Das Weiße Band
Non ci sarebbe niente di male se fosse vero, come del resto sembrerebbe, che i premi assegnati a Cannes 2009, portano il forte imprinting Huppert. I presidenti, in definitiva si nominano appositamente perchè si assumano responsabilità e non per coordinare un lavoro con spirito esclusivamente notarile. ( chi prossimamente, in sede di selezione o in giuria, dovesse ritenere inelegante il dover difendere gl’interessi delle opere d’arte del proprio paese, impari la lezione Huppert)
Meno bene però è andata quando per spiegare il senso di una scelta evidentemente non assunta all’unanimità, la stessa Huppert ha sostenuto che Michael Haneke, come tutti i grandi artisti, o lo si ama o lo si detesta. Sciocchezza colossale, ci sono opere, è vero, che suscitano sentimenti contrastanti ma senza che questo sia di per sè un inequivocaile sintomo di grande qualità artistica. Mentre valeva la pena, proprio trattandosi di Haneke, di porre accenti meno banalizzanti, magari sulla visione disperante di un’ umanità perversa e senza riscatto di cui l’intera cinematografia di quest’autore è pervasa, ma soprattutto sul modo con il quale tutto ciò viene reso in termini di immagini.
Un pastore protestante, per esempio, chiama i suoi due figli nello studio per infliggere loro l’ennesima punizione. Michael Haneke ha fatto sistemare la macchina da presa nel corridoio prospiciente la stanza, quasi sulla porta, l’obiettivo seguirà l’azione ma in nessun caso varcherà quella soglia.
Haneke ha fissato lì la sua giusta distanza, quella dalla quale non si mostra ne’ si dimostra niente altro, se non che il Peggio che deve venire, incombe dietro quella porta. Il suo cinema dunque racconta la storie lasciando ognuno libero di formarsi un ‘opinione. Non l’autore quindi è l’artefice intorno al quale ruota la vicenda ma lo spettatore.
Implacabile diario di epoca pre bellica (prima guerra mondiale) in un villaggio della Germania del Nord, in cui i più deboli – i bambini, le donne ma anche gli handicappati – sono sottoposti ad una tale serie di vessazioni da parte dei notabili – non a caso esponenti del potere religioso, politico etc – da lasciar intuire che le violenze fisiche e psicologiche subite, siano da parte di quello stuolo di ragazzetti biondi con gli occhi azzurri, destinate tristemente a replicarsi, vent’anni dopo, su altri deboli, altri bambini, altri diversi.
Una certa educazione e cultura in senso assolutista porta a degenerazioni altrettanto assolutiste, al terrorismo, al fanatismo religioso, al nazismo, anche se questo mio film non è un lavoro solo sui fascismi. Ha annotato il regista a margine della proiezione.
Troppo scontato il riferimento a Bergman per l bianco e nero o per lo schiudersi dei mostri ma in effetti questo è solo e soltanto un film molto Hanekeiano.
Das Weiße Band è Un film di Michael Haneke. Con Susanne Lothar, Ulrich Tukur, Burghart Klaußner, Josef Bierbichler, Marisa Growaldt, Janina Fautz, Michael Kranz, Jadea Mercedes Diaz, Steffi Kühnert, Sebastian Hülk, Michael Schenk, Leonie Benesch, Leonard Proxauf, Theo Trebs. Genere Drammatico, b/n 144 minuti. – Produzione Austria, Francia, Germania 2009. – Distribuzione Lucky Red
3 pensieri riguardo “Das Weiße Band”
Jenè, eccoti Das Weiße Band con i complimenti della casa.
Ti avverto, poichè so che la notizia farà bene al tuo essere vittima di distributori e gestori di sale ottusi, che tranne Salomè che al momento non ha distributore, ogni pellicola sarà nelle sale nei mesi prossimi.
Dunque anche gli affari sono andati bene.
Mentre la benedetta spocchia francese ha fatto sì che Angeli e Demoni, questa settimana, non fosse campione d’incassi come nel resto d’Europa.
So’ soddisfazioni…
In effetti, leggendo il tuo commento, veniva in mente poprio Bergman…Aspettiamo pazienti che arrivi e lo annotiamo.
Dato il numero crescente dei film, ho deciso che farò un database in aggiornamento, con i film che tu vai recensendo e che mi sconfinferlano più degli altri, e le relative date…così, quando devo andare alla loro ricerca, farò in fretta!!
;-PPP
Non bisogna dar retta a chi parla di immagini troppo dure o di atmosfere pesanti, Bergman ci aveva abituati a ben altro e Dreyer on ne parliamo.Questo film comunque ha attori giovani eccezionali, talmente spiritati e malconci nell’animo che è stato un sollievo incontrarli “fuori” a sciamare, mangiare gelati e godersi la vita.