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Tag: La fabbrica del cinema

Sense and sensibility in Sacramento (California)

Sense and sensibility in Sacramento (California)

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La letteratura di Jane Austen è sempre stata per il cinema una specie di pozzo senza fondo : non c’è romanzo  da Pride and Prejudice  a Mansfield Park a Emma  a Sense and sensibility (nella sontuosa trasposizione di Ang Lee) che non abbia ispirato pellicole o che non sia stato saccheggiato di citazioni più o meno manifeste. La ragione va ricercata nell’essenza stessa degli scritti  della Austen, fortemente introspettivi densi di caratteri umani  inseriti quasi sempre  in generose rappresentazioni di affreschi d’epoca. Una vera pacchia per lo sceneggiatore al quale non rimane altro che sfrondare qua e là per riportare alla luce  un esprit il più delle volte attualissimo ed estremamente  maneggievole ai fini del racconto.

Austen16Niente di strano quindi, se Robin Swicord decide di realizzare un film The Jane Austen book club ( in italiano il titolo è Il club di Jane Austen ) che vuol essere, non un ennesimo ma un ulteriore (e pregevole) punto di vista su questa scrittrice e la sua produzione. Siamo a Sacramento  - noiosa città della California in cui altro non si può fare se non fondare un club di letture (NdR) - ai giorni nostri , un gruppo di amici organizza a cadenza mensile,  una riunione con lettura collettiva e discussione dei libri della Austen allo scopo di sostenere una di loro, nel superamento di una delusione d’amore. Naturalmente letteratura e vissuto s’intrecciano per ognuno dei soci del club e ne scandiscono l’agire in una squadernata di temi tradizionali dell’Austen (repressione, istinti ,sensi di colpa,doveri…) infine ciascuno, nel  suo  libro, rinverrà la chiave di volta della propria esistenza e l’ispirazione per addivenire a probabili happy end.

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Film interessantissimo proprio per il mix vissuto – cinema – letteratura, quantunque un po’ troppo aristocratico perchè il grande pubblico se ne appropri ma – e questo è il bello – fortemente istigatore di ricerca ed indagine letteraria austeniana e non solo. Irrinunziabile la visione per i fans della scrittrice.

Il club di Jane Austen  è un film di Robin Swicord con Kathy Baker, Maria Bello, Emily Blunt, Amy Brenneman, Hugh Dancy, Maggie Grace, Lynn Redgrave, Jimmy Smits, Marc Blucas, Kevin Zegers, Gwendoline Yeo. Genere Drammatico produzione USA, 2007 Durata 106 minuti circa.
Storia di non amore (nei giorni in cui perdemmo tutto)

Storia di non amore (nei giorni in cui perdemmo tutto)

Torino . Settembre 1980. L’ultima illusione della classe operaia bruciata dentro e fuori i cancelli di Mirafiori in una lotta durata trentacinque giorni , strenua , disperata e infine perdente . Il racconto dell ‘ultimo sprazzo di passione collettiva, corre parallelo  a quello di una storia d’amore tra lei, impiegata della Fiat, figlia di crumiri imbesuiti dal mito di Valletta,  laureanda, con ansia di riscatto sociale e prossima a nozze con capetto sempre  Fiat, egualmente ambizioso  e lui, operaio massa, militante, tosto , possessivo  e per sovrapprezzo pure ignorante in matematica. La loro storia si consuma  nell’arco di quei trentacinque giorni al termine dei quali, perderanno tutto. Non sarà valso a lei, che ritroviamo ai giorni nostri, disoccupata e spenta  a far la spesa al Lingotto trasformato in centro commerciale, aver partecipato alla marcia dei quarantamila ne’ a lui riconvertitosi tassista, aver lottato duramente.Fregati entrambi. Dopo quei trentacinque giorni tutto cambiò in fretta , umiliata la dignità dei lavoratori con la firma di un accordo bidone (23.000 cassintegrati , senza rotazione, ne’ piano industriale, un allontanamento dalla fabbrica senza speranze che per moltissimi divenne definitivo ) cominciò una china discendente che tra frammentazione sociale , spaesamento, precariato, disoccupazione, segnò il decennio 1980 – 1990 , soprattutto fu la fine della politica, privata di un soggetto forte. Il film si avvale di inserti particolarmente significativi ,uno per tutti ,relativo all’episodio più controverso : quello del comizio di Enrico Berlinguer davanti ai cancelli di Mirafiori. E’ facile , in un film che intrecci una vicenda pubblica con una privata, che la miscela emozionale  ne disperda la sostanza,il valore storico.

