Aspettando il César (almeno quello…)

Aspettando il César (almeno quello…)

E’ stato il mio film a Venezia 2007, non c’erano abbastanza Leoni su quel tavolo…fosse stato per me  li avrei consegnati tutti a   La graine et le mulet (che invece si è aggiudicato solo il premio del pubblico e della critica) , uscito nelle sale italiane ieri col titolo di Cous cous. Gran compendio di sentimenti che il cinema troppo spesso trascura. Ai registi chiediamo tanto : riflessione,divertimento sogno ma..dovremmo esser loro grati quando ci mostrano la fatica di vivere e quando riescono nonostante il contesto tutto artificiale a far comunque emergere pezzi di verità.Storia di una famiglia francese di origine araba e di un piatto che richiama identità e che riesce malgrado i conflitti,il non detto  e le tensioni ad avvicinare chi se ne serve.Tre generazioni in un procedere duro e doloroso,una delle poche pellicole che non essendo costretta in gabbia narrativa alcuna non rivela il finale già a partire dal secondo fotogramma. Ma Obbediente al diktat del bravissimo regista,nemmeno io dirò oltre. (ambientato a Séte patria di Georges Brassens,tanto per aggiungere fascino al fascino)

COUS COUS  è un film  di Abdellatif Kechiche con Habib Boufares , Hafsia Herzi distribuito da. Lucky Red

9 pensieri riguardo “Aspettando il César (almeno quello…)

  1. beh i Cancelli del Cielo di Cimino è un film che ha fatto fallire una casa di produzione, ha mandato al manicomio un regista e ha creato più sconquassi di una guerra…

  2. Eccomi, l’ho visto ieri sera, ma aspettavo almeno 24 ore per scriverci e scriverti due righe. E’ un ottimo film, molto intenso, vero. Molti hanno patito i fitti dialoghi o, per meglio dire, le chiacchiere del quotidiano. Questo non mi ha disturbato. Ho patito però l’uso della telecamera a spalla, le lunghissime sequenze quasi senza montaggio, i tanti primi piani che occupavano lo schermo di facce. Il che va bene, penso a Bergman. Ma sentivo il bisogno di vedere una finestra, una strada, un po’ di mare. Certe sequenze sono estremamente faticose e troppo lunghe: lo straziante lamento (o sclero) della russa, la danza sul finale. Sono uscito con i nervi a fior di pelle. Perché non dare qualche colpo di cesoia in fase di montaggio? Per carità, se voleva farmi entrare nella storia e perfino nella pellicola, il regista c’è riuscito. Ma santa binetti! No, non è uno dei miei capolavori. Anche se comunque valeva la pena vedere un cinema certamente diverso.

    Bacetti.

  3. Tutto quello che dici è vero.Ci sono film che raccontano e film che ti “tirano dentro” la storia (anche se non vuoi) qui non è tanto la macchina a mano ( a spalla…quanto pesavano le arriflex…ne vogliamo parlare?) quanto le lunghe sequenze…Ci sono film girati in sequenza unica tipo Arca Russa di Sokurov in cui alla fine sei stanco come se avessi visitato l’Hermitage anche tu.Iperrealismo direi.Ma il film è bello,non si può raccontare la fatica di vivere come se fosse una canzonetta…Non di questi tempi.

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