Quattro assi (e un re)
Mi sono sempre chiesta cosa spingesse star di Hollywood del calibro di Bette Davis e Joseph Cotten (ma anche Dustin Hoffman ,Jack Lemmon, Mickey Rooney) a lasciare l’efficiente organizzazione degli studios,i cachet miliardari per correre a lavorare con i Comencini,gli Scola i Monicelli sentendosi ogni volta professionalmente arricchiti,da esperienze in cui tra le altre cose, si raccontavano storie tanto diverse da quelle che erano abituati ad interpretare. Ingrid Bergman,all’apice della carriera,dopo aver visto Roma città aperta aveva scritto con tono deferente a Rossellini “Se ha bisogno di un’attrice…” Dustin Hoffman Dirk Bogarde Burt Lancaster Jodie Foster raccontavano del loro rapporto con Monicelli, Visconti, Citti con toni commossi e acutamente nostalgici.Il cinema italiano diretto da intellettuali raffinati seduceva attori e pubblico con la forza delle storie di gente qualsiasi vestita con l’abituccio e il cappottino di Antonia dalla permanente un po’ troppo riccia come usava allora nelle borgate. Nell’immagine ,una star assoluta : Bette Davis, alle prese con il personaggio difficile di una piccola storia crudele : povertà e degrado sfidano a carte una fortuna inesorabile e sfacciata.Alla macchina da presa un maestro della commedia all’italiana del post realismo e un mago del cinema di poesia: Luigi Comencini