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Tag: Guerra e pace

Lei

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Georgia 04

La ramazza poggiata in un angolo le deve essere  servita ad attenuare il senso di devastazione e di angoscia che segue la visione del disastro. Una fatica, quella di ammucchiare i detriti negli scatoloni che può sembrare ridicolmente inutile, in specie dopo il passaggio dei raid aerei. Tanto più che la foto è stata scattata ieri l’altro, in pieno conflitto. Ma quella corvée obbedisce alla sua ansia di un barlume di normalità  e contemporaneamente imprime in concretezza, la cifra del suo essere in ogni caso presente. L’unica pratica che, qualunque cosa accada, le rimane fedele è la cura della casa e dei suoi. Cercare di ripristinare un po’ d’ordine, le deve essere sembrato un passaggio indispensabile a qualsiasi ripartenza. Non so se la donna che siede al centro di questa stanza, sia osseta, georgiana o cosa, ne’ è importante conoscere quale tipo di bombardiere le abbia procurato tanto dolore. So che la non richiesta compostezza di questa autentica vittima di un congegno infernale, incute rispetto. Vorrei inviare migliaia di copie di questa foto ai patiti degli schieramenti, del Risiko Internazionale, degli scacchieri e dei nuovi confini tra oriente e occidente. E naturalmente ai negoziatori, che abbiano sempre innanzi agli occhi la concreta sofferenza delle vittime.

Morire per Tblisi ( e in mezzo scorre l’oleodotto)

Morire per Tblisi ( e in mezzo scorre l’oleodotto)


Sembrano nomi di granducati da operetta – la zona oltretutto sarebbe quella giusta – e invece  Abkhazia e Ossezia del sud, le due enclave filorusse in territorio georgiano, sono state parte di una tragedia più generale, le cui vittime ( morti, feriti, profughi ) utilizzate fin qui a scopi puramente propagandistici,  non hanno turbato troppo le nostre coscienze democratiche, sempre così ben disposte, quando si tratta  esecrare, condannare, manifestare contro l’aggressione di uno stato sovrano.  Si registra invece, ma c’era da aspettarselo, una grande rinascita di esponenti filorussi,  nuovi e vecchi che si danno un gran da fare a tessere l’elogio di Putin con dichiarazioni trasversalmente – da Lamberto Dini a Marco Rizzo –  rabbrividenti. Si va dal Putin che contrasta il processo di occidentalizzazione  e restituisce al paese le risorse economiche e strategiche che gli oligarchi di Eltsin gli avevano sottratto, alla teoria che vorrebbe gli USA accerchiatori della Russia con paesi  partner della Nato, fino alla speranza espressa in un comunicato di Fiamma Tricolore, di vittoria finale di Putin unico baluardo contro le interferenze statunitensi nella zona. Le pulsioni staliniste, si sa, sono dure a morire e, la Storia insegna, assumono contorni variegati, non stupisce dunque che qualcuno veda in Putin l’occasione per rispolverare vecchie glorie e che all’allegra brigata si unisca anche la Destra. Ma per tornare alle cose serie, il  conflitto, largamente annunciato – tant’è che sui due territori erano già operative le forze di peacekeaping composte da soldati russi, delle quali  il ministro degli esteri georgiano aveva, senza esito, chiesto la sostituzione con truppe di nazionalità miste – scoppia per le ragioni che ci vengono ripetute dai telegiornali : c’è un governo in Georgia ansioso di unirsi all’Europa e alla  Nato, quindi sostenuto con disinvoltura dagli Stati Uniti, ci sono i separatisti di Ossezia e Abkhazia che invece vorrebbero ricongiungersi alla madre Russia. Questioni politiche ed etniche, sicuramente sono in ballo ma poi si da anche il caso che in Georgia passi l’oleodotto che da Baku porta gas e petrolio alle nostre centrali e che l’intera vicenda si colori di ulteriori  significati. Naturalmente dalla conta delle responsabilità, il governo georgiano non risulta immacolato, ma qualunque siano le motivazioni, chi invade con i carri armati e con i bombardieri, uno stato – altro che reazioni sproporzionate come dice Bush -  un progetto imperiale sta di sicuro perseguendo , ma questo nessuno lo rimprovererà mai all’amico Putin. Se poi a tutto ciò, si aggiunge la possibilità di una sfida aperta agli Stati Uniti – con annesso monito al futuro presidente – più altri contestuali avvertimenti agli stati che, attratti dall’orbita occidentale, volessero seguire l’esempio georgiano, ecco che la guerra diventa un indispensabile stratagemma che soddisfa più di un’esigenza del Cremlino. Missione compiuta dunque, chiosa Medvedev subito dopo  l’intervento della Comunità Europea. Anche perchè di enclave russe strategicamente allocate ce n’è in Moldova come in Ucraina e la partita potrebbe continuare su altri tavoli. Gli atlantisti sono avvertiti. Del resto con il Kosovo abbiamo inaugurato l’era del Diritto Internazionale à la carte ovvero alla mercè del più forte. Così tra ricatti energetici, l’ombra della sovranità Serba annullata da istanze indipendentiste ratificate dalla comunità internazionale e la solita storiella della guerra umanitaria in difesa delle popolazoni oppresse, Putin – altro che zar – non lo ferma più nessuno. Tantomeno l’amico George Bush la cui politica subisce un’ ulteriore sconfitta, questa volta sul terreno della capacità di difendere gli alleati. Al momento, l’accordo formulato da Sarkozy è sufficiente per il cessate il fuoco ma non per costruire un processo di pace duraturo. La parola  passa ai negoziati, nella speranza che concezioni geopolitiche obsolete, chiuse entro logiche di schieramento, lascino il posto alla ridefinizione di un modus vivendi nello spazio post sovietico. Unico approccio coerente buono a sciogliere gli enigmi post imperiali. Unico modo per farsi seriamente carico del benessere di popolazioni incolpevoli. Ci mancherebbe solo di andare a morire per Tblisi o per Ossezia combattendo,  per di più,  una guerra retrodatata.

