Solo il tramonto

Solo il tramonto

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Preceduto da polemiche e intimidazioni tali da indurre una Produzione evidentemente sfiancata, a  rinunziare al finanziamento pubblico, arriva infine nelle sale La Prima Linea, film non apologetico, come in molti si sono già affrettati a scrivere – ma che s’aspettavano? La celebrazione della pistola alla cintola ? –  ma soprattutto, altra litania ricorrente e del tutto trasversale, al quale manca ora questo, ora quello : la definizione dei contesti, le cause scatenanti, l’analisi sociopsicopolitica e chi più ne ha più ne metta.

Vero è che il rapporto tra cinema e terrorismi è lungo e sofferto e che infinite sono le angolature utilizzate per raccontare la storia della violenza politica degli anni cosidetti di piombo. Rimarcando la profonda differenza tra film e volume di storia, ovvero tra film e documentario in venti puntate, stile Rai Educational , trovo naturale che sia così. Anzi direi che alle volte il fatto che manchi qualcosa o che ad altre semplicemente si alluda, non appartenga necessariamente ad una tendenza omissiva ma che spesso allontani il rischio del didascalico, sempre in agguato quando si tratta di rivoluzioni vere o presunte.

I film che funzionano non fanno ragionamenti profondi, piuttosto li inducono. Non danno risposte, le sollecitano. Con tutto il rispetto per i parenti delle vittime e un po’ meno per gli attivisti  ministeriali della censura, il Cinema dovrebbe essere altro. E in quest’altro un ruolo preponderante occupa la possibilità,  o meglio lo spazio, dato  agli spettatori di guardare oltre lo schermo e, se del caso, di giudicare.

 E’ anche vero che il panorama complessivo dei film di questo genere, a parte rare eccezioni, è dominato da una sorta d’imbarazzo, ovvero da una volontà ossessiva di prendere le distanze che tutto finisce col distorcere.

In tal  senso il cinema è la spia migliore di come con l’intera vicenda del terrorismo, qui da noi, come altrove, non si siano mai fatti i conti fino in fondo. Liquidando frettolosamente la questione in termini di condanna, la si è sottratta ad una sincera analisi, stavolta sì, delle motivazioni profonde del fenomeno.

Prova ne sono le resistenze che progetti simili incontrano, particolarmente se messi in piedi sulla scorta di libri o testimonianze dei protagonisti.

Di cosa si ha paura? Qualcuno forse della inequivocabile – ovunque in Europa – matrice antimperialista, altri di sentir parlare di repressione e violenza di Stato?

Sbaglierò, ma tutta la fatica dell’Italia di cimentarsi con la tragicità, la complessità e le contraddizioni del terrorismo italiano che Benedetta Tobagi citava ieri in un articolo su Repubblica, io non l’ho avvertita.

Come, pur condividendo il suo parere sul cinema tedesco, tanto più evoluto del nostro,in materia – con l’eccezione di Buongiorno notte – non a La Banda Baader Meinhoff – prodotto dignitoso ma dal taglio commerciale in cui, a ben vedere, le lacune sono voragini – rivolgerei l’attenzione, ma a capolavori quali Germania in Autunno, lì in effetti il passo decisamente cambia.

Certo è che in Germania mai si sognerebbero di condizionare il finanziamento pubblico al gradimento post visione del ministro, ovvero alle correzioni apportate dai parenti delle vittime.

Ciò detto, La prima Linea è un film che sceglie le  esperienze personali e quotidiane di un gruppo di terroristi – una sorta di storia della lotta armata vista da dentro – come partenza e filo conduttore, per poi sviluppare attraverso  vari piani temporali, il racconto di alcuni fatti di cronaca emblematici.

In questo procedere avanti e indietro della narrazione è possibile intravedere le motivazioni di una scelta politica ed esistenziale che, evento dopo evento, errore dopo errore, sospinge i protagonisti in un vicolo cieco.

La struttura è piuttosto semplice e il percorso individuale assai comune in queste storie, dunque ho trovato il film assai credibile oltre che veritiero, incluso il fastidio che possono suscitare personaggi nevrotici e in perenne stato di concitazione, sovrastati da un senso di fallimento e di sconfitta che condiziona ogni loro gesto . Per chi non lo sapesse, le cose, almeno da quel punto di vista, stavano esattamente così.

Ovvio dunque che nel tentativo, peraltro abbastanza riuscito, di esplorare la vicenda da un certo punto di vista, ponendosi gli sceneggiatori ed il regista, il problema del racconto alla giusta distanza, a qualcuno poi manchi la poesia, ad altri il sogno, ad altri ancora l’individuazione precisa del nemico da abbattere o l’ enumerazione cronologica di tutti gli eventi. Come se si trattasse di questo…

Sceneggiatura coerente, Mezzogiorno e Scamarcio perfetti nel ruolo di chi scambia l’alba con il tramonto, slogan promozionale ad effetto che solo in parte definisce il film.

La prima linea è un film di Renato De Maria del 2009, con Giovanna Mezzogiorno, Riccardo Scamarcio, Liam Riccardo, Daniela Tusa, Awa Ly, Fabrizio Rongione, Lucia Mascino, Jacopo Maria Bicocchi. Prodotto in Italia. Durata: 96 minuti. Distribuito in Italia da Lucky Red

Un pensiero su “Solo il tramonto

  1. visto anche questo. A parte il fatto che Scamarcio proprio non mi piace, devo dire che hai ragione, era proprio quella l’atmosfera. Trovo che sia un film onesto, non aggiunge nè toglie al male che è stato fatto e a cui Segio dà voce.
    Se lo meritava il contributo statale.

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