Strategy games ( ma la gazzella è sola)

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Il più giovane prigioniero politico del mondo si chiama Guendum  Tcheukyi Nyima , la sua unica colpa è di essere stato nominato undicesimo Panchen Lama, seconda carica spirituale nella gerarchia del buddismo tibetano, com’è nelle tradizioni , dal Dalai Lama in persona. Pechino, in quell’occasione, ha designato al medesimo ufficio  un altro bambino tibetano, Gyasten Norpo. Una delle tante circostanze in cui è racchiuso il  senso dell’espressione genocidio culturale, usata a proposito degli ultimi episodi di violenza a Lhasa. C’è un fondo di verità in quel che si sostiene a Pechino e cioè che la Cina abbia  introdotto in Tibet infrastrutture moderne e favorito maggior benessere. Più volte lo stesso Dalai Lama che, per fortuna, è un leader spirituale al quale non fa difetto una precisa impostazione laica, quando si tratta d’intervenire in merito al futuro del suo paese,  ha sottolineato come quella regione non potrebbe  avere mezzi per svilupparsi senza il sostegno di Pechino.Tuttavia gravissime  e continuate violazioni dei diritti umani segnano duramente l’esistenza del popolo tibetano particolarmente per la linea dura del capo del partito comunista locale Zhang Quinli  che dal 2005 ha reintrodotto antiche limitazioni ,imposto agli studenti e ai dipendenti pubblici il divieto di partecipare a manifestazioni religiose e chiesto ai monasteri d’ impartire più “educazione patriottica” . Di fatto, una delegittimazione continua del Dalai Lama come guida spirituale del Tibet, contraddistingue la strategia di Pechino. Oggi, a fronte dell’ossessione cinese per l’economia, in gioco sono la sopravvivenza della cultura e dell’identità tibetana che rischia di restare appannaggio della religione e di un folklore promosso ad uso e consumo del turismo internazionale. I giochi olimpici di Pechino e il transito della fiaccola attraverso il Tibet, sono un’occasione irripetibile per porre al centro dell’attenzione il problema della violazione dei diritti fondamentali . Monaci buddisti  e gruppi di giovani ribelli hanno protestato contro il governo con un’ aggressività che, seppur nettamente inferiore a quella della polizia,  ha sfidato il principio della non violenza  da sempre predicato dal Dalai Lama . Ma la pacifica Via di Mezzo  avrebbe bisogno di una salda sponda internazionale per continuare ad essere accolta dai tibetani come l’unica strada possibile per l’emancipazione ed i diritti umani. Senza la pressione internazionale sulla Cina, prevarrebbe la tendenza suicida, a cedere ad istanze indipendentiste. In Tibet sono insediati otto milioni di cinesi contro una popolazione locale che ne conta appena sette e Pechino non ha esita quando è necessario a chiamare alla guerra di popolo contro i separatisti. Il boom economico non è servito ad ottenere la fiducia dei tibetani ma un ritorno alla povertà precipiterebbe il paese in condizioni peggiori di quelle attuali. Difficile per l’Occidente affrontare efficacemente un paese, la Cina, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, potenza economica influente con un  notevole peso geopolitico , così i governi occidentali si limitano ad esortare Pechino alla moderazione,una reazione ridicola agli occhi dei numerosi sostenitori della causa tibetana.  Il rischio è che fino ai giochi olimpici manifestazioni di protesta, repressione e sostanziale impotenza occidentale generino una situazione di cui farà invariabilmente le spese il popolo tibetano.Impossibile, al momento , prevedere la possibilità  che la gazzella abbia la meglio sulla tigre.

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