Un esercito all'altar ! (vecchia canzone in onore di Pio XII)

Un esercito all'altar ! (vecchia canzone in onore di Pio XII)

baptpiero della francesca

Mi piacciono tutti quei laici, atei, agnostici e senzaddio che, per coglierne le contraddizioni, mai perdono l’abitudine di spiegare ai cattolici intransigenti quale sia la reale essenza del cristianesimo, religione di pace, fratellanza e amore le cui manifestazioni , retaggio di intimi rapporti col Trascendente, pretenderebbero più adatte alle Porziuncole che al Colonnato del Bernini. Un bell’ardire con un Pontefice che non manca di sollecitare la Presenza Cristiana nella vita civile e che a Regensburg, più che dare del malvagio a  Maometto,  ha precisato che il sentimento religioso non è un’esperienza privata e che i cattolici ne devono rendere testimonianza pubblica, altrimenti cattolici non sono. E la pubblica testimonianza non è affare da luoghi del silenzioso meditare. E’ roba da piazza, da aule  parlamentari, da campo di Marte. Così, più che stupirmi della solennità – Durante le celebrazioni pasquali! In San Pietro! Officiante Sua Santità! – e del rilievo mediatico – se non fosse stato decisamente pericoloso oltre che  fuori stagione, il catecumeno avrebbe trascinato Benedetto sulle rive del Giordano e vi si sarebbe immerso nudo e crudo – , mi meravigliano le altrui meraviglie . Cosa ci aspettavamo? Una cerimonia in famiglia? Con tutto quel trambusto che storicamente ha sempre accompagnato la conversione dell’ Infedele ? Evvia.. ora becchiamoci questo neo investito combattente dello scontro di civiltà. Posso immaginare cosa farà quando riceverà – se non l’ha già ricevuta – la Cresima . Soldato di Cristo. Mica bruscolini. Qualcosa però non va per il verso desiderato  se ne’ Haaretz,  ne’ Al Jazeera,  concedono il benchè minimo spazio agli entusiasmi neofiti del giornalista più scortato in Europa. Come se non bastasse, Mario Scialoja consigliere della Grande Moschea di Roma e  Izzedin El Zir portavoce di quell’Ucoii spesso tacciata di oltranzismo, hanno entrambi dichiarato di rispettare la libera scelta del convertito. Ancora un po’ e gli regalavano la medaglietta commemorativa. Non sono poi tutti uguali, questi seguaci del Feroce Saladino.  Una vera disdetta per chi non aveva fatto in tempo a detergersi l’acqua santa dalla fronte  che già correva a far professione di vittimismo preconizzando reazioni sconsiderate del mondo arabo e, a cascata,  future persecuzioni e prossimi martirii (altri privilegi, altre scorte…) . E vabbè.. la sua paranoia dovrà accontentarsi di Al Quds al Arabi,  quotidiano panarabo di Londra che per la verità ce l’ha più col Papa che con altri  o dell’egiziano  al  Masri el yom  che fedele alla linea editoriale consueta, ha confermato che Magdi Allam è una spia dei servizi segreti e buona notte. Altri furori –  Al Arabiya o Asharaq Alawsat – si sono potuti registrare ieri l’altro…ma insomma niente di particolarmente sulfureo. Sono, tutto sommato, assai più minacciosi gli argomenti esposti sul Corriere dallo stesso Allam, che poi , musulmano o cristiano, restano quelli di sempre.

In alternativa possiamo contemplare la bellezza di questo Piero della Francesca

La giustizia non può essere un sogno

La giustizia non può essere un sogno

Sul sito di Amnesty International si trovano il calendario di tutte le iniziative e i testi degli appelli  da firmare. Non illudiamoci però : seppure i monaci e le monache non abbiano marciato invano, indicando in un percorso simbolico –  la casa di Aung San Suu Kyi, i templi e l’ambasciata cinese –  il cuore del problema , mai come in questo caso, si può avere la misura dell’Impotenza del mondo occidentale.Tutto quello che ha potuto l’ONU paralizzato dai veti di Cina e Russia è stato l’invio di un Osservatore.Troppo poco.L’attenzione oggi si deve concentrare sulla Cina e su tutti quei paesi  titolari di forti interessi e investimenti in Birmania. La politica delle sanzioni ha fin qui mostrato tutta la sua inefficacia  non impedendo alla Total di continuare a fare affari con la giunta militare ne’ all’esercito Birmano di acquistare dall’India elecotteri che contengono tecnologie italiane e tedesche.L’unica speranza, essendo, si può dire, tramontata, quella di un significativo pronunciamento di quella parte dell’esercito indisponibile a compiere sacrilegio sui bonzi, è riposta nel lavoro della diplomazia,.Il popolo birmano si aspetta e merita, un sostegno attivo alla battaglia per affrancarsi dalla dittatura e dalla povertà.Non lasciamoli soli.

Paritta Sutra

Paritta Sutra

Birmania08

Possa noi essere liberi da tutti i pericoli, liberi dal dolore, liberi dalla povertà, possa noi trovare la pace del cuore e della mente.

Paritta Sutra del Buddha (che noi conosciamo meglio come Sutra del Cuore) e che viene recitata in questi giorni nei cortei dai monaci e dalle monache in Birmania .

Prima contro gl’Inglesi, poi contro i Giapponesi, poi ben due invasioni cinesi e  la guerriglia armata di varie minoranze etniche, in Birmania dove governa la dittatura militare più longeva della storia, la seconda guerra mondiale non è mai finita. Nel frattempo è cresciuto un esercito di quattrocentomila unità che spadroneggia e prosciuga le risorse. Lo scenario è quello tragico dei luoghi in cui la casta militare inefficiente e corrotta trascina il paese sull’orlo del tracollo economico.Già nel 1990 l’allora dittatore generale Ne Win,  sull’onda delle proteste contro il rincaro del riso e la conversione della moneta che aveva annullato il valore dei due terzi delle banconote, aveva indetto elezioni democratiche pensando di poterle manipolare. Un errore clamoroso per il regime che subì una sconfitta sonora  dalla Lega democratica di Aung San Suu Kyi seguta da una repressione feroce con tremila vittime ,l’arresto degli oppositori e un nuovo Golpe. Da circa un mese, nuove proteste per il rincaro dei generi di prima necessità (e nuove repressioni a cura delle squadracce protette dai militari) percorrono la Birmania, ne’ sono mancati quindici giorni fa, nuovi arresti  di dissidenti.Il fatto che da qualche giorno i monaci e le monache si siano uniti in massa ai manifestanti, rifiutando le offerte e scomunicando così i militari, introduce di sicuro un elemento nuovo nello scenario. La recita delle preghiere di fronte alla casa di Aung San Suu Kyi – unica leader legittima della Birmania –  inoltre,  provoca non poco imbarazzo nel regime mentre lo pone di fronte ad una scelta difficile : tollerare la protesta (come sembra stia accadendo) e rischiare di essere travolti dalla nuova ondata democratica o soffocare la rivolta nel sangue, clero compreso.