In SignorinaEffe questo non accade, vuoi per il rigore narrativo con il quale sono definiti i contesti , vuoi per quell’ansia minuziosamente conoscitiva e indagatrice, onnipresente  spina dorsale del film. Va dato merito alla costanza di Wilma Labate che per trovare i finanziamenti necessari alla realizzazione di questo bellissimo film , ha impiegato dieci anni per l’indisponibilità delle case di produzione a investire in una storia che parlasse di operai , soggetti definiti fuori moda, inadatti pertanto a far tintinnare il botteghino.Ma soprattutto per aver sostenuto con forza il punto di vista dei perdenti, mostrandoci le cose esattamente com’erano e per averci riportato alla memoria con intelligenza e poesia , questo pezzo della nostra storia raccontando i giorni in cui perdemmo tutto.

SignirinaEffe è Un film di Wilma Labate. Con Filippo Timi, Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore, Fausto Paravidino, Clara Bindi, Gaetano Bruno, Luca Cusani, Marco Fubini, Giorgio Colangeli, Fabrizio Gifuni. Genere Drammatico, colore 95 minuti. – Produzione Italia 2007. – Distribuzione 01 Distribution

No Diritti No Oscar

No Diritti No Oscar

Mi scervellavo per trovare trame originali ma non ero in vena a quanto pareva e le trame non erano abbastanza originali.O forse lo erano troppo.Fatto sta che nessun produttore le voleva

Joe Gillis – William Holden bello che morto mentre galleggia nella piscina di Norma Desmond.  Incipit di Viale del tramonto

Se la trasmissione dei Golden Globe ieri somigliava più ai Quaresimali che alla consueta, fiammeggiante parata, se gli studios sono deserti e non c’è verso di avviare le lavorazioni di colossi quali  Demoni e Dei, sequel del Codice da Vinci o Nine, musical ispirato a Fellini Otto e mezzo, se David Letterman e Jay Leno , look insolitamente antagonista e militante con lunghe ed incolte barbe ,vanno in onda col permesso in deroga,rilasciato dal tosto, tostissimo, Writers Guild of America, se le serie televisive più amate nel mondo (Desperate, Lost, Doctor House) rischiano di bloccarsi sul più bello, se non c’è candidato in corsa per White House che non inauguri il caucus, le primarie , la grigliata con gli elettori, senza dichiarare la propria solidarietà agli scioperanti , il motivo è da ricercarsi nell’ultima puntata di un match tra Creativi e Majors, le cui  conseguenze squisitamente glocal, stanno bloccando,indotto incluso, l’intera macchina dello spettacolo americana.Tra perdite secche e mancati introiti, una partita in rosso questa, che supera tranquillamente una delle nostre Finanziarie.

Gli sceneggiatori  non sono nuovi a queste levate di scudi non solo sul fronte economico ma anche per ritrovare una misura di controllo sulle proprie idee. Già nel 1988 lo scontro durò mesi accendendosi  sui diritti d’autore derivanti dalla vendita  degli homevideo. Una bazzecola se si pensa ad oggi e a quanto Internet con tutti gli annessi, dagli Ipod ai videofonini, in assenza, ora come ai tempi dell’homevideo, di un model businness, complichi i termini della vertenza.

Di questa complicazione si fanno scudo le Majors impegnate ad assicurarsi un futuro lucroso sulle piattaforme emergenti.Gli studios sono divisioni  in mano a colossi globali come Time Warner, Paramount, News Corp di Murdoch (Fox) , imperi dediti all’ibridazione: news ,editoria, new media,viedeogame, cuore pulsante della fabbrica dello spettacolo, officina  di format, serie, miniserie, e telefilm. Internet ,che ha già archiviato la sua funzione sperimentale di incubatore democratico di controcultura, è il ricco veicolo per accedere ai mercati globali giovanili,vedi i recenti acquisti di network come My Space da parte di Murdoch,o Facebook  che è partecipata di Google e Microsoft. Senza contare che Internet è la  nuova frontiera della Pubblicità Mirata e su misura, come mai prima era successo. Un ‘operazione delicata da gestire possibilmente senza interferenze da parte della manodopera. Contemporaneamente anche la creatività si confronta con le incognite di un terreno inesplorato dove lo sceneggiatore deve adattarsi all’universo virale di You Tube ma anche a quello polimorfo di Guitar Hero.Ecco perchè sul Sunset Boulevard si gioca una partita importante che coinvolge l’intera sfera della comunicazione infotainment, i quotidiani e l’intera nebulosa della cultura. Dunque, dopo aver messo al tappeto i Golden Globe Awards e incassato la solidarietà di moltissimi attori di Hollywood, i writers si preparano a boicottare la notte degli Oscar – scrittissima – chi non ricorda i duetti tra palco e platea tra Woopy Goldberg e Roberto Benigni ,le battute tra Steve Martin, pronto a contenere le proteste delle star per Iraqui Freedom e un parterre senza smoking e con poca voglia di fare una vera festa.? Se l’Oscar venisse sospeso , sarebbe un evento senza precedenti. Del resto questi eredi di  Faulkner, Scott Fitzgerald, Wilder ma anche di Lang, Lubitsch, Brecht e tanti altri della diaspora ebreo austro tedesca, considerati bassa manovalanza, chiamati da Jack Warner, schmucks – cretini,  in yiddish – hanno ragione da vendere. E mentre il temporaneo black out di entertainment rischia di mandare in onda una valanga di produzioni senza copione ( lo sciopero del 1988 coincise con l’avvento dei reality) è ancora da capire  cosa determinerà l’attuale vertenza e il riallineamento epocale che l’ha determinata. Per ora : no Diritti , no Oscar. E così sia…

Nelle illustrazioni : corteo di novembre scorso a Hollywood Boulevard, Ben Stiller picchetta gli stabilimenti della Universal e uno dei classici e transnazionali simboli di ogni protesta (gonfiabile)

Perchè abbiamo pochi amici neri

Perchè abbiamo pochi amici neri

Basta dire com’erano più belli, amari, cattivi , incisivi, quelli  di papà, ogni volta che Francesca o Cristina Comencini hanno film in uscita.Qui abbiamo Cristina con Bianco e Nero (ma che brutto titolo) non nella migliore delle sue prove ma egualmente brava nel tentativo (riuscito) di fare un film commedia di costume e antirazzista. Fosse anche un’opera educativa tra le pieghe della quale non urlano ne’ Malcom X ne’ James Baldwin – ma chi ha detto che  il pur meraviglioso The Fire nex time sia l’Approccio Unico al problema? – l’andamento del film è quello giusto, perchè noi di educazione all’antirazzismo abbiamo estremo bisogno e nulla può dirsi scontato o acquisito nel settore delle relazioni, chiamiamole interculturali :Quadrangolare lui lei bianchi , lui e lei neri, intellettuali evoluti e moderatamente borghesi.La passione s’innesca tra la lei senegalese e il lui italiano scatenando nei rispettivi coniugi rigurgiti di ostilità di ogni tipo perchè se è vero che l’amore abbatte le frontiere e supera gli ostacoli ciò vale solo per chi ne è direttamente coinvolto ,il resto, mi piacerebbe dire , sta a guardare e invece ,niente affatto, approfitta per tirare fuori il peggio  rinfocolando sopiti razzismi. Finale catartico.Come è giusto che sia. Intelligente scelta della Comencini  di affidare a  Fabio Volo e Ambra Angiolini ,due attori non professionisti, i rispettivi ruoli ,decisamente bravi ironici  e in parte  i due attori senegalesi , Aissa Maiga e Eriq Ebouaney. Al gentile pubblico convenuto spetta  la risposta al quesito fondamentale del film Perchè abbiamo pochi amici neri? (beh ..se con loro fossimo meno carogne e tanto per rimanere in casa nostra , dessimo un calcio alla Bossi-Fini, potremmo averne molti di più).


Aspettando il César (almeno quello…)

Aspettando il César (almeno quello…)

E’ stato il mio film a Venezia 2007, non c’erano abbastanza Leoni su quel tavolo…fosse stato per me  li avrei consegnati tutti a   La graine et le mulet (che invece si è aggiudicato solo il premio del pubblico e della critica) , uscito nelle sale italiane ieri col titolo di Cous cous. Gran compendio di sentimenti che il cinema troppo spesso trascura. Ai registi chiediamo tanto : riflessione,divertimento sogno ma..dovremmo esser loro grati quando ci mostrano la fatica di vivere e quando riescono nonostante il contesto tutto artificiale a far comunque emergere pezzi di verità.Storia di una famiglia francese di origine araba e di un piatto che richiama identità e che riesce malgrado i conflitti,il non detto  e le tensioni ad avvicinare chi se ne serve.Tre generazioni in un procedere duro e doloroso,una delle poche pellicole che non essendo costretta in gabbia narrativa alcuna non rivela il finale già a partire dal secondo fotogramma. Ma Obbediente al diktat del bravissimo regista,nemmeno io dirò oltre. (ambientato a Séte patria di Georges Brassens,tanto per aggiungere fascino al fascino)

COUS COUS  è un film  di Abdellatif Kechiche con Habib Boufares , Hafsia Herzi distribuito da. Lucky Red