Rai sempre

Rai sempre

Una risposta era d’obbligo e c’è stata, convinta, partecipata ed energica. Necessaria .

Ma i sacrosanti motivi,  la generosa  mobilitazione, la Rete, i canali satellitari e quelli digitali non sono stati  comunque sufficienti ad impedire la messa in onda di una brutta trasmissione. Rai per una notte. Ambigua già nel titolo.

Poi sfilacciata nel racconto, affidato alla solita compagine degli esclusi ed esiliati oramai di professione.

Ma soprattutto incapace di mettere a tema l’agente principale : l’Oscuramento delle trasmissioni come parte del Disegno più elaborato di manipolazione della realtà. Diversamente, l’oltraggio alla libertà di parola si ridurrebbe, come poi è stato, alla rappresentazione del bavaglio di uno o più professionisti del racconto .Invece è tanto di più.

Certo il montaggio può alludere alla dittatura – che vera e propria dittatura non è – o l’intervista evidenziare la ricetta del Maestro Monicelli : la rivoluzione – anche se pure quella, vera e propria rivoluzione non è – ma poi in questo ondivagare interrotto dal musicista o dal comico che ripropone l’ennesima metafora del potere che sodomizza , ai cassintegrati non si può affidare solo il ruolo dei figuranti.

Semplicemente perchè sono loro l’elemento rivelatore e dissonante rispetto alla Versione Ufficiale, da oscurare, loro più delle intercettazioni, chè tanto si sa, nel clima di generale assuefazione, anche un’odiosa ingerenza viene percepita come normale esercizio del potere.E poi c’è sempre l’Onnipresente che va trasmissione per trasmissione a spiegare che l’arroganza era, in quel caso, doverosa.

Le manifestazioni politiche di tipo consolatorio servono a rinserrare i ranghi, a ritrovarsi – c’è bisogno anche di quello, beninteso –  ma incidono poco.Tutti sul satellite o in Rete a vivere l’estremo paradosso del contribuente costretto a rivolgersi altrove per l’esercizio di un diritto. C’è poco da entusiasmarsi.

Io vado avanti nel rispetto del mio lavoro e sapendo che potrebbero anche volermi licenziare ha detto Corradino Mineo al culmine di una giornata di fitto carteggio, come si dice in questi casi,  volto a vincere le resistenze dei vertici aziendali.Questa manifestazione ha il diritto di essere mostrata e noi la mostreremo come abbiamo fatto per la manifestazione del PDL in piazza San Giovanni ( della cui trasmissione nessun vertice si è lamentato)

Mettici una pezza. Per ora il primo round se l’è aggiudicato lui . Vedremo poi. Nelle more sia lode a Mineo. Il titolo di questo post è parte di una sua brillante citazione.


Kate !!

Kate !!

Del suo film avevo già detto qui –  e a distanza di quasi due anni, non solo non cambierei una virgola di quanto scritto, ma ora che The Hurt Locker ha avuto il tempo di arrivare, in DVD,  sui miei scaffali,  intatta rimane anche la meraviglia e lo sconcerto della visione.

Di Kate Bigelow che vince l’Oscar a ridosso dell’otto marzo, con un lavoro che rompe qualsiasi schema, primo tra tutti quello dello specifico, un tratto così marcato da deludere qualsiasi aspettativa rispetto alla cineasta donnanon resta che  elogiare il talento, la scrittura, la capacità di procurare emozioni forti attraverso la pura e semplice narrazione.

L’Oscar 2010 sembrava immerso in un’ atmosfera da film anni  ’40 – Davide contro Golia ovvero La Costola di Adamo – invece tra il super colossal Avatar  dell’ex consorte e il piccolo The Hurt Locker c’è tutto lo spirito di un cinema che si rinnova in un paese che vuol rinnovarsi. E il fatto che abbia vinto Kate oltre che essere di buon auspicio, è un evento che riempie di soddisfazione anche chi nel proprio piccolo, ama e sostiene quel cinema.

C’è un giudice a Milano

C’è un giudice a Milano

Ad un certo punto – tra incastri di scadenze, liste, listini, ricorsi, bocciature, riammissioni –  ho perso il filo. Poi all’idea già di per sè balzana, di una competizione senza l’avversario principale,  s’è aggiunto l’incubo delle assemblee regionali che sarebbero potute uscire dalle urne, se l’elettore di centro destra, non trovando altra possibile collocazione, fosse stato costretto a votare quel che c’era.

Infine – qualsiasi fosse il risultato finale – quella di consigliature la cui credibilità sarebbe stata messa in discussione giorno dopo giorno per cinque anni. Altro che vincere – o perdere – facile. E altro che ingovernabilità.

Questo sarebbe uno di quei classici casi in cui l’idea che la decisione finale su regole e regolamenti spetti ad un Tribunale e la decisione eventualmente politica a Governo e Opposizione magari in accordo, benedicente il Capo dello Stato, dovrebbe rasserenare.

E invece non se ne parla.Il giudice nella migliore delle ipotesi è un talebano che favorisce certe liste a scapito di certe altre – m’è capitato sin di leggere che in Corte d’Appello  di questi tempi soffrono di pruriti legalitari – il vittimismo, cospicua rendita di questo governo, dilaga, quanto al dialogo con l’Opposizione o il ricorso al Garante più che minacce all’una e gran tirate per la manica all’altro, non si è visto.

Ammettere gli – evidenti – errori? Jamais.

Così può capitare che nottetempo si ritenga di stiracchiare un – come ti sbagli – decreto interpretativo per sostenere i giudici nella difficile scelta di riammettere o meno liste ritardatarie o con  firme senza bolli o apposte a matita nonchè tutto il resto del corredo degli strafalcioni. Non che sia una materia poi così complicata da scomodare  un Consiglio dei Ministri, ma insomma così il giudice può decidere più agevolmente.

Perchè prima no? Se il decreto non introduce – ne’ potrebbe – novità, perchè mai il magistrato dovrebbe aver bisogno di questo prontuario – decreto – imbeccata ?

Inutile, l’indipendenza della magistratura è come il fumo agli occhi per certuni che fingono  gran dibattiti tra forma e sostanza ma che semplicemente non intendono un concetto elementare e cioè che la democrazia senza veste giuridica è una scatola vuota, mentre la volontà popolare che non si esprime nei modi previsti, facilmente sconfina nell’indeterminatezza del populismo. Le regole, per quanto imperfette, invece garantiscono tutti.

C’è ancora un giudice a Milano. Scienza e coscienza, non ha bisogno d’altro. Deciderà per il bene di tutti.Io ci credo.

Liste del fare ( tardi e male)

Liste del fare ( tardi e male)

Renata Polverini ora somiglia più che mai al Manlio di Caterina va in città, il sottosegretario PDL, ripulito, ex missino di Latina, perseguitato, più che attorniato, da una schiera d’impresentabili ed imbarazzanti camerati, tutti nostalgia e saluti romani. Claudio Amendola ne era – conoscendo i suoi polli  – il perfetto interprete e Paolo Virzì,acuto come sempre, il regista.

Nelle maratone oratorie di queste ore, Polverini si sbraccia, ansima e s’appella alle Massime Cariche, mentre sa benissimo che il problema non sono ne’ quegli sciattoni dei presentatori , ne’ la burocrazia che ammazza la democrazia – nuovissimo slogan – ne’ la forma contrapposta alla sostanza.

Le tocca l’amaro calice della faida interna materializzatasi in boicottaggio. Forse il TAR avrebbe potuto accettare una particolare interpretazione del regolamento e riammettere il PDL ritardatario ma nel frattempo le è saltato anche il listino. Allo stato Renata Polverini non sarebbe nemmeno in corsa.

L’avrei potuta apprezzare come avversaria della Bonino se avesse mantenuto la promessa di essere l’esponente di un’altra destra, ma dietro di lei si agitano immutati i soliti scenari romani  con i vecchi  arnesi di sempre. Che vuol dire essere a capo di una coalizione se poi non si riesce a mettere ordine nelle candidature e negli appetiti connessi?  Renata Polverini non è che è l’ornamento di un bel guazzabuglio di interessi e di persone, come s’è visto, disposte a tutto pur di far  prevalere il proprio particolare o quello della propria bottega.

E’ questo il valore aggiunto che ci aspettiamo dalla presenza femminile in politica?

Al momento non vedo vie d’uscita di carattere tecnico ne’ riesco a dispiacermene, per quello che fin qui è stata la sua campagna elettorale e per il modo con il quale si è resa immediatamente interprete delle schiamazzanti argomentazioni della destra circa il rispetto delle regole, Renata Polverini meriterebbe di tornare a casa anche senza il concorso degli elettori.




E venne il giorno della Destra monarchico – trombona

E venne il giorno della Destra monarchico – trombona

Per carità lasciamo perdere il trash, il kitch e il nazionalpopolare, tutte categorie complesse  per le quali  serve l’Innocenza roba che in Rai non sanno nemmeno cosa sia .

Magari varrebbe la pena di soffermarsi un po’ di più sul festival delle donne  – in cui vincono gli uomini – o della conduttrice che sbanca l’Auditel più del suo incensatissimo predecessore,  incassando però solo la metà del di lui cachet.

Sotto questo aspetto il recupero della definizione di  specchio dell’Italia celebrato da Mazza unitamente alla presenza in sala di Donna Assunta Almirante , calzerebbe a pennello ma c’è molto altro.

E bene fanno, Nino D’Angelo ad alzare la voce contro la pretesa tutta politica di par condicio dei dialetti e Fare Futuro a disperarsi perchè di una destra così configurata , questo Paese non ne ha proprio di bisogno. Se lo dicono loro.

Il resto son televoti in omaggio al popolo sovrano, talent show in ossequio alla musica strettamente intesa come evento televisivo, mamme anzi puerpere, biscotti fatti in casa, principini e regine, scarpe della festa che dolgono  e sovrappeso esibito strizzando la malcapitata conduttrice in abiti e colori decisamente più adatti alle magre – che così facendo continuano a prevalere nel confronto – in una kermesse confezionata Castelli bella e avveniristica, dunque assolutamente fuori squadro rispetto all’evento.

Peccato per la Clerici che ha un vissuto  – studi curriculum e gavetta – che parla d’altro, compressa nel ruolo matronale del quale è stata investita. Che poi sarebbe quello tradizionale in cui normalità e banalità coincidono.

Oversize, overdressed che manco in un matrimonio di provincia, priva d’ironia ma anche di erotismo nonostante il seno da balia eternamente al vento .E pure un filino sguaiata. Se per vedere una conduttrice bisogna assistere alla revisione del personaggio,tanto valeva tenersi i soliti arnesi con tuxedo e cachet sfavillanti.

E manco male che il termine svecchiamento è stato il più utilizzato dai vertici della RAI.Cinque serate in cui la musica in continuità col passato, è rimasta un fatto marginale. Al centro sono rimaste finte polemiche buone solo a vendere, nemmeno i dischi, ma trasmissioni future.Lasciare tutto al mercato non si rivela mai una strategia vincente.

Nel personale podio salgono Nina Zilli, Irene Grandi, Arisa e Malika Ayane a riconferma del fatto che solo le ragazze amano, quale sia la circostanza, l’impegno a reinventarsi. Simone Cristicchi sempre vivace e interessante. Ma la palma del testo più bello va a Nino D’Angelo e quella del garbo e la misura nel modo di porsi, senz’ombra di dubbio, a Maria Nazionale.