosenman, Kelvin Yu, Jeff Koons, Ted Jan Roberts, Robert Boyd Holbrook, Frank Robinson, Allan Baird, Tom Ammiano, Carol Ruth Silver, Hope Goblirsch, Steven Wiig, Ashlee Temple, Wendy King, Kelvin Han Yee, Robert Chimento. Genere Biografico, colore 128 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Bim