De Andrè vive
Poichè tutto è stato scritto, cantato, filmato, mostrato in mille iniziative, libri e trasmissioni, il senso delle cose rischia di sfumare nella ripetitività, il valore artistico nella mitizzazione, lo spessore civile ed umano nel racconto di episodi spezzettati e scollati dalla coerenza del tracciato biografico.
Riti funebri, in qualche caso, che mal si addicono alla vitalità intrinseca di un’Opera che sembra invece fatta per durare alimentando altre opere, altre riflessioni. Col tempo tuttavia, s’impara a leggere nell’entusiamo inspiegabile di chi era troppo giovane per apprezzare la sua musica, un tratto di affetto piuttosto singolare, per quello che in definitiva, è un cantante del passato. Anche in certa venerazione da vecchi fans, patiti dei ricordi, sopravvive nonostante gli sguardi perennemente rivolti all’indietro, lo stesso tratto di autentico sentimento.
In questi giorni per esempio, è quasi impossibile non pensare a Sidùn – Sidone – rappresentata come un uomo arabo di mezza età, sporco, disperato, sicuramente povero che tiene in braccio il proprio figlio macinato dai cingoli di un carro armato e questo accade per la stessa ragione per cui tempo addietro in occasione di alcune poco brillanti iniziative del governo, venivano alla mente Korakhanè, Bocca di Rosa o Princesa.
Non tanto per loro, i personaggi, quanto per l’inalterato clima di sotterranea o esplicita violenza che ancora avvolge le storie degli ultimi, dei diversi. Violenza dei provvedimenti, di sicuro – dunque emanazione diretta del Potere – che però interpreta un comune sentire al quale andrebbero assimilati i molti ma e se di Insospettabili, che nel corso del tempo sono andati ad ingrossare le fila di maggioranze non più silenziose.
Non serve pertanto nell’esercizio vagamente necrofilo del cosa avrebbe detto, interrogare chi purtroppo non è più. Ne’ esaltarne – altro tic – le capacità profetiche. Piuttosto prendere atto che collocarsi dal lato opposto a quello da cui spira il vento, rappresenta non solo un’occasione di riscatto, ma consente un punto di osservazione che io definirei alla giusta – ancorchè non prudenziale – distanza, mai eccessiva da esimersi di cantare l’astio e il malcontento, ne’ troppo ravvicinata ad evitare contaminazioni che depotenzino e asserviscano il canto.
e alla breve chiacchierata che accompagnava l’esecuzione del brano nei suoi concerti :
La piccola morte a cui accenno nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la morte di un bambino piccolo. Bensì va metaforicamente intesa come la fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia, che nella sua discrezione è stata forse la più grande nutrice della civiltà mediterranea.
Sono anch’io tra quelli che gli vogliono bene. Mille anni e mille anni ancora
2 pensieri riguardo “De Andrè vive”
Mi associo completamente.
“Resistente ai cedimenti dell’ideologia”: questa affermazione è verissima!
Ricordo che, ai miei tempi, veniva accusato da una sinistra rivoluzionaria, di essere di destra. In realtà non è mai stato né di sx, né di dx: è stato semplicemente un libertario fuori dal coro , come si è spesso detto.
Ha scritto contro le ipocrisie e gli atteggiamenti che allora venivano chiamati “borghesi”, quello sì!
E’ vero, gli abbiamo voluto e gli vogliamo molto bene!
Mi fai ricordare di un ambiente lombardo-veneto d’epoca che già allora mi sembrava un po’ troppo settario.
Che stalinisti erano…e in qualche caso, sono anche adesso, Sarebbe interessante capire perchè.
Comunque gli anarchici non hanno mai avuto il gradimento dei marxisti leninisti come la storia insegna.
Ho sempre pensato ad uno scontro tra Aristocrazie del Pensiero oltre che di tutto il resto.