No Prediche

No Prediche

Ingresi11L’insulto grave impresso –  tre metri per sei –  in  cartelloni pubblicitari affissi per ogni dove. La committente, una casa di mode che invece di abiti  e pullover,  esibisce un corpo nudo prosciugato dal digiuno e dalla disperazione. No anorexia – No Lita, avvertono due scritte poste ai lati della modella che ha le stesse fattezze di una sopravvissuta a Buchenwald . No Lita è  il marchio di fabbrica di una collezione : abiti  informali per giovani donne.Tutti applaudono. Bisogna mettere paura a queste ragazze un po’ sciocche che per correre dietro alle mode saltano i pasti, – guardate un po’ come ci si riduce  – ed ecco che lo spettacolo da orripilante dovrebbe diventare educativo.Si ricomincia con le prediche e i messaggi edificanti. Come se l’anoressia fosse un disturbo da disordine alimentare e non un malessere, una sofferenza dell’anima rispetto alla quale non ci sono campagne pubblicitarie scioccanti  o alleanze tra governi e stilisti che tengano.Tutte misure queste che, ammesso fosse davvero l’Imperativo della Moda ,il colpevole, non riescono nemmeno ad ottenere l’obiettivo minimo  che si prefiggono.Tant’è che dopo aver criminalizzato le donne magre ( ultima in ordine di tempo, Miss Italia, che per la verità sembra una ragazza piena di salute) la passerella continua tranquillamente a ricusare la taglia 42 come del resto è sempre stato.Un inutile trambusto in cui c’è sempre qualcuno che coglie l’occasione per  dirti come devi essere. Ma grasse o magre,il Malessere meriterebbe maggior rispetto e laddove non fosse possibile parlarne senza esibizioni e grancasse,un solidale silenzio, sortirebbe migliori effetti. Chi è malato ha bisogno di cure e di amore da elargirsi lontano dai clamori.Le ministre pensino ai Centri e alle attivitità di sostegno e lascino stare le passerelle e la pia illusione che la Campagna dei nostri Sogni  “Sii te stessa” possa mai essere sostenuta dal Mercato.

(Non pubblico la foto inflazionata di Isabella Caro non per disgusto ma per pietà,compassione, rispetto per  il dolore. Ho messo un dipinto di Ingres per ricordare che all’epoca di cui trattasi alle donne veniva chiesto di essere in carne)

Paritta Sutra

Paritta Sutra

Birmania08

Possa noi essere liberi da tutti i pericoli, liberi dal dolore, liberi dalla povertà, possa noi trovare la pace del cuore e della mente.

Paritta Sutra del Buddha (che noi conosciamo meglio come Sutra del Cuore) e che viene recitata in questi giorni nei cortei dai monaci e dalle monache in Birmania .

Prima contro gl’Inglesi, poi contro i Giapponesi, poi ben due invasioni cinesi e  la guerriglia armata di varie minoranze etniche, in Birmania dove governa la dittatura militare più longeva della storia, la seconda guerra mondiale non è mai finita. Nel frattempo è cresciuto un esercito di quattrocentomila unità che spadroneggia e prosciuga le risorse. Lo scenario è quello tragico dei luoghi in cui la casta militare inefficiente e corrotta trascina il paese sull’orlo del tracollo economico.Già nel 1990 l’allora dittatore generale Ne Win,  sull’onda delle proteste contro il rincaro del riso e la conversione della moneta che aveva annullato il valore dei due terzi delle banconote, aveva indetto elezioni democratiche pensando di poterle manipolare. Un errore clamoroso per il regime che subì una sconfitta sonora  dalla Lega democratica di Aung San Suu Kyi seguta da una repressione feroce con tremila vittime ,l’arresto degli oppositori e un nuovo Golpe. Da circa un mese, nuove proteste per il rincaro dei generi di prima necessità (e nuove repressioni a cura delle squadracce protette dai militari) percorrono la Birmania, ne’ sono mancati quindici giorni fa, nuovi arresti  di dissidenti.Il fatto che da qualche giorno i monaci e le monache si siano uniti in massa ai manifestanti, rifiutando le offerte e scomunicando così i militari, introduce di sicuro un elemento nuovo nello scenario. La recita delle preghiere di fronte alla casa di Aung San Suu Kyi – unica leader legittima della Birmania –  inoltre,  provoca non poco imbarazzo nel regime mentre lo pone di fronte ad una scelta difficile : tollerare la protesta (come sembra stia accadendo) e rischiare di essere travolti dalla nuova ondata democratica o soffocare la rivolta nel sangue, clero compreso.

