Bree (e le altre)
E’ finita mercoledì scorso la terza stagione delle Desperate Housewives lasciando aperta ogni singola vicenda delle abitanti di Wisteria Lane, a soluzioni che potranno agevolmente dipanarsi nella prossima serie. Checchè se ne pensi, Desperate è un prodotto televisivo dai molti pregi. Il mix giallo rosa è ben amalgamato e il contrappunto esistenziale introdotto dalla voce narrante, arricchisce notevolmente il racconto senza scadere troppo nel moralistico melenso (alle volte è un attimo) . Da ultimo: il dialogo serrato e vivacissimo è di buon livello ed ironico senza forzature. Riflettendo su questo tipo di telefilm di pura evasione ,dal costo, almeno fin qui, non elevatissimo – quasi tutto si svolge in interni , case dislocate nei 100 metri di un tratto di strada e in altre semplici ambientazioni ricostruite in studio – dalla sceneggiatura accurata e coerente nonostante i mille intrecci , non si capisce bene perché le nostre serie televisive non riescano ad avere la stessa verve e lo stesso successo e soprattutto vendano così poco all’estero.Personalmente non sono riuscita ad andare oltre la terza puntata dei Cesaroni (troppi stereotipi) e di Un ciclone in famiglia (troppo Vanzina) che pure sono interpretati da bravi attori.Il punto credo sia nella sceneggiatura, vicende famigliari, complicazioni sì, ma con l’happy end troppo a portata di mano,personaggi complessi e pieni di difetti ma che poi trovano remissione dei peccati e facile ravvedimento nell’arco di una o due puntate. Desperate è diverso : non c’è una figura femminile che abbia un buon carattere o un tic che l’abbia portata sull’orlo della crisi di nervi, quando non alla violazione delle regole di buona convivenza eppure alla soglia della quarta stagione e nonostante discrete peripezie,ognuna è rimasta quel che era, senza miracolosi interventi d’innamorati o di vicissitudini strazianti.Come poi, in fondo, è anche nella vita.
Nell’illustrazione : il personaggio preferito