Una tempesta d’immagini

Una tempesta d’immagini

Abel Gance ebbe la conferma che il suo antico sogno di proiettare Napoléon tra le Rovine  , si era infine avverato, da Claude Lelouch. – Vado a telefonargli, glielo dirò  piano piano – ci aveva annunciato dopo la proiezione, accompagnando quel piano piano con un piccolo movimento delle mani . Un gesto affettuoso, protettivo.Gance aveva allora oltre novant’anni  (morirà due mesi dopo) e i medici gli avevano sconsigliato di viaggiare. Soprattutto di evitare forti  emozioni. Le rovine che aveva sognato, erano quelle del Colosseo e dell’Arco di Costantino a ridosso del quale erano stati sistemati gli schermi e la buca dell’orchestra. L’area, quella bellissima che arriva fino al Clivo di Venere Felice e che dal 6 agosto al 13 settembre 1981 aveva ospitato una tra le edizioni  più ricche di Massenzio.Gance dovette accontentarsi del racconto piano piano di Claude Lelouch, di sicuro  gli avrà detto che la proiezione era stata interrotta da una pioggia durata mezz’ora ma che nessuno tra il pubblico, nemmeno Madame Danielle Mitterand, l’ospite più importante  (e anche la più gradita) nemmeno il sindaco di Roma Luigi Petroselli e il Presidente del Senato Spadolini, nemmeno Enrico Berlinguer,si era mosso dal proprio posto,che ognuno  aveva aspettato pazientemente che finisse di piovere e che alla fine  il pubblico si era alzato in piedi e aveva applaudito a lungo . Venticinque anni fa la standing ovation non era un tributo abituale. Napoléon è un film  con una storia infinita, piena di traversie. Uscito a ridosso dell’avvento del sonoro cui Gance (e non solo) aveva preconizzato  vita breve (ma lo stesso cinema non era forse un ‘invenzione senza futuro secondo i Lumiere?) era stato proiettato la prima volta nel 1927 all’Opéra di Parigi accompagnato da una partitura di Arthur Honnegger.Più Monumento che Kolossal, pensato come il primo  di cinque capitoli sulla vita di Napoleone , era costato un grosso impegno alla Pathe la casa produttrice, affiancata per l’occasione da un team di banchieri : 18.000.000 franchi, uno sproposito per quell’epoca, senza considerare un cast di grandi attori di teatro da Albert Dieudonné (Napoleone ) ad Antonin Artaud ( Marat )  passando per Annabella (Violine) Gina Manès (Joséphine de Beauharmais) e lo stesso Gance nei panni di Saint Just nonchè una nutrita schiera di comparse. Il Meraviglioso però  era dato da una serie di marchingegni tecnici impensabili per l’epoca :  il sistema della “polyvision", con tre schermi affiancati che allargano la visione, usato  per le sequenze del Dibattito alla Convenzione, del Bal des Victimes, e della marcia dell’esercito francese verso l’Italia, la divisione delle inquadrature in più immagini, effetto difficile da ottenere allora, in assenza di  stampatrici ottiche, le cineprese collocate in ceste oscillanti sospese nel vuoto  a dorso di cavallo per imprimere movimento alle sequenze, perché lo spettatore potesse incorporarsi al dramma visivo . Effetto questo accentuato dalle  sequenze in soggettiva, e dal montaggio dai ritmi rapidissimi. La storia della lavorazione di Napoleon è a sua volta un’ epopea. Quattordici mesi di riprese, quattrocentocinquantamila metri di pellicola, settanta ore di girato.Un’impresa parossistica e mirabolante. Ma.. furono proprio la lunghezza del film, sei ore, e l’attenzione del mercato rivolta alla novità del sonoro, a renderne difficile la distribuzione. Anche i successivi tentativi  di postsincronizzazione non sortirono l’effetto.Così quello che Chaplin aveva definito Tempesta d’immagini, fu tagluizzato, ora per renderne accettabile la durata, ora perchè nelle sale non  erano disponibili i tre schermi necessari alla proiezione. All’inizio degli anni settanta, di quell’opera rimanevano frammenti sparsi  nei musei del cinema di tutto il mondo. L’operazione di recupero e ricostruzione del film durò dieci anni  ed è in gran parte dovuta al regista e storico inglese Kewin Brownlow. Nel 1981 la copia ricostruita fu recuperata dal regista Francis Ford Coppola, presentata a New York, al Radio City Music Hall, e fatta ricircolare in tutto il mondo. La versione di Coppola era di 4 ore e con musiche composte da suo padre Carmine Coppola appositamente; una versione di Brownlow e di David Gill dura 5 ore e 13 minuti, con musiche di compositori del XVIII secolo (a cura di Carl Davis); la versione che proiettammo a Roma, a Massenzio era la copia restaurata da Brownlow ma nella versione più breve di Coppola.Come si arrivò a portare Napoléon a Roma per offrirlo al grande pubblico fa parte di un’altra epopea, come i due giorni di prove con Coppola circondato dai guardaspalle che strillava ordini al proiezionista collegato con un walkie talkie mentre suo padre ammoniva dolcemente i violini, sono ancora un’altra storia.

Stasera al Colosseo si replica.L’Estate Romana compie trent’anni e li festeggia con trentacinque metri di schermo, cinque proiettori, e Napoléon che a ottant’anni dalla Prima all’Opéra di Parigi,dopo essere stato dato per spacciato molte volte, continua a far tremare le vene ai polsi di spettatori visionari.

 

L’esprit du temps

L’esprit du temps

Cicciolina

Concludendo : massì azzeriamo ( come dicono i politolighi) e mandiamo tutti a casa (come dicono i comici).Delle riforme (istituzionale,elettorale etc) e della modifica della Legge 30, s’incaricherà il governo a venire. E noi? E noi …siamo sopravvissuti a Cicciolina sopravviveremo anche al Fenomeno®.

Prêt-à-porter autunnale (scene di lotta senza classe)

Prêt-à-porter autunnale (scene di lotta senza classe)

griAssai più di quanto appaia, una certa qual sopravvalutazione della Politica e una buona dose di fiducia nel Potere delle Leggi, animano i molti fautori del rinnovamento prêt- à -porter;, seguaci o meno che siano, del Fenomeno®.Come se essere giovani,donne,incensurati, politici inesperti bastasse di per sè a garantire una politica migliore,più onesta,più vicina ai cittadini  e meno soggetta alle pressioni delle lobby.Come se spazzare via la legge 30 significasse automaticamente abolire il precariato.Come se nel nostro Paese, i padroni che dispongono di analoghe leggi da mezzo secolo ,si risolvessero dall’oggi al domani ad assumere in pianta stabile ogni lavoratore a progetto, solo perchè manca  un istituto contrattuale idoneo.Così non è.E non perchè le buone leggi possono essere eluse ma perchè le buone leggi da sole non bastano.Confesso di essere molto infastidita da questo impasto rudimentale di rancore, primordiale rivendicazione, frustrazione senza progetto che pervade le recenti contestazioni. Ne’ sono certa che sia chiaro ad ognuno che i tagli alla spesa pubblica non significano solo metter mano agli stipendi e ai privilegi dei parlamentari ma fondamentalmente rivedere il funzionamento della pubblica amministrazione,organici compresi. Mi domando come mai quest’argomento latiti nei comizi degli appassionati delle vie brevi.Come mai nell’ostentata ruvidezza,nelle urla dal palco, con le maniche della camicia arrotolate,  non sia incluso anche il benservito ai pubblici dipendenti, troppi e come se non bastasse, responsabili ,secondo molti, di sprechi e malfunzionamento.Certo lì si tratterebbe di andare al cuore del problema correndo il rischio dell’impopolarità e forse di perdere il consenso di qualche spettatore.Anche questo è un atteggiamento  da politicante di mestiere. Meglio prendersela  genericamente con i politici : Destra e sinistra? Tutti uguali .Tutti malversatori.Per tutta la settimana il Fenomeno®  è stato vezzeggiato dai media, guadagnando la ribalta delle principali trasmissioni politiche e delle copertine e questo è davvero incredibile se si pensa a quanto poco spazio, alle volte destinino i media al rinnovo dei contratti o ad altre manifestazioni di protesta.Abbiamo bisogno di capire,sicuramente ma perchè di fronte ad affermazioni tanto generiche ed omologanti,dovremmo prenderci la briga di valutare quanto sta succedendo alla luce di sottili distinguo e magari rinunciando pure a chiamare le cose con il loro nome?  Qualunquismo si chiama  tutto questo sparare a zero senza perdere ne’ tempo né fiato per approfondire le dinamiche, giudicando con l’accetta e confondendo la partecipazione nella quale risiede il vero controllo democratico, con uno spettacolo di piazza o con un giro sul web. Qualunquismo, cioè fascismo in potenza.
E senz’ombra di dubbio visto le ultime sparate trionfali . Perchè abbiamo pudore a dirlo ?Forse perchè il Fenomeno® raccoglie consensi a sinistra? Tanto più. La mancanza di partecipazione privatizza la politica e isterilisce i partiti. La frantumazione del pensiero impedisce la formulazione di un Progetto.Senza un’idea precisa di quale società,quale giustizia,quale scuola,quale lavoro, quale cultura, quale informazione, non si va da nessuna parte. L’antipolitica, le soluzioni facili e apparentemente definitive, lo sfogo senza sostanza, il vomito senza progettualità, non assomigliano in nulla e per nulla alla  lotta politica. E’ lo sfogo dei senza parte che – volenti o nolenti – spalanca le porte al cesarismo, al bonapartismo, agli uomini della provvidenza, che spuntano dagli anfratti più reconditi (il Fenomeno® l’avevamo lasciato comico e per poco non lo ritroviamo santone di una setta elettoralmente vicina al 10%,) per “guidare il malessere”. Verso un nuovo malessere, il malessere del populismo che si fa sistema.A me Grillo non ha mai fatto ridere. Adesso che l’ironia s’è fatta ghigno,men che meno